Rischio Vietnam per Under Armour e Nike. Gli analisti tagliano i target price


Duramente colpito dalla variante Delta, il Paese del Sudest asiatico ha imposto un rigido lockdown con chiusura delle fabbriche. Un danno enorme per i grandi nomi delle calzature sportive che qui realizzano il 40% della produzione. Incertezza sulle vendite natalizie.


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Dopo nove settimane di fabbriche chiuse, il riavvio appare ancora a singhiozzo.

Per Nike, Adidas, Under Armour e altri produttori di scarpe e abbigliamento sportivo l’incubo 2021 è il Vietnam, il Paese dove nell’ultimo decennio hanno trasferito una fetta importante della produzione. Dopo avere resistito bene nel 2020 alla prima ondata del Covid, il Vietnam è stato travolto quest’anno dai contagi della variante Delta e il governo è stato costretto a correre ai ripari imponendo un rigido lockdown nelle zone più colpite attorno a Ho Chi Minh City (la ex Saigon), nel Sud del Paese, dove c’è la maggiore concentrazione di siti produttivi. Dopo nove settimane di fabbriche chiuse per lockdown, il riavvio delle attività appare ancora a singhiozzo.

Le restrizioni hanno colpito in maniera particolare le attività più labour-intensive e fra i marchi che accusano le maggiori difficoltà, oltre a Nike, Adidas e Under Armour, figurano anche il produttore di chip Intel, Toyota e Ikea.

Come spiega Camilo Lyon, analisti del broker americano Btig specializzato in lifestyle e wellness, la paralisi produttiva in Vietnam rischia di lasciare i principali marchi dello sport e dell’outdoor a corto di scarpe e magliette per le vendite natalizie, con forti rischi di cancellazione per le nuove collezioni della primavera 2022. Quando anche le fabbriche riprendessero a pieno ritmo, il Paese, come spiegava tre giorni fa il Financial Times, appare congestionato con carenza di camionisti e porti ingolfati.

I grandi marchi dell’outdoor: percentuale di produzione in Vietnam

Un solo dato spiega il ripiegamento delle quotazioni di Under Armour nell’ultimo mese e mezzo: la società di Baltimora realizza in Vietnam circa il 40% dell’abbigliamento e delle scarpe che vende in Usa, in Europa e in Asia. Dopo l’annuncio di risultati spumeggianti nel secondo trimestre, Under Armour aveva toccato l’11 agosto un massimo di 26 dollari, segnando un rialzo del 51% dall’inizio dell’anno. Poi si sono accavallate le notizie dal Vietnam e il titolo ha perso in un mese il 20%.

I conti di Under Armour a gonfie vele. Ad agosto il Ceo ha alzato gli obiettivi del 2021.

All’inizio di agosto, il Ceo di Under Armour Patrick Frisk, aveva annunciato con orgoglio che la società stava andando meglio delle previsioni e aveva alzato i target per fine anno. La crescita dei ricavi per l’intero 2021 veniva prevista a +21/23% dalla precedente indicazione di +17/19%. Frisk indicava anche un significativo aumento della redditività, con la previsione di un utile operativo a 215-225 milioni di dollari, dalla precedente indicazione di 105-115 milioni.

Nella conference call con gli analisti il Cfo David Bergman aveva espressamente citato il Vietnam  confermando l’esistenza di difficoltà nell’approvvigionamento di merci, ma aveva anche sottolineato che Under Armour può contare su un’attività produttiva diversificata geograficamente, con fabbriche in Centro e Sud America, in Europa e in Medio Oriente. “E questo ci mette in una posizione migliore rispetto ai concorrenti”, aveva chiosato il Ceo Frisk.

La settimana scorsa Nike è stata costretta ad abbassare le indicazioni su come andranno le vendite da qui alla fine dell’anno proprio a causa della chiusura delle fabbriche in Vietnam. Il broker Btig ha avvertito che la mancanza di visibilità su quando e come la produzione tornerà a pieno ritmo nel Paese del Sudest asiatico peserà sull’andamento delle azioni e ha tagliato la raccomandazione su Nike a Neutral da Buy.  Morgan Stanley ha tagliato il target price di Nike a 201 dollari  da 220 dollari, Cowen a 180 da 196 dollari, BMO Capital Markets a 170 da 174 dollari.

Al prezzo di oggi (21,75 dollari)  Under Armour segna un rialzo del 23% dall’inizio dell’anno. Su 27 analisti che seguono il titolo, 10 consigliano di comprare le azioni, quattro di venderle e 13 hanno una raccomandazione neutrale. La media dei target price è 26 dollari.

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