Stati Uniti: hard o soft landing, il dilemma continua


Dallo scorso anno l’inflazione è scesa dal picco massimo, ma la FED non alza il dito da grilletto visto che l’inflazione core è oltre il doppio dell’obiettivo nonostante 525 bp di rialzo, ma l’economia continua a registrare una crescita sostenuta con una disoccupazione ai minimi di sempre.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


Scopri le soluzioni di investimento

Con tutti i certificate di Orafinanza.it


Settimana piuttosto densa di dati importanti, tanto in Europa che negli USA. Sono attese conferme sul raffreddamento dell’inflazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, della tenuta della crescita economica e della disoccupazione. Si comincia oggi alle 10:00 con M3 dell’Europa di luglio, la cui crescita è prevista in flessione allo 0,1% contro 0,6% di giugno. Come noto, l'aggregato M3 include tutte le altre attività finanziarie quali depositi bancari e d'altro tipo non trasferibili a vista mediante assegno, oltre a tutte le attività finanziarie che come la moneta possono fungere da riserva di valore: obbligazioni e titoli di stato con scadenza a breve termine. Una contrazione della crescita di M3 segnala una riduzione dell’attività economica.

Dati negativi quelli di venerdì scorso: la seconda lettura del PIL del 2Q23 della Germania è risultata in linea con aspettative e pari a zero (-0,1% nel 1Q23), mentre l’indice IFO di agosto è risultato peggiore delle aspettative (85,7 punti contro 86,7 stimato e 87,4 di luglio). In forte flessione anche la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di agosto, risultata pari a 69,5 punti contro 71,2 atteso e 71,6 di luglio).

Ma venerdì scorso è stata anche la volta di Powell a Jackson Hole. Chi si aspettava novità rilevanti dal suo discorso è rimasto sicuramente deluso. Powell ha evidenziato le incertezze che circondano l'economia e la complessità della risposta della FED, se vogliamo in contrasto con le sue osservazioni dello scorso anno quando avvertì, senza mezzi termini, che la FED avrebbe continuato la sua campagna di forti aumenti dei tassi per frenare l’impennata dei prezzi.

Da quando Powell ha parlato alla conferenza di Jackson Hole la scorsa estate, la FED ha alzato il tasso di riferimento al 5,4%, il massimo degli ultimi 22 anni. L’inflazione, da un picco del 9,1% nel giugno 2022, è scesa al 3,2%, sebbene sia ancora al di sopra dell’obiettivo del 2%. In altre parole, la FED tiene ancora il dito sul grilletto, anche se è un po' meno pruriginoso rispetto all'anno scorso.

L’inflazione core, pari al 4,7% a luglio, rimane elevata nonostante 11 rialzi dei tassi per 525 bp a partire da marzo 2022. Tassi di prestito sostanzialmente più alti, risultato diretto degli aumenti, hanno reso più difficile per gli americani permettersi una casa o un’auto o per le imprese fare gli investimenti. Allo stesso tempo, voci come l’affitto, i pasti al ristorante e altri servizi continuano a diventare più costose.

L’economia complessiva continua tuttavia a registrare una crescita piuttosto sostenuta (2,4% nel 2Q23) mentre le nuove assunzioni, pur in fase di stanca, rimangono in buona salute, confondendo gli economisti che avevano previsto che l'impennata dei tassi avrebbe causato licenziamenti diffusi e una recessione. La spesa dei consumatori continua a crescere a un ritmo sostenuto e il tasso di disoccupazione è esattamente allo stesso livello in cui si trovava quando Powell parlò l’anno scorso: 3,5%, appena al di sopra del minimo di mezzo secolo.

Certamente questo è positivo, ma non possiamo non essere preoccupati dalla rapidità con cui l'economia sta crescendo perché ciò significa in realtà che, a parità di altre condizioni, abbiamo bisogno di tassi di interesse più alti solo per essere restrittivi. E questo potrebbe avere effetti diretti molto negativi per il sistema bancario USA e indiretti per il resto del mondo.

Come ci aspettavamo, Powell ha evitato di parlare della possibilità che la FED possa eventualmente tagliare i tassi di interesse. All’inizio di quest’anno, molti a Wall Street si aspettavano tagli dei tassi entro l’inizio del prossimo anno. Ora, la maggior parte dei trader non prevede alcun taglio dei tassi di interesse prima della seconda metà del 2024.

La novità, se vogliamo, è che Powell ha affermato che i membri del FOMC ritengono che il tasso di riferimento attuale sia sufficientemente elevato da frenare l'economia e raffreddare la crescita, le assunzioni e l'inflazione. Ma ha riconosciuto che è difficile sapere per quanto tempo i costi di finanziamento debbano essere tenuti elevati per rallentare l'economia. Esiste quindi sempre incertezza sull’efficacia delle politiche della FED nel ridurre l'inflazione.

Già prima del meeting di Jackson Hole molti economisti avevano posticipato o invertito le loro precedenti previsioni di una recessione negli USA. Sembra essere aumentato l’ottimismo sul fatto che la FED riuscirà a realizzare un difficile atterraggio morbido in cui riuscirebbe a ridurre l’inflazione al livello obiettivo senza causare una forte recessione. Numerosi investitori prevedono ora non solo un atterraggio morbido ma anche un’accelerazione della crescita.

Queste aspettative hanno contribuito ad alimentare un’impennata dei rendimenti obbligazionari, in particolare per i titoli del Tesoro a 10 anni, che influenzano pesantemente i tassi ipotecari a lungo termine.

Di conseguenza, il tasso fisso medio sui mutui a 30 anni ha raggiunto il 7,23%, il livello più alto in 22 anni. Anche i prestiti automobilistici e i tassi delle carte di credito sono aumentati e potrebbero indebolire i prestiti e la spesa dei consumatori, la linfa vitale dell’economia. La domanda è se con questi tassi di mercato, la crescita economica non possa diventare più negativa del previsto e portare il sistema verso un hard landing.

Crediamo che l’impatto di tutte le misure restrittive della FED, l’entità più grande che abbiamo visto negli ultimi decenni, possa essere ritardato e continuare per gran parte del 2024 trascinando l’economia in una recessione. Ci vuole solo un po' più di tempo rispetto alle altre recessioni (complice il forte QE precedente) per arrivarci.

Temiamo che in questa fase i mercati finanziari stiano sottovalutando le possibilità di un atterraggio più duro e ritardato. Gran parte degli effetti dell'inasprimento potrebbero infatti essere ancora in cantiere e il pieno impatto dei tassi più alti potrebbe non farsi sentire fino al prossimo anno. Riteniamo comunque che tassi a lungo termine elevati nel mercato obbligazionario potrebbero ridurre la necessità di ulteriori rialzi da parte della FED perché, rallentando la crescita, dovrebbero contribuire a raffreddare le pressioni inflazionistiche. In quest’ottica l'aumento dei tassi della FED di luglio, sarebbe l’ultimo.

Se Powell dovesse aumentare ulteriormente i tassi, potrebbe comunque sentirsi costretto a mantenere elevato il tasso di riferimento per lungo tempo per cercare di contenere l’inflazione: difficile che subito dopo l’aumento possa esserci una flessione. Questo introdurrebbe tuttavia una nuova minaccia: mantenere i tassi di interesse a livelli elevati per un tempo indefinito rischierebbe di indebolire l’economia a tal punto da innescare una lunga e profonda recessione, oltre a mettere in pericolo, come argomentavamo in precedenza, molte banche riducendo il valore delle obbligazioni che possiedono, dinamica che ha contribuito a causare il collasso della Silicon Valley Bank e di altri due grandi istituti di credito la scorsa primavera.

Seguici su Telegram

Idea di investimento
Possibile premio del 12% annuo con il certificate sul petrolio grezzo Brent e WTI
Rendimento p.a.
12%
Cedole
1% - €10,00
Memoria
si
Barriera Cedole
60%
ISIN
CH1325429418
Emittente
Leonteq
Comunicazione Pubblicitaria
Maggiori Informazioni

La Finestra sui Mercati

Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!

Ho letto e accetto l'informativa sulla privacy