Tim, ipotesi Costamagna per quota Vivendi
L’ex monopolista protagonista a Piazza Affari dopo le indiscrezioni pubblicate da Il Corriere della Sera circa l’interesse di una cordata di imprenditori per acquisire quanto detenuto dai primi soci del gruppo italiano.
Le indiscrezioni su Vivendi
Telecom Italia protagonista a Piazza Affari in apertura di settimana dove guadagna subito il 2% (0,2392 euro) sostenuta dalle indiscrezioni sul futuro della quota di Vivendi (+0,60% a Parigi).
Un articolo del Corriere della Sera di sabato rilancia la possibilità di un interesse da parte di una cordata di imprenditori per acquisire la quota detenuta in Tim dai francesi, primi soci del gruppo italiano con il 23,75% seguiti da Cassa Depositi e Prestiti (9,8%).
Le fonti del quotidiano indicano quale promotore del progetto Andrea Pezzi, ex consulente di Vivendi in Italia, affiancato da Claudio Costamagna, banchiere ed ex Presidente proprio di CDP, anche se le due parti hanno smentito qualsiasi interesse.
Il progetto sarebbe “ancora in fase embrionale”, spiega il Corriere e, tra i fondi che sono stati interpellati, ci sarebbe il private equity francese Tikehau, già azionista del gruppo Mint di Pezzi, oltre a Blackstone e altre istituzioni finanziarie, anche se non si specifica con quali risultati.
Secondo le fonti del quotidiano, i protagonisti punterebbero alla creazione di un veicolo ad hoc, partecipato da promotori e investitori, che in prima battuta acquisterebbe una parte della quota di Vivendi pari al 6-7%, con una valutazione di circa 500 milioni di euro. Successivamente, i francesi, non coinvolti nella prima fase, dovrebbe poi apportare la porzione residua delle sue azioni.
Il veicolo si occuperebbe della gestione dell’investimento e dell’esercizio delle prerogative di governance associate allo status di primo azionista della compagnia di telecomunicazioni.
Il senso del progetto
Secondo Equita Sim, “lo schema sembra quello seguito da Tim per l'uscita da Inwit, con un veicolo in cui Vivendi apporterebbe la quota residua in Tim e che quindi garantirebbe alla stessa Vivendi di mantenere la presa sull'intero 23,7%, ma cominciando a monetizzarne una parte”.
Lo schema indicato, proseguono gli esperti, “ha un senso, ma, come dice l'articolo stesso, sembra una proposta molto preliminare (alla stregua di molte altre che sono sicuramente allo studio da parte delle banche d'affari), non avendo ancora individuato i potenziali compratori, sondato l'interesse del venditore e il supporto politico al progetto e definito la strategia di valorizzazione”.
“Interessante per Tim che ci sia interesse per la quota di Vivendi in Tim e che le valutazioni indicate siano a forte premio rispetto ai corsi di borsa”, conclude comunque Equita.
Si riaccende l’appeal sul titolo?
Gli analisti di WebSim Intermonte ritengono che l’operazione potrebbe aumentare “l’appeal speculativo su Tim nel breve termine, in particolare sui titoli di risparmio su cui confermiamo la nostra preferenza”, con target price di 0,40 euro, mentre sulle azioni ordinarie il loro prezzo obiettivo resta a 0,38.
L’uscita di Vivendi potrebbe, “facilitare la conversione dei titoli di risparmio in azioni ordinarie, venendo meno la minoranza di blocco esercitata dai francesi nell’assemblea straordinaria chiamata ad approvare l’operazione”, spiegano da WebSim, ricordando che “a dicembre 2015, l’astensione dei francesi fu determinante per la bocciatura dell’operazione”.
L’ipotesi del Corriere, proseguono dalla sim, potrebbe anche “accelerare il percorso di societarizzazione delle due business unit Tim Consumer e Tim Enterprise in legal entities separate, sul modello di TIM Sparkle e TIM Brasil, migliorando la visibilità sulla strategia di valorizzazione dei due asset”.
Le ipotesi per il futuro
Per il futuro di Tim da WebSim escludono “un break-up del gruppo in più società quotate, considerando la complessità dell’operazione e i tempi piuttosto lunghi, ma anche la tendenza del mercato azionario a non riflettere adeguatamente il valore delle diverse divisioni rispetto ai multipli impliciti in transazioni analoghe condotte da fondi PE.
Al contrario, concludono dalla sim, “il lancio di un'opa totalitaria su Tim finalizzata al completo delisting delle azioni e al successivo break up del gruppo ci sembra la soluzione preferibile e più market friendly perché tutelerebbe maggiormente gli azionisti di minoranza, consentendo loro di cristallizzare un premio upfront, senza esporli ai rischi di execution del piano di break-up e della vendita delle altre attività”.
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