Tobin tax aumento dal 2026: ecco cosa cambia

Dal 1° gennaio 2026 la Tobin Tax raddoppia: cosa cambia per investitori e mercati, impatti sui costi e sulle operazioni finanziarie.
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Nel pieno della discussione sulla Legge di Bilancio 2026, il governo ha messo sul tavolo un intervento destinato a farsi sentire su Borsa Italiana: l’aumento Tobin tax. La riformulazione dell’emendamento, presentata in Commissione Bilancio al Senato, punta a raddoppiare l’imposta sulle transazioni finanziarie a partire dal 1° gennaio 2026.
Il raddoppio c’è, ma con percentuali diverse: per le società quotate su mercati regolamentati il passaggio è dallo 0,1% allo 0,2%, mentre sui mercati non regolamentati si passa dallo 0,2% allo 0,4%.
Tobin tax cos'è
La Tobin tax, una misura che storicamente non è mai stata digerita dai mercati, è una tassa applicata a determinate operazioni sui mercati finanziari. Il nome viene dall’economista statunitense James Tobin, premio Nobel per l’Economia, che negli anni ’70 propose un’imposta sulle transazioni valutarie per frenare la speculazione di breve periodo.
La Tobin tax è in Italia dal 2013, quando era stata introdotta dal governo Monti, e colpisce i trasferimenti di proprietà di azioni e strumenti partecipativi emesse da società residenti in Italia (conta la sede legale).
Il discrimine è la soglia dei 500 milioni di euro: l’imposta riguarda le azioni di società con capitalizzazione media almeno pari a 500 milioni, determinata secondo i criteri previsti dalla normativa (con riferimento ai valori di novembre dell’anno precedente). Il prelievo scatta su chi acquista partecipazioni in queste imprese, indipendentemente dalla nazionalità dell’investitore.
All’opposto, le società con capitalizzazione inferiore a 500 milioni tendono a restare fuori (ed è anche per questo che su segmenti come i sistemi multilaterali di negoziazione l’impatto può essere molto diverso a seconda delle dimensioni dell’emittente).
Aumento Tobin tax 2026: chi è colpito
L’ipotesi allo studio prevede un aumento delle aliquote lungo più direttrici.
Per le società quotate su mercati regolamentati si passerebbe dallo 0,1% allo 0,2%.
Per le operazioni su mercati non regolamentati l’aliquota salirebbe dallo 0,2% allo 0,4%.
Anche l’operatività ad alta frequenza vedrebbe un raddoppio, dallo 0,02% allo 0,04%. Resterebbero invece fuori dal perimetro le operazioni che si aprono e si chiudono nella stessa giornata, cioè quelle “intraday”.
L’impatto non riguarda solo chi compra direttamente azioni. Anche fondi comuni ed ETF possono ritrovarsi a sostenere l’imposta quando acquistano titoli di grande capitalizzazione quotati a Piazza Affari. Fa eccezione il mondo degli ETF sintetici, che replicano l’indice tramite derivati senza detenere realmente le azioni sottostanti.
Perché la manovra tocca la Tobin
L’intervento nasce come copertura nella manovra finanziaria: la Tobin è “facile” da riscuotere perché passa dagli intermediari, ma il tema vero è l’effetto sul mercato. Diverse analisi ricordano che, storicamente, il gettito non ha centrato le stime iniziali e che i volumi su Piazza Affari si sono ridotti nel tempo, con il rischio che un ulteriore aumento riduca ancora la liquidità, soprattutto sui grandi titoli (tipicamente sopra 500 milioni di euro).
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