S&P taglia il rating su Telecom Italia con outlook negativo


L’agenzia americana ha ridotto a BB- il suo giudizio su Telecom Italia, mentre il fondo KKR ha inviato una lettera alla società in risposta ai quesiti sull’OPA posti dal gruppo di telecomunicazioni, passando così la palla dell’operazione all’ad Labriola.


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Sforbiciata S&P su TIM

Downgrade su Telecom Italia da parte di S&P Global Ratings, aprendo la strada anche a future decisioni sulla stessa linea.

Gli analisti dell’istituto americano, infatti, hanno ridotto a ‘BB-‘ con outlook negativo il loro giudizio sulla società di telecomunicazioni, sottolineando come “la performance e la guidance più deboli sono dovute all’andamento del fatturato domestico, all’Ebitda in calo più di quanto atteso, a una ripresa deludente del roaming e delle vendite di telefoni e a movimenti valutari avversi che stanno ancora influenzando il business in Brasile”.

“Rispetto alla nostra precedente previsione per un debito rettificato rispetto all'Ebitda inferiore a 4,5 volte nel 2021-2022”, scrivono in un report questi analisti, “ora ci aspettiamo una riduzione dei ricavi e degli utili e un free operating cash flow negativo dopo che i contratti di leasing faranno sì che le nostre metriche di leva rettificate rimangano al di sopra della nostra soglia di 4,5 volte per il rating 'BB'”.

A questo punto, l’agenzia prevede un calo a tasso low-single-digit-percent dei ricavi totali nel 2022, a fronte di una “stabilizzazione nelle nostre precedenti stime, e un calo del margine EBITDA rettificato verso il 37%-38%, rispetto a circa il 40% nel 2021. Ciò si traduce in una leva rettificata di circa 5,3 volte nel 2022, in miglioramento verso 5,0 volte nel 2023”.

Per quanto riguarda il futuro, S&P potrebbe ridurre ancora la sua valutazione nel caso in cui “la leva finanziaria dovesse rimanere elevata a più di 5 volte per un periodo prolungato a causa di un free operating cash flow (focf) riportato più negativo del previsto dopo i contratti di leasing.

A Piazza Affari, intanto, il titolo Telecom Italia inizia la seduta immersa nell’incertezza e dopo circa un’ora di contrattazioni cede lo 0,20%, sotto quota 0,30 euro per azione.

KKR risponde a TIM

Indiscrezioni diffuse dal Sole 24 Ore parlano di una lettera inviata ai vertici del gruppo telefonico da parte del fondo KKR, nella quale gli americani rispondono punto per punto ai quesiti posti dalla società italiana.

La lettera spiega che il fondo resta interessato all’intero gruppo e non a singoli ‘pezzi’, confermando anche il progetto di un’offerta volta al delisting del titolo.

Inoltre, il fondo lascerebbe intatta l’attuale struttura finanziaria di TIM, composta da equity e in minima parte a debito.

La palla ora passa all’ad Pietro Labriola, in quanto da KKR hanno spiegato di essere in attesa dell’accesso alla due diligence, o per lo meno di una decisione anche negativa in merito.

CVC alla finestra

Ieri la giornata di TIM era stata caratterizzata dalle voci di un interesse da parte di CVC per alcune parti del business del gruppo quali Noovle, Olivetti e Telsy, da unire in un'unica società denominata EntepriceCo, dopo che già nei mesi scorsi il fondo aveva cercato un dialogo anche con KKR.

In serata era arrivata la risposta ai rumor diffusi dai mass media da parte del fondo, il quale ha confermato di analizzare “da tempo possibili scenari di riassetto industriale di TIM per identificare soluzioni che favoriscano il rilancio della società nel rispetto e in linea con gli interesse di tutti gli stakeholder”.

Per il momento, spiegava il portavoce del fondo, “nessuna decisione è stata presa”, mentre “non c’è nessuna due diligence in corso ma analisi sulla documentazione pubblica, relativa soprattutto ad alcune attività dei servizi rappresentate dalle società Telsy, Noovle e Olivetti”.

La frenata sulla rete unica

Nel frattempo, l’ipotesi di rete unica sembra non essere più tra i piani immediati visto l’interesse di KKR. Anche se questa “resta uno degli obiettivi del governo e succederà”, secondo le parole di Francesco Giavazzi, consigliere economico della presidenza del Consiglio, da Cdp (10% di TIM e 60% di Open Fiber) ritengono che “da un punto di vista industriale non ha senso duplicare gli investimenti”.

Secondo il Presidente Tim, Salvatore Rossi, “se si fa una società della rete l’assunto e l’auspicio è che sia a controllo pubblico e preveda una fusione con Open Fiber”.

Il prossimo passo potrebbe arrivare ad aprile con la firma del ‘non disclosure agreement’ tra TIM e Open, dando così il via al dialogo sull’operazione.

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