Saltano le nozze tra Deutsche Bank e Commerzbank. Si fa avanti Unicredit


Lo avevano capito fin da principio gli amministratori delegati di Commerzbank e Deutsche Bank quando, dalla politica giungevano forti pressioni per una fusione tra le due banche tedesca. Alla fine ha vinto il pragmatismo teutonico.


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Da due anatre non nasce un cigno

"Dopo un’approfondita analisi, abbiamo concluso che la transazione non avrebbe generato benefici tali da controbilanciare i rischi di implementazione addizionali, i costi di ristrutturazione e i requisiti di capitale associati a integrazioni su grande scala", hanno affermato in due comunicati disgiunti ma identici i due amministratori delegati Christian Sewing per DB e Martin Zielke per Commerz. Facendo trapelare così gli ostacoli che sono diventati insormontabili da un lato e, dall’altro lato, le scarse possibilità di successo. «Da due anatre non nasce un cigno», è il detto tedesco che calza a perfezione. Il nostro due zoppi non fanno uno sano.


Perchè a livello industriale la fusione non aveva senso?

Ma perchè a livello industriale la fusione non aveva senso?

Insieme Deutsche Bank e Commerzbank sarebbero diventati una banca sistemica a livello europeo, tradotto la solidità patrimoniale richiesta dall’authority europea è molto più alta di quella imposta alle banche che hanno una più limitata presenza nazionale. Raggiungere gli standard richiesti dalla Ue avrebbe significato, per i grandi azionisti, aderire ad un aumento di capitale con una forte diluizione e, molto probabilmente, arrendersi a registrare importante minusvalenze.

Le due banche vogliono fare pulizia in casa loro, in modo da ridare vigore alle quotazioni e non essere costretti ad accettare imposizioni esterne.

Il ministro delle Finanze Olaf Scholz, ritenuto l’ideatore e l’ispiratore di questo ennesimo tentativo di unione tra le prime due banche private in Germania, ha diramato una nota per sostenere che «l’industria tedesca operativa a livello globale ha bisogno di istituti di credito competitivi che possano accompagnarla in tutto il mondo» ma che cooperazioni strette come quelle valutate dai due istituti «hanno senso solo se sono economicamente solide con un modello di business resiliente»


Cosa farà Unicredit?

Ora la domanda da porsi è se si tramuteranno in avance concrete le indiscrezioni riportate qualche settimana fa dal Financial Times, secondo cui se fossero saltate le nozze fra le due tedesche si sarebbe fatta avanti Unicredit su Commerzbank.

La società italiana ha una forte presenza in Germania tramite la controllata Hvb, seconda retail bank tedesca. Una fusione comporterebbe sicuramente sinergie industriali soprattutto in Germania. Inoltre, Unicredit è già classificata banca sistemica in Europa, dunque l’Authority le richiede già indici patrimoniali più solidi rispetto le banche nazionali.

La  notizia sarebbe positiva nel lungo periodo per Unicredit ma, come sempre, tutto ha un prezzo. Raggiunto in anticipo di circa un anno sul piano industriale il taglio costi e riduzione delle sofferenze ora Unicredit può pensare ai piani di crescita ma è necessario capire quali sono le reali necessità di Commerzbank per riportare i suoi indici patrimoniali a un livello ritenuto idoneo dall’Authority europea. Nel breve dunque Unicredit potrebbe reagire bene in Borsa ma gli investitori di medio periodo, preferiranno aspettare tutti i dettagli dell’operazione e soprattutto il prezzo.

A nostro avviso l’operazione, se dovesse andare in porto,  comporterà per Unicredit un elevato sforzo finanziario che potrebbe deprimere le quotazioni del gruppo italiano nel medio periodo. Oggi Commerzbank è un brutto anatroccolo prima di scoprirsi cigno passeranno diversi anni.


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