Si complica il dossier Intesa Sanpaolo-Ubi

«"Or bene," gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, "questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai."»
Unicredit pronta a mettere i bastoni fra le ruote alle nozze tra Intesa e Ubi Banca. Dopo i ritardi legati all’istruttoria Antitrust, il gruppo guidato da Mustier potrebbe voler rallentare l’operazione acquisendo il 10% dell’istituto bergamasco. E le tensioni arrivano in tribunale.
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Unicredit, possibili mire al 10% di Ubi
L’Offerta pubblica di sottoscrizione (Ops) di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca procede tra le difficoltà.
Non soltanto per la crisi Covid-19. Secondo quanto riportato ieri dal quotidiano Il Messaggero, a complicare le cose, la possibilità che Unicredit decida di acquisire il 10% di Ubi.
I ritardi di Antitrust e l’ingresso di Unicredit nell’istruttoria
Nei giorni scorsi era emersa la possibilità di un rinvio a settembre per l’avvio dell’Ops. La causa sarebbe legata alla burocrazia e ai tempi di risposta dell’Antitrust, che ha avviato l’istruttoria sull’operazione l’11 maggio. Una sorta di “Se qualcuno ha qualcosa da dire lo dica ora o taccia per sempre”.
E Unicredit si è fatta avanti. Secondo quanto scrive Il Sole 24Ore, ha chiesto di partecipare al procedimento istruttorio del Garante della concorrenza. Oltre all’istituto, intervengono anche Bper, Cattolica Assicurazioni e la Fondazione Banca del Monte di Lombardia (queste ultime in quanto socie di Ubi).
In questo scenario si configura la posizione di Unicredit e, stando a quanto scrive il quotidiano romano, l’intenzione di acquisire una quota pari al 10% di Ubi Banca per aumentare la propria posizione “frenante” nell’istruttoria di Antitrust.
L’opera buffa
La banca guidata da Carlo Messina deve anche affrontare l’opposizione di una parte dei soci di Ubi.
Il Comitato Azionisti di Riferimento (19% circa del capitale) e quelli riuniti nel Patto dei Mille (1,6%) avrebbero invocato la clausola material adverse change (mac), condizione compresa nell'offerta in questione e mirata a renderla nulla nel caso di eventi eccezionali. È il caso della pandemia di coronavirus.
L’ennesimo passaggio di quella che il Financial Times, nella sua Lex Column di ieri, ha definito "un'opera buffa" con "incredibili colpi di scena".
Secondo il quotidiano finanziario le offerte ostili “non funzionano nel settore bancario” ma Intesa “ne ha lanciata comunque una”. La mac inoltre poteva essere invocata da Intesa, non da Ubi, perché “solo gli offerenti sono destinati a invocare le clausole di material adverse change”.
La sfida legale promossa da Ubi, secondo FT, riflette frustrazione. La banca, con un patrimonio di 126 miliardi di euro, rispetto agli 848 miliardi di euro di Intesa, attualmente non può organizzare una difesa attraverso una controfferta pubblica viste le regole in vigore in Italia. Un tribunale che dichiarasse l'offerta non valida, cambierebbe la situazione. L'opposizione locale, sempre secondo il quotidiano finanziario, è tuttavia un problema più difficile da risolvere per Intesa.
Titolo a rischio
Secondo gli analisti di Banca Akros, se l’azione avviata dall’istituto bergamasco avesse successo, il titolo (che ieri ha chiuso la seduta a +1,03%) perderebbe oltre il 20% del suo attuale valore. Opinione condivisa anche dagli analisti di Equita Sim. Sarebbe questa infatti la sovraperformance di Ubi rispetto ai concorrenti.
Tra i due litiganti il terzo gode
Gli osservatori più fini vedono dietro le quinte una mano molto più intelligente delle semplici rivalità fra le due big del mercato. Vedono infatti una volontà politica di creare il terzo polo bancario italiano, per aumentare la concorrenza e dunque l’efficienza del sistema.
Un terzo polo che vedrebbe Ubi come protagonista e centro aggregatore di ex popolari che da tempo hanno intrapreso un percorso simile, vedi Banco Bpm, Bper e altre banche di minori dimensioni.
L’accelerazione di Intesa è stata letta come una mossa stranamente fuori dal sistema o meglio, fuori da quel sentiero iniziato dalla caduta del voto capitario sulle popolari per confluire in una serie di M&A nel comparto. «"Or bene," gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, "questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai."»
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