Stati Uniti: prospettive per la seconda metà dell’anno tra dazi, crescita e inflazione

Dopo un inizio 2025 segnato da forti oscillazioni dei mercati e dal crollo dell’S&P 500 a seguito dei nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump, l’economia statunitense mostra segnali di stabilizzazione. L’inflazione core si raffredda, i mercati azionari hanno recuperato le perdite e la Fed si prepara a tagliare i tassi di interesse. Tuttavia, i rischi per la crescita occupazionale e l’andamento dei consumi restano, con una recessione che appare al momento evitabile ma non del tutto scongiurata.
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Mercati in recupero dopo il crollo di aprile
La prima metà del 2025 è stata dominata dalla volatilità, come evidenzia Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. L’introduzione di nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump all’inizio di aprile ha causato un crollo complessivo del 19% dell’S&P 500 rispetto al suo picco, facendo temere una recessione imminente.
Tuttavia, con l’avvio dei negoziati commerciali, i mercati hanno completamente recuperato le perdite post-Liberation Day. Anche gli spread delle obbligazioni societarie high yield si sono compressi fino ai livelli più bassi dell’ultimo anno, segnale di un ritorno di fiducia da parte degli investitori. Sul fronte dell’inflazione, negli ultimi tre mesi gli indici core hanno registrato un raffreddamento deciso: il PCE core ha segnato una media mensile dello 0,14%, il dato più basso dell’attuale ciclo.
Politica fiscale e mercato del lavoro
Le incertezze in materia fiscale e commerciale hanno inizialmente pesato sulle aspettative di crescita, indebolendo il dollaro e alimentando i timori di tagli alla spesa pubblica e licenziamenti. Alla fine, però, il Dipartimento dell’Efficienza Governativa (DOGE) ha presentato al Congresso tagli limitati a 9,4 miliardi di dollari, pari solo allo 0,14% della spesa federale del 2024.
Il numero di licenziamenti nel settore pubblico, spiega Cleveland, è calato da marzo e la spesa federale per il 2025 sembra destinata a superare del 25% quella del 2024, offrendo un sostegno importante all’economia. Il Pil nominale ha risentito del calo delle importazioni nel primo trimestre, ma il Pil sottostante (al netto delle componenti più volatili come commercio e spesa pubblica) è rimasto positivo.
Nonostante i rischi legati ai dazi, che di fatto rappresentano una tassa su famiglie e imprese, Cleveland ritiene che gli Stati Uniti possano ancora evitare una recessione, grazie al buon stato di salute del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 4,2% nei primi mesi dell’anno, scendendo al 4,1% a giugno. Tuttavia, la crescita dei posti di lavoro ha rallentato e le revisioni al ribasso dei dati passati lasciano intravedere una possibile frenata futura.
Come si legge nel report di Payden & Rygel, i rischi al ribasso per l’occupazione potrebbero superare la pressione al rialzo derivante dalla contrazione della forza lavoro, determinata anche dalle restrizioni all’immigrazione. Ciò potrebbe portare a un graduale aumento del tasso di disoccupazione nei prossimi mesi, mentre le richieste continuative di sussidi di disoccupazione suggeriscono che i lavoratori stanno impiegando più tempo a trovare un nuovo impiego.
La Fed verso possibili tagli dei tassi
Nel primo semestre, la Fed ha mantenuto una politica monetaria restrittiva, con i tassi sui Fed Funds fermi nel range 4,25-4,50%, complice la solidità del mercato del lavoro e le minacce tariffarie. Tuttavia, il calo delle aspettative di crescita ha spinto al ribasso i rendimenti dei Treasury a 2 e 10 anni.
In Eurozona, il calo dell’inflazione dei servizi ha permesso alla BCE di operare nuovi tagli per 100 punti base nel corso del 2025, come previsto a inizio anno. La Fed, invece, secondo Cleveland, potrebbe ridurre il tasso di riferimento di 75 punti base entro dicembre, meno dei 100 punti base attesi dai mercati a inizio anno ma più delle previsioni mediane del FOMC, che indicano due tagli da 25 punti base.
Se l’inflazione dovesse rimanere contenuta o il tasso di disoccupazione superare il 4,3%, secondo Cleveland la Fed potrebbe spingersi verso un allentamento monetario più aggressivo. Una politica più accomodante dovrebbe portare a un ulteriore indebolimento del dollaro, soprattutto considerando che altre banche centrali come BCE e Bank of Canada sono vicine alla fine dei loro cicli di tagli.
Inflazione sotto controllo e prospettive per il Pil
Il premio a termine richiesto dagli investitori per detenere Treasury è aumentato per via delle preoccupazioni fiscali, ma le aspettative di inflazione e i tassi della Fed continueranno a essere i driver principali dei rendimenti. Payden & Rygel prevede un calo del rendimento dei Treasury a 10 anni, grazie al moderarsi dei prezzi e ai futuri tagli dei tassi.
Il contenimento dell’inflazione core entro fine anno appare ancora raggiungibile. Anche se i prezzi dei beni di consumo potrebbero aumentare durante l’estate per effetto dei nuovi dazi, il calo dei servizi, che pesano di più sull’Indice dei Prezzi al Consumo, dovrebbe bilanciarli.
Il rischio recessione rimane contenuto secondo Cleveland: fintanto che la crescita occupazionale resterà positiva, l’economia Usa non dovrebbe contrarsi. Tuttavia, una nuova accelerazione sembra improbabile. Con il Pil reale del secondo trimestre al 2,6% su base annua, superare il 2,5% per l’intero 2025 richiederebbe una crescita del 4% nei due trimestri finali dell’anno, un ritmo che non si vede dai tempi della ripresa post-Covid del 2021.
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