TIM, Meloni rompe gli indugi: “rete deve essere pubblica”

La leader di Fratelli d’Italia ha spiegato alcuni punti del programma del partito sul futuro di Telecom Italia, dopo le indiscrezioni pubblicate nei giorni scorsi da Bloomberg, ma il titolo non decolla a Milano.

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TIM pubblica

Presa di posizione netta sul futuro di Telecom Italia da parte di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, partito guida di una coalizione di centrodestra data come possibile futura vincitrice delle prossime elezioni politiche previste per il 25 settembre.

Dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi arrivate da vari esponenti del partito, oggi Meloni ha rilasciato un’intervista a Radio24, nel corso della quale ha parlato del piano di FdI su TIM, ribadendo le sue intenzioni di rendere pubblica la rete.

“Come accade in tutte le grandi democrazie, la rete unica deve essere di proprietà pubblica non verticalmente integrata”, dichiarava Meloni, spiegando che è necessario “scorporare la proprietà della rete - che non può essere privata, come non lo è da nessuna parte per un fatto di sicurezza nazionale e tutela dell''interesse nazionale - dalla vendita del servizio che si deve fare in regime libera concorrenza tra tutti gli operatori”.

Il piano

Nei giorni scorsi erano circolate indiscrezioni circa un progetto di FdI in cui sarebbe prevista un’Opa di CDP sul gruppo telefonico per poi arrivare ad una fusione con Open Fiber.

Sui dettagli, però, Meloni non ha voluto soffermarsi, perché “si tratta di un dossier molto delicato e quando si interviene su queste materie durante una campagna elettorale bisogna essere molto prudenti”.

La posizione del partito “su questo tema è nota”, concludeva la leader di FdI, in quanto “questo dibattito muove da una nostra mozione”, quando “nessuno vedeva che avevamo la rete in mano a privati e privati stranieri. Anche la Germania ha la rete di comunicazione in mano pubblica. Continuiamo a lavorare su questa ipotesi, su quanto e come questo, nel merito, si può fare, bisogna essere attenti e prudenti”.

TIM debole a Piazza Affari

Nel frattempo, a Milano le azioni Telecom Italia proseguono le contrattazioni in calo dell’1% a 0,2234, alla terza seduta consecutiva in rosso.

Trend negativo che porta il titolo a cedere tutti i guadagni arrivati lo scorso 12 agosto, quando la spinta propulsiva arrivata sulla scia delle indiscrezioni pubblicate da Bloomberg su un piano di nazionalizzazione del partito di Meloni aveva portato ad una chiusura a +6%, superando i 0,24 euro per azione.

Jefferies riduce il tp

La nazionalizzazione di TIM “non rappresenta l’esito preferito per gli azionisti”, ritengono gli analisti di Jefferies, ma “in uno scenario negativo” in cui Tim non riesca a cambiare passo sul free cash flow e/o a monetizzare asset, “potrebbe essere un'utile alternativa, proteggendo dal rischio di medio termine di credit default”.

In ogni modo, “l’overhang elettorale non dovrebbe distrarre dall’intento strategico positivo”, sottolineano dall’istituto e l’esito delle elezioni del 25 settembre “potrebbe portare a un governo che si opponga a una transazione che consenta ai soci di TIM di monetizzare la rete a un valore equo”.

Nel frattempo, Jefferies ha ridotto il target price di TIM da 0,44 a 0,34 euro per tener conto di un abbassamento delle stime sul business domestico, confermando la raccomandazione buy.

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