Shock geopolitici, perché l'S&P 500 recupera sempre (o quasi)

23/06/2025 14:30
Shock geopolitici, perché l'S&P 500 recupera sempre (o quasi)

Nonostante le recenti tensioni in Medio Oriente abbiano riportato l’incertezza sui mercati, Payden & Rygel invita alla calma: storicamente, gli shock geopolitici hanno avuto un impatto contenuto e temporaneo sull’S&P 500. L’analisi mostra come il recupero dell’azionario USA sia spesso sorprendentemente rapido, a meno che non si accompagni a recessioni o inflazione elevata.

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Lo shock è breve, il rimbalzo è veloce

A influenzare i mercati negli ultimi giorni è stato soprattutto il clima instabile legato agli eventi geopolitici in Medio Oriente. Eppure, nonostante l’inevitabile nervosismo degli operatori, i dati storici raccontano una storia diversa, fatta di impatti modesti e recuperi rapidi. Lo evidenzia Payden & Rygel nella sua “Chart of the Week”, sottolineando come il drawdown mediano dello S&P 500 a seguito di uno shock geopolitico sia stato pari a -5,6%, con una durata media di appena 16 giorni.

La cronaca recente conferma questa dinamica. A poche settimane dal recupero del mercato azionario statunitense dopo un pesante crollo del -18,9%, l’indice ha mostrato segnali di resilienza, dimostrando quanto l’equity USA sappia reagire con prontezza anche di fronte a eventi imprevedibili.

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Il fattore tempo, un mese per tornare in quota

L’analisi dell’Economic Team di Payden & Rygel va oltre la fotografia del momento. Guardando alla storia dal 1939 a oggi, emerge che nel 60% dei casi le perdite di breve periodo dell’S&P 500 vengono annullate entro un mese dal minimo, mentre in otto episodi su dieci il mercato torna in pari entro due mesi. Questo comportamento ricorrente contribuisce a ridimensionare l’allarme che spesso accompagna le crisi internazionali.

L’esperienza insegna però a distinguere: quando uno shock è collegato a recessioni o si verifica in un contesto di inflazione persistente, le tempistiche di recupero si allungano. È il caso emblematico dell’embargo petrolifero del 1973, durante il quale l’elevato livello dei tassi sui Fed Funds e un contesto macroeconomico difficile resero più complesso il ritorno alla normalità.

Quanto può essere il rendimento post-crisi

Un altro elemento chiave dell’analisi riguarda la performance a 12 mesi dal verificarsi dello shock. In media, lo S&P 500 ha messo a segno un rendimento del 14% nei dodici mesi successivi, superando nettamente il rendimento medio storico in condizioni di mercato “normali”. Questo dato, secondo Payden & Rygel, rafforza l’idea che la reazione emotiva immediata degli investitori non sempre corrisponda a una valutazione razionale delle prospettive di medio periodo.

L'invito, dunque, è a mantenere una visione strategica, ignorando la volatilità tattica. L’unica eccezione resta legata a un eventuale cambiamento radicale nella traiettoria dei tassi da parte della Federal Reserve o a un deterioramento significativo della congiuntura economica, scenari che al momento non paiono imminenti.

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