Tassi al 5% in Europa e al 6% in USA. E poi l'economia?


Secondo Tognoli è possibile che negli USA i tassi possano scendere nel secondo semestre del 2024mentre nell’eurozona crediamo che se ne riparlerà nel 2025.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Nel corso della settimana sono attesi dati importanti di conferma sull’andamento dell’economia USA ed Europea. Si comincia oggi con gli USA: PMI manifatturiero di giugno (stima 46,3 punti contro 48,4 di maggio) e l’ISM manifatturiero di giugno (stima 47,2 punti contro 46,9 di maggio). Mercoledì è il turno dell’Europa con il PMI composito di giugno (stima 50,3 punti contro 52,8 di maggio) e i prezzi alla produzione MoM di maggio (stima -3,9% contro -3,2% di aprile).

La scorsa settimana le vendite al dettaglio della Germania MoM di maggio sono risultate più elevate rispetto alle attese (+0,4% contro zero stimato e +0,7% di aprile). L’inflazione dell’Europa YoY di giugno è risultata leggermente più bassa delle attese (+5,5% contro +5,6% stimato e 6,1% di maggio), ma cresce però quella core al 5,4% (5,3% a maggio). Inflazione della Francia YoY di giugno leggermente più bassa delle aspettative (+4,5% contro +4,6% stimato e +5,1% di maggio). In ulteriore e positiva contrazione il tasso di disoccupazione dell’Italia di maggio (7,6% contro 7,9% atteso e 7,8% di maggio). Per quanto riguarda i dati USA, il PMI Chicago è risultato leggermente inferiore alle stime (41,5 punti contro 44 atteso), ma in crescita rispetto al dato di 40,4 punti di maggio), mentre più elevata delle attese è risultata invece la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan (64,4 punti contro 63,9 di maggio).

Nonostante la pandemia e l’invasione dell’Ucraina, il mondo continua a crescere. Meno del previsto. Ma cresce. La crescita del PIL globale dovrebbe essere del 2,7% nel 2023, il tasso annuo più basso dalla crisi finanziaria globale del 2008, escluso il periodo di pandemia del 2020. Per il 2024 è previsto un modesto miglioramento della crescita globale, che dovrebbe raggiungere il 2,9%. La crescita nell'area OCSE dovrebbe essere inferiore al suo livello tendenziale nel 2023 come nel 2024, anche se riprenderà gradualmente per tutto il 2024, grazie alla moderazione dell'inflazione e all'aumento dei redditi reali.

Spinta dal calo dei prezzi dell'energia, l'inflazione complessiva è in riduzione nella maggior parte delle economie negli ultimi mesi, nonostante i continui e rapidi aumenti dei prezzi di generi alimentari e servizi. L'inflazione core rimane però ostinatamente elevata. L'elevata inflazione, unita a modesti aumenti salariali, ha portato ad un calo dei salari reali nel 2022. Molti governi hanno implementato misure di soccorso su larga scala per mitigare gli effetti dell'aumento dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari sulle famiglie. Secondo l’OCSE, i salari reali smetteranno di diminuire nella rimanente parte del 2023 nella maggior parte dei paesi OCSE.

Dati sempre contrastanti, quelli che arrivano dagli USA. La domanda degli investitori continua quindi ad essere se effettivamente gli USA entreranno in recessione (da capire poi se sarà più o meno lunga e quanto profonda), oppure se si tratterà di rallentamento ma senza segno negativo davanti.

Ci sono alcuni aspetti che vorremmo approfondire. Il primo riguarda l’indice economico leader degli USA (LEI) che, come noto, è composto da dieci indicatori economici destinati a segnalare punti di svolta nell'economia. A maggio scorso questo è sceso dello 0,7% a maggio, segnando il 14° calo mensile consecutivo (complessivamente -4,3% negli ultimi sei mesi). Il calo di maggio è stato attribuito in prevalenza all'indebolimento delle aspettative dei consumatori per le condizioni commerciali e al peggioramento delle condizioni del credito. Secondo il Conference Board, la tendenza al ribasso è coerente con un'attività economica più debole all’orizzonte e continua a segnalare una recessione entro i prossimi 12 mesi.

Il dato positivo della scorsa settimana (almeno apparentemente) è rappresentato dalla costruzione di nuove case. La National Association of Relators (NAR) ha riferito che le vendite di case esistenti a maggio sono state pari a 4,3 milioni (SAAR), in leggero aumento rispetto ad aprile, ma inferiore del 20% rispetto all'anno precedente. Oltre ai tassi ipotecari più elevati, anche le scarse scorte di case esistenti hanno ostacolato l'attività di vendita. Secondo il NAR, l'attuale offerta di case esistenti è circa la metà del livello del 2019. E proprio la carenza di offerta sta sostenendo la costruzione di nuove case. Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha riferito la scorsa settimana che il SAAR delle abitazioni iniziate a maggio era di 1,631 milioni di unità, rispetto a 1,340 milioni di aprile. L'aumento di 291.000 unità ha rappresentato il più grande aumento mensile di avviamenti dal gennaio 1990. L’aumento dell’offerta di nuove case indotto dalle nuove costruzioni non è scontato che trovi poi una domanda adeguata. Soprattutto perché i mutui saranno ancora più cari di oggi e presumibilmente la disoccupazione sarà aumentata.

Che cosa faranno le banche centrali? Sotto l'effetto del persistere delle pressioni inflazionistiche, delle prospettive di crescita in riduzione e dei significativi rischi al ribasso di divergenza dalle proiezioni, le banche centrali si trovano ad affrontare sfide difficili. Riteniamo che per qualche tempo sarà necessario mantenere alti i tassi di interesse per ridurre durevolmente le pressioni inflazionistiche, lasciando così l’intero sistema economico in squilibrio strutturale. In caso di ulteriori tensioni sui mercati finanziari, le banche centrali dovranno utilizzare gli strumenti di politica finanziaria a loro disposizione per garantire un'adeguata liquidità e minimizzare i rischi di contagio.

Con il debito pubblico più elevato rispetto a prima della pandemia nella maggior parte dei paesi e i governi che devono affrontare le future esigenze di spesa legate all'invecchiamento della popolazione e alla transizione climatica, le autorità dovrebbero prestare maggiore attenzione alla sostenibilità del debito. È essenziale ricostruire il margine di bilancio e utilizzare risorse limitate per essere in grado di rispondere alle future priorità politiche e affrontare efficacemente gli shock futuri.

Sono quindi probabilmente necessari ancora diversi trimestri di tassi di interesse reali positivi e una crescita al di sotto del trend per allentare in modo sostenibile le pressioni sulle risorse e consentire la disinflazione. Tuttavia, la calibrazione delle misure monetarie sull'economia nazionale non è un compito facile e le politiche pubbliche dovrebbero sapersi adeguare velocemente alla pubblicazione di nuovi dati, poiché non si sa con certezza quanto velocemente il rialzo dei tassi produrrà i suoi effetti. Ma nemmeno quali saranno i potenziali effetti a catena di politiche più restrittive in altri paesi alle condizioni finanziarie più restrittive. (la relazione che lega l’aumento dei tassi di interesse al calo dell’inflazione non è lineare).

Sebbene l'effetto della stretta monetaria abbia iniziato a farsi sentire nei mercati finanziari e immobiliari, non sono ancora stati osservati chiari segnali di un persistente calo dell'inflazione core. Inoltre, il contemporaneo inasprimento in molti paesi rende il meccanismo di trasmissione più complesso e incerto, soprattutto per le economie più piccole. Gli effetti più forti provengono dal calo della domanda globale e quelli più deboli, ovvero gli effetti sui tassi di cambio, provengono dalle misure di policy adottate a livello nazionale. Ciò potrebbe prolungare il tempo necessario per riportare l'inflazione al suo obiettivo.

Nella maggior parte dei paesi i tassi ufficiali hanno raggiunto, o dovrebbero raggiungere, i massimi nei prossimi mesi. Una volta che l'inflazione diminuirà e si avvicinerà ai livelli target delle banche centrali, i tassi ufficiali potrebbero iniziare a scendere.

Negli Stati Uniti, il tasso sui fondi federali dovrebbe raggiungere il picco del 5,5-5,75% nel secondo semestre del 2023. Nella seconda metà del 2024 dovrebbero invece essere effettuati due piccoli tagli dei tassi, grazie all’avvicinamento dell’inflazione all’obiettivo.

Nell'Eurozona, dove l'inflazione sottostante è ancora elevata, crediamo che il tasso di rifinanziamento principale raggiungerà il picco a partire dal terzo trimestre del 2023 per poi rimanere invariato intorno al 4,25-5,5% fino alla fine del 2024. Dopo la prevista scadenza completa del programma di reinvestimento dei proventi obbligazionari del programma di acquisto di attività a partire da luglio, la restrizione quantitativa dovrebbe accelerare. Tuttavia, i proventi dei titoli in scadenza, acquisiti nell'ambito del programma di acquisto per l'emergenza pandemica, dovrebbero continuare a essere interamente reinvestiti al fine di continuare a utilizzare tutti i margini di flessibilità disponibili per limitare la frammentazione finanziaria nell'area dell'euro.

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