Turchia, l’inflazione continua a galoppare e la lira aggiorna nuovi minimi


Il nuovo dato sull’inflazione di novembre in Turchia mostra come le scelte di Erdogan non riescano a raffreddare le pressioni sui prezzi.

La prossima riunione della banca centrale di metà dicembre potrebbe tagliare nuovamente i tassi di interesse e spingere la lira turca sempre più nel baratro.


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Prosegue la pressione inflazionistica

L’inflazione in Turchia continua ad aumentare nonostante le politiche monetarie decise dal Presidente Recep Tayyip Erdogan e affossano ancora la lira turca.

L’ultimo dato diffuso oggi mostra un incremento dell’inflazione anche a novembre, cresciuta lo scorso mese dell’1,5% rispetto a ottobre e ormai arrivata al 21,31% su anno.

Il dato risulta quattro volte superiore all’obiettivo iniziale del governo ed è il più alto da tre anni, colpendo particolarmente le importazioni e rendendo sempre più difficile la vita dei turchi.

Inoltre, si tratta di un livello superiore a quello (20%) visto per l’ultima volta nel 2018, in occasione della precedente crisi valutaria della lira.

Il crollo della lira

Il galoppare dei prezzi è stato spinto anche dal forte ribasso della lira turca nel corso di quest’anno, scesa del 45% nei confronti del dollaro e di circa il 30% nel solo mese di ottobre.

Trend che non accenna a fermarsi per la valuta del paese, oggi appena sopra quota 13 nei confronti del dollaro, ai minimi storici.

Inoltre, i titoli di stato a 10 anni turchi continuano la loro corsa e oggi aumentano del 5%, portando il loro rendimento al 21,30%.

La strategia sui tagli di interesse

Le scelte di Erdogan rinnegano le ipotesi classiche di politica monetaria, secondo le quali a fronte di un forte inflazione sia necessaria una politica monetaria espansiva, alzando i tassi di interesse.

Proprio la scelta contraria, il taglio dei tassi di interesse, resta la base della politica monetaria del presidente turco, ormai nelle sue mani dopo aver cambiato il governatore della Banca centrale del paese, scegliendone uno più ‘affine’ alle sue volontà.

Solo lo scorso 18 novembre, la Banca centrale aveva ridotto i tassi di intessere di 100 punti basi (1%), portandoli al 15%, quando solo nel mese precedente erano stati tagliati del 2%.

A questo punto, si attenderà la prossima riunione dell’istituto centrale, prevista per il 16 dicembre, ma le prime dichiarazioni annunciano un nuovo taglio del tasso di interesse.

“Sono sempre stato a favore di tassi di interesse più bassi e ho sempre ripetuto che mai li aumenterò”, dichiarava Erdogan ancora nei giorni scorsi. Secondo molti analisti, il presidente sta puntando tutto sul taglio dei tassi in vista delle elezioni del 2023, visto lo svantaggio nei sondaggi della sua candidatura e del suo partito (AK) rispetto all’attuale opposizione.

Erdogan, dunque, continua a rifiutarsi di cambiare strategia di politica monetaria, agitando la bandiera di una “guerra di indipendenza economica” che porterà ad una crescita economica maggiore, più posti di lavoro e maggiori investimenti.

L’ultima ‘purga’ di Erdogan

Per affermare sempre più le sue scelte in tema di tassi, Erdogan ha appena ‘licenziato’ il suo ministro delle finanze, Lutfi Elvan, dopo soli 12 mesi dalla sua nomina, sostituito da Nureddin Nebati, già vice ministro e considerato vicino al genero dello stesso presidente, l’ex ministro Berat Albayarak.

Prima della riunione della banca centrale di novembre, quando erano stati tagliati i tassi, Elvan aveva lanciato un appello affinché “ciascuna istituzione facesse la sua parte nell’ambito del proprio mandato”, con il fine di rallentare la corsa dell’inflazione.

Dichiarazioni che erano state interpretate come una sua contrarietà ai ripetuti tagli dei tassi, ma dopo la stessa riunione dell’istituto, Erdogan aveva lanciato un affondo contro “quegli amici che stanno difendendo ancora” gli alti tassi di interesse, sottolineando che il suo percorso “non può essere vicino a loro”.

Le sue parole, pronunciate in parlamento, erano state accolte dagli applausi di molti parlamentari tranne Elvan e la foto del mancato applauso si era diffusa sui social media, evidentemente convincendo sempre più Erdogan della necessità di un cambio.

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