Separazione Cina-USA: Freno o Spinta al Settore Tecnologico?


Come si sta comportando il settore tecnologico in questa guerra commerciale infinita tra Stati Uniti e Cina? I rapporti fra i due sono diventati sempre più conflittuali, fino all’evocazione di una possibile "separazione”.

A cura di Invesco


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Il settore di maggiore interesse? Quello tecnologico

In un sondaggio condotto nell'estate 2019, l’Economist Intelligence Unit si è rivolta a investitori istituzionali e privati a livello globale per comprendere quali settori trovassero di maggiore interesse in Cina. Il settore tecnologico è stato citato nel 58% dei casi, conquistando la prima posizione davanti ai servizi finanziari o sanitari. Sebbene in quel periodo si registrasse già un inasprimento delle tensioni commerciali, gran parte degli intervistati continuava a prevedere di aumentare la propria esposizione verso l'economia cinese. Da allora, i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina sono diventati sempre più conflittuali, fino all’evocazione di una possibile "separazione”, che metterebbe seriamente a repentaglio la relazione che per anni ha dato impulso ai mercati azionari internazionali. Mentre l'effetto politico di queste controversie si concretizza in una polarizzazione e le implicazioni immediate per le imprese attive a livello globale potrebbero essere destabilizzanti, l’equilibrio tra rischio e rendimento dal punto di vista degli investimenti assume toni differenti.

Made in China 2025

La trasformazione economica della Cina in "fabbrica del mondo" non è una novità e certamente non è finita. Il capitolo attuale riguarda tuttavia l’ascesa del Paese nella catena del valore. Il piano strategico "Made in China 2025" definisce dieci settori chiave, con una serie di piani e politiche volti a generare uno "sviluppo guidato dall'innovazione" e a garantire l'autosufficienza del Paese in determinati settori, tra cui l’Intelligenza Artificiale (AI), l‘Internet of Things (IoT), la robotica, le biotecnologie e i semiconduttori. Tale piano prevede un numero limitato di obiettivi concreti, mentre la finalità principale della strategia sembra essere l’eliminazione della tecnologia straniera in favore dell’offerta cinese, fino al raggiungimento di una quota del 70% del mercato interno del Paese.

BCG, una società di consulenza manageriale, ha sviluppato diversi scenari per misurarne l'impatto. Nella sua relazione, dichiara: "Il nostro modello indica che una sostituzione dei fornitori porterà per le aziende statunitensi produttrici di semiconduttori a un aumento della perdita di fatturato dal 30% al 40% in relazione al mercato cinese.” Per le aziende statunitensi attive in tale catena di fornitura, la perdita degli acquirenti cinesi porterebbe a una sostanziale riduzione degli utili, ma potrebbe rivelarsi una manna per i fornitori provenienti da altri mercati.

Il vantaggio della Cina?

Grazie alle impressionati dimensioni del mercato interno, numerose aziende cinesi non hanno dovuto guardare oltre confine per crescere. L'economia digitale è un ottimo esempio di come le aziende cinesi del settore tecnologico abbiano scavalcato le controparti straniere grazie all’innovazione del mercato locale. Tramite lo sviluppo di "super applicazioni" e di interi ecosistemi commerciali contenuti in un'unica piattaforma, aziende come Alibaba hanno registrato una crescita esponenziale. L’azienda detiene attualmente il 56% del mercato cinese dell'e-commerce, una quota superiore a quella di Amazon nel mercato statunitense, e ha respinto senza alcuna difficoltà la concorrenza a livello locale da parte della rivale statunitense eBay. La sconfitta di eBay in Cina è stata talmente radicale che digitando "eBay in Cina", il motore di ricerca di Google completa in maniera automatica la frase con "Il fallimento di".

"Le aziende cinesi sono state in grado di costruire e rafforzare le proprie capacità grazie alle dimensioni del mercato interno e al fatto di essere state in qualche modo isolate dalle pressioni della concorrenza", ha dichiarato Piatkowski, senior economist presso la World Bank di Beijing. "La Cina è leader globale in alcuni settori che potrebbero essere meno colpiti dai cambiamenti geopolitici: l'economia digitale, la logistica e le attrezzature mediche".

Perseguire la crescita nonostante l'incertezza

Come è logico, le aziende tecnologiche cinesi vedono delle opportunità nella politica di "separazione". L'annuncio del presidente cinese Xi Jinping di una politica di "doppia circolazione" di beni e prodotti a livello nazionale e internazionale - rendendo i consumi del mercato interno il motore per la crescita economica del Paese e garantendo le catene di approvvigionamento per i settori ad elevata criticità - ha suscitato speranze in un sostegno governativo a livello nazionale, in particolare per le aziende tecnologiche.​

Questa distorsione del terreno ha scoraggiato alcune aziende straniere, ma non tutte. Nel 2019 la Cina è stato il maggiore destinatario di investimenti diretti esteri (IDE) in Asia, con aziende come BASF, Volkswagen e Daimler (Germania), Exxon Mobil e Tesla (USA) e Toyota (Giappone) che hanno mantenuto la propria posizione di grandi investitori. In un sondaggio condotto a metà 2020, il 15% circa delle aziende statunitensi operanti in Cina hanno dichiarato al US-China Business Council di aver trasferito almeno parte delle proprie attività fuori dalla Cina, mentre il 24% ha dichiarato di aver ridotto o interrotto gli investimenti pianificati nel Paese (in rialzo dal 19% nel 2019).
Il sondaggio, tuttavia, ha anche rilevato che, rispetto al 2019, un numero maggiore di aziende statunitensi considera la Cina una priorità strategica (16%) e tra i primi cinque Paesi nei quali investire (83%).

Ad agosto 2020 gli IDE in Cina avevano già raggiunto quota 89 miliardi di dollari USA - un aumento del 2,6% su base annua - e sebbene gli scontri commerciali non accennino a diminuire, nel solo mese di agosto gli IDE hanno registrato un balzo del 18,7%. I fatti continuano quindi a contare più delle parole, e il costo del lavoro - più delle tensioni commerciali o tecnologiche - sembra rimanere il motore di qualsiasi migrazione nella catena di fornitura. Il potenziale di crescita della Cina è ineguagliato e la sua economia rimane una delle poche per le quali l'Economist Intelligence Unit prevede una qualsiasi crescita del PIL nel 2020.

Possibilità di un reset?

Alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, ci si chiede se un eventuale cambiamento di amministrazione avrebbe un impatto radicale in questo ambiente. L'Economist Intelligence Unit ha dichiarato che Cina e Stati Uniti sono in rotta di collisione da quasi un decennio e che le prospettive di un miglioramento nelle relazioni rimarrebbero esigue anche in caso di elezione di Joe Biden. Tuttavia, la gestione del conflitto da parte degli Stati Uniti assumerebbe toni diversi.

La misura in cui gli Stati Uniti e la Cina spingeranno per una separazione determinerà lo sviluppo della tecnologia a livello globale. I Paesi potrebbero essere costretti a scegliere con chi collaborare in esclusiva, soprattutto nel settore delle infrastrutture critiche.

Le aziende tecnologiche cinesi potrebbero incontrare maggiori ostacoli in Occidente, ma potranno perseguire ambizioni globali offrendo supporto finanziario o tecnico ai paesi aderenti alla Belt and Road Initiative cinese. L'Economist Intelligence Unit prevede che: "La Cina e gli Stati Uniti eserciteranno in maniera crescente la propria influenza sugli altri Paesi, fino a quando il mantenere una posizione neutrale diventerà economicamente impossibile. La graduale biforcazione nell'economia globale si manifesterebbe, all’inizio, in maniera graduale, ma il suo impatto a lungo termine sarebbe significativo... i blocchi commerciali divisi fra Stati Uniti e la Cina si ritroverebbero ad affrontare importanti tensioni politiche".

La "separazione" non è ancora una conclusione scontata. I Paesi esteri continuano ad investire in Cina e anche se il Paese riuscirà a ridurre la propria dipendenza dall'high-tech straniero, come previsto dalla strategia "Made in China 2025", rimarranno opportunità agli investitori internazionali, in particolare per quel 58% che già un anno fa aveva identificato il settore tecnologico cinese come uno dei principali settori di interesse.

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