Tassi USA ancora su, whatever it takes


Powell ha ribadito un Whatever it takes contro l’inflazione perché i dati sono ancora troppo forti.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Vendite al dettaglio YoY di gennaio (stima +2% contro -5,2% di dicembre) e produzione industriale MoM di gennaio della Germania (stima +1,5% contro -3,1% di dicembre) entrambe in uscita oggi alle 8:00. A seguire alle 11:00 la revisione del PIL del 4Q22 dell’Europa previsto in linea con quanto già evidenziato il 31 gennaio scorso (+0,1%). Alle 14:15 è il turno dei dati USA: occupati ADP di febbraio (stima 195k contro 106k di gennaio).

Ieri Powell ha tenuto un discorso davanti alla Commissione Bancaria del Senato. Tutto come nelle nostre attese. Il discorso si è concentrato sui recenti dati di inflazione e del mercato del lavoro, entrambe non in linea con quanto atteso dai membri del FOMC. Questo significa che la FED potrebbe aumentare i tassi d'interesse più del previsto, con una dinamica più elevata e lasciarli ad un livello di squilibrio più a lungo delle attese qualora i dati in arrivo suggeriscano misure più severe. E gli ultimi dati sembrano suggerire proprio questo: misure più severe. Detto in altri termini, il livello finale dei tassi di interesse sarà probabilmente più alto di quanto previsto in precedenza.

Ma non solo, Powell ha anche ribadito un whatever it takes contro l’inflazione, dicendo che la FED è pronta ad aumentare il ritmo dei rialzi dei tassi se tutti i dati dovessero indicare che non esiste altra opzione per ridurre la crescita dei prezzi.

I mercati finanziari, che mediamente viaggiavano in territorio positivo fino a poco prima delle parole di Powell, hanno immediatamente reagito portandosi in negativo. I future sui fed funds scontano ora un tasso pari al 6% per la fine del 2023 e un aumento di 50 bp nel prossimo meeting fissato per il 21-22 marzo. Le parole di Powell hanno ovviamente avuto anche un impatto sul dollaro, che si è immediatamente rafforzato contro euro e sterlina.

Se effettivamente il prossimo aumento dei tassi sarà di 50 bp, sarebbe un pessimo segnale per i mercati, non tanto per il livello in sé, ma soprattutto perché sancirebbe un nuovo e grave errore di valutazione della FED nel meeting di febbraio (dopo quello di aver sottovalutato l’inflazione). Sarebbe stato meglio, come avevamo suggerito più volte nei mesi scorsi, optare per un aumento di 50 bp nel meeting di febbraio, piuttosto che dare l’illusione ai mercati che l’inflazione si era avviata velocemente verso l’obiettivo e quindi la politica monetaria sarebbe stata meno falco.

Difficile al momento capire se la FED sia posizionata di nuovo dietro la curva. Subito dopo l’ultimo aumento di 25 bp, la FED ha da subito cominciato a mandare segnali chiari ai mercati di come gli ultimi dati sulla crescita dei prezzi e la forza del mercato del lavoro non lasciassero molto spazio all’immaginazione. Ma dopo.

Ovvio che se gli operatori si attendevano una flessione dei tassi di interesse nell’ultimo trimestre dell’anno, dovranno ora rivedere i propri portafogli. Revisione che oltre ad essere guidata dal nuovo atteggiamento della banca centrale, dovrà probabilmente fare i conti anche con una revisione al ribasso degli utili societari.

In questa fase rimaniamo convinti che nonostante la ripresa dei prezzi dei bond di questi primi due mesi dell’anno (dopo il sell-off del 2022), ci siano ancora interessanti opportunità. Il picco della stretta monetaria è atteso a cavallo dell’estate, cui farà probabilmente seguito una pausa di alcuni mesi aspettando che i dati confermino il rallentamento economico e il raffreddamento della pressione salariale. Una volta che la paura dei rialzi dei tassi sarà passata, il mercato obbligazionario rappresenterà una interessante opportunità da mettere in portafoglio. La strategia potrebbe quindi essere quella di prendere posizione nella parte corta della curva avvicinandosi al picco di aumento dei tassi. Così come aumentare l’esposizione creditizia potrebbe aiutare a incrementare i rendimenti quando la FED si fermerà nella sua stretta monetaria.

L’aggiunta di asset rischiosi, come l’high yield e il debito dei mercati emergenti, potrà invece essere vantaggiosa una volta che la FED inizierà a tagliare i tassi e il dollaro si indebolirà.

Per quanto riguarda le azioni, ovvio che qui si inserisce un ulteriore elemento, ovvero la revisione degli utili. In questo scenario in cui la stretta monetaria peserà sull’occupazione e quindi sull’economia, meglio privilegiare le aziende con una crescita stabile e affidabile, ovvero quelle che offrono prodotti e servizi in grado di creare valore nel tempo, come per esempio quelle aziende che operano nel settore del lusso, del fintech e nella produzione di energia rinnovabili.

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