Takeover su Puma? Anta e Asics studiano l’affondo, il titolo vola

Takeover su Puma? Anta e Asics studiano l’affondo, il titolo vola

La società tedesca di calzature sportive diventa preda potenziale dei colossi asiatici, mentre procede il piano di “reset” del nuovo Ceo Hoeld. Il consensus indica un potenziale ulteriore upside del 21% rispetto ai prezzi correnti

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Azione in rialzo del 16% alla Borsa di Francoforte

La tedesca Puma, noto marchio di calzature e abbigliamento sportivo, sarebbe in procinto di passare sotto il controllo di un gruppo asiatico, probabilmente cinese. Secondo indiscrezioni diffuse da Bloomberg, Puma sarebbe entrata nel mirino di potenziali acquirenti asiatici. In prima linea ci sarebbe la cinese Anta Sports, ma tra i possibili interessati figurano anche Li Ning e la giapponese Asics. La notizia ha innescato un immediato rialzo in Borsa, con il titolo che a metà di giovedì pomeriggio guadagna il 16% a 19,79 euro.

L’operazione, però, è tutt’altro che scontata: le trattative sarebbero in una fase preliminare e il nodo principale resterebbe la valutazione richiesta dal principale azionista di Puma, Artémis, la cassaforte di François-Henri Pinault, che possiede il 29% del gruppo tedesco e controlla la holding del lusso Kering (Gucci).

Un brand storico in pieno “reset”

Puma sta attraversando uno dei momenti più complessi della sua storia recente. Dopo il boom post-pandemico, il marchio ha faticato a mantenere la propria rilevanza commerciale, soprattutto negli Stati Uniti, dove i dazi e la debolezza dei consumi hanno inciso pesantemente sulle vendite.

Il nuovo Ceo Arthur Hoeld, in carica dal 1° luglio, ha avviato un piano di rilancio definito “reset”, che prevede tagli ai costi, riduzione della gamma prodotti, una revisione dei canali distributivi e un focus più marcato sui segmenti chiave: running, football e training. Puma ha inoltre annunciato 900 esuberi e una maggiore disciplina finanziaria.

Nonostante gli sforzi, i risultati restano deboli: la società ha rivisto al ribasso le stime 2025 e prevede addirittura una perdita operativa per l’anno in corso.

I numeri: vendite in calo, margini negativi, debito consistente

La capitalizzazione di Puma oggi è di circa 2,8 miliardi di euro, lontanissima dai massimi storici. Per il 2025 il consensus stima ricavi per 7,4 miliardi, in calo del 15% sull’anno precedente. L’azienda è inoltre attesa in rosso operativo per 170 milioni e con una perdita netta di 526 milioni di euro.

Gli analisti non prevedono un ritorno all’utile prima del 2027, proprio mentre il gruppo cerca di rilanciarsi sul mercato con una strategia più efficiente ma ancora in fase iniziale. A gravare sul profilo finanziario è anche il debito netto di 1,6 miliardi, un livello significativo per un’azienda in contrazione.

In Borsa la performance è stata impietosa: dall’inizio dell’anno il titolo ha perso il 55%, mentre negli ultimi cinque anni il ribasso è arrivato al 75%.

Analisti prudenti, ma spazio per un ulteriore recupero

Il sentiment degli analisti riflette le difficoltà del brand: su 20 case d’investimento che seguono il titolo, solo sei raccomandano l’acquisto, mentre le restanti 14 mantengono un giudizio neutrale.

La media dei target price è pari a 24 euro, circa il 21% sopra i prezzi attuali, nonostante il forte rimbalzo registrato dopo le indiscrezioni sull’interesse dei gruppi asiatici. Le valutazioni restano quindi prudenti ma non prive di potenziale, soprattutto se dovesse concretizzarsi un’offerta formalizzata.

Anta, Li Ning, Asics: chi può davvero comprare Puma?

Fra i potenziali acquirenti, Anta Sports appare il candidato più credibile. Il gruppo cinese — che controlla anche Fila e Jack Wolfskin — ha un solido track record nel rilancio di brand in difficoltà e ha già operato acquisizioni miliardarie, come quella di Amer Sports nel 2019.

Li Ning, altro marchio cinese in forte espansione, avrebbe avviato discussioni preliminari con le banche per valutare un’offerta. Asics, dal canto suo, osserva con interesse ma non ha commentato.

Il vero ostacolo, secondo Bloomberg, sarebbe però la valutazione attesa dalla famiglia Pinault: Artémis considera la partecipazione “interessante ma non strategica”, lasciando intendere apertura a una cessione, ma non a prezzi di saldo.

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