TIM, non arriva la controfferta di CDP sulla rete

Ieri era attesa la proposta di CDP-Macquarie da contrapporre a quella del fondo americano KKR ma il governo potrebbe aver deciso di prendere tempo per cercare di convincere tutti i soci.

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TIM in calo

A fine settimana scorsa c’era stato ottimismo a Piazza Affari in attesa dell’offerta di CDP ufficiale per la rete TIM in arrivo ieri secondo diverse fonti di stampa, ma alla fine la proposta ‘anti-KKR’ non è stata presentata.

Ottimismo che aveva portato acquisti sul titolo TIM nelle ultime due sedute, con crescite oltre il 2% arrivate sia giovedì che venerdì scorso, ma oggi la delusione colpisce le azioni dell’ex monopolista, con un calo di due punti e mezzo, a 0,3043 euro, dopo meno di un’ora di scambi.

Offerta non arrivata

Secondo La Repubblica di ieri, il governo non avrebbe dato via libera a una bozza di proposta di CDP, chiedendo di riformularla in modo tale da ricevere il gradimento di tutti i soci, a partire dal gruppo francese di Vivendi con cui restano le distanze sulla valutazione.

A questo punto i tempi stringono, visto il prossimo consiglio di amministrazione in agenda venerdì 24 febbraio prossimo, convocato proprio per valutare l’offerta del fondo americano KKR o, in caso di iniziativa di CDP, valutarne entrambe.

Altre fonti giornalistiche indicano la possibilità di attendere l’esito del cda di venerdì, per poi aprire un tavolo a Palazzo Chigi e cercare una soluzione sull’infrastruttura strategica di TIM.

Ipotesi di proposte

Il governo, scrive il Sole 24 Ore, potrebbe pressare per un’offerta congiunta tra KKR e CDP-Macquarie, con TIM titolare di una quota di minoranza.

Da Il Messaggero ipotizzano l’impegno di CDP per cedere parte dell’infrastruttura di TIM all’interno di un’offerta da presentare con Macquarie sulla rete, in modo da prevedere in anticipo un set di rimedi antitrust.

Tra gli asset ad essere ceduti sarebbero Flash Fiber, JV all’80% di TIM e 20% di Fastweb, già inserita nel perimetro di Fastweb con la realizzazione di una rete FTTH a Roma, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Pescara, Napoli, Bari e altre città per collegare 2 milioni di unità immobiliari.

Inoltre, FlashFiber potrebbe essere venduta a Fastweb o a Iliad.

“Se c’è una competizione sulla rete che possa massimizzare il valore, ridurre il debito e metterci tutti quanti nelle condizioni di competere al meglio, penso vada bene per tutti quanti”, dichiarava ai dipendenti l’ad di TIM, Pietro Labriola, e, in ogni caso, “comunque vada a finire, abbiamo dimostrato che abbiamo una chiara visione del mercato. Poi ci sono delle cose che sono nella sfera delle nostre possibilità e delle cose al di fuori”.

La view degli analisti

Lo slittamento dell’offerta di CDP e Macquarie viene definito “ragionevole” dagli analisti di WebSim, soprattutto “se la discussione in corso è finalizzata a sciogliere i nodi di natura antitrust che potrebbero pregiudicare il successo dell’offerta”.

“Da un punto di vista antitrust il doppio investimento di CDP/Macquarie in due asset in concorrenza tra loro (NetCo e Open Fiber) ci sembra particolarmente problematico, ancor prima di contemplare una eventuale combinazione delle reti”, proseguono gli esperti della sim, i quali leggono “positivamente la disponibilità di Fastweb a rilevare asset in eccesso partendo da quelli di Flash Fiber (investimento da 1,2 miliardi per portare FTTH in 29 città con una copertura dell’80% circa) o di Open Fiber, che risultano in oggi sovrapposizione nelle aree nere (ipotizziamo circa l’80% del footprint aggregato)”.

Ipotesi che “potrebbero facilitare le trattative, aumentando le chance di successo di un’approvazione spedita da parte delle autorità antitrust, e consentire alla stessa CDP di ottenere maggiori risorse per finanziare l’offerta senza pregiudicare le sinergie future da una futura integrazione delle reti (da noi stimate a 3 miliardi)”, aggiungono.

“Oltre a Fastweb, vedremmo ben posizionati ad avere un ruolo di remedy taker anche altri operatori nazionali come Iliad (che ha già all’attivo un accordo con Open Fiber e FiberCop) e/o player FTTH regionali (come Unidata o Intred)”, concludono da WebSim, mantenendo la raccomandazione ‘molto interessante’ sul titolo TIM, con target price di 0,42 euro.

Fitch positiva

Venerdì scorso, intanto, l’agenzia di rating Fitch ha annunciato che potrebbe aumentare l’outlook sul rating BB- di TIM da negativo a stabile.

Il miglioramento potrebbe avvenire a seguito dei risultati preliminari sul 2022 della società e dell’annuncio delle nuove guidance sul 2023-2025, in particolare grazie alla migliorata visibilità sulla stabilizzazione del margine operativo lordo a cui contribuisce il miglioramento delle attività italiane.

I risultati 2022 dell’ex monopolista “hanno mostrato che la società ha sovraperformato la propria guidance”, ma "non hanno alcun impatto sul suo rating (BB-/Negativo) attualmente”, scrivono in una nota dall’agenzia.

Se TIM ha aumentato i suoi ricavi per la prima volta dal 2017, grazie alla crescita in Brasile, “il turnaround dell’Ebitda resta esposto a rischi di esecuzione a fronte di forti pressioni competitive e di un contesto macroeconomico avverso”.

Inoltre, TIM ha “migliorato la propria posizione di liquidità dall’emissione obbligazionaria da 850 milioni di euro a gennaio con un nuovo finanziamento della Banca europea per gli investimenti previsto nel primo semestre 2023”, anche il suo importo non è stato reso noto.

“Con circa il 50% del debito finanziario in scadenza entro il 2025, il rischio di rifinanziamento rimane rilevante, dati i significativi esborsi di investimento di TIM e il FCF negativo sostenuto in un momento di forte concorrenza di mercato, aumento dell'inflazione e alti tassi di interesse”, si legge nella nota.Infine, secondo Fitch “le opzioni strategiche di TIM per ridurre il debito attraverso la cessione delle sue attività di rete e della divisione enterprise rimangono in discussione” e sottolineando che continuerà a valutare l'ex monopolista “in base al suo profilo consolidato fino a quando non ci sarà piena visibilità su qualsiasi transazione, e quindi su eventuali cambiamenti nella struttura commerciale e finanziaria della società”.

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