Unicredit termina la seconda tranche del buy-back


L’istituto ora ha raggiunto il 4,30% del suo capitale sociale, mentre si sblocca la vendita della sua controllata in Russia dopo l’intervento del governo di Vladimir Putin e dalla BCE avvisano dei rischi per il settore bancario derivanti dalla politica monetaria sempre più restrittiva.


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Il buy-back di Unicredit

Prosegue l’acquisto di azioni proprie da parte di Unicredit, operazione comunicata al mercato e avviata il 21 settembre scorso a seguito della delibera approvata dall’Assemblea degli azionisti dell’8 aprile 2022 e parte del ‘Programma di Buy-Back 2021’ della banca milanese.

Una nota diffusa questa mattina da Piazza Gae Aulenti annunciava la conclusione degli acquisti relativi alla seconda tranche del piano e tra il 28 e il 30 novembre sono state acquistate 3.412.731 azioni CRDI ad un prezzo medio ponderato di 13,0705 euro.

A questo punto, sottolineava l’istituto guidato da Andrea Orcel, con la seconda parte del programma sono state acquistate un totale di 86.949.149 azioni, corrispondenti dal 4,30% del capitale sociale e dal valore complessivo di 999.954.000,14 euro.

La società, concludeva il comunicato di questa mattina, prevede di procedere il prima possibile, e comunque entro il termine stabilito dalla delibera di aprile, all’annullamento di tutte le azioni acquistate in esecuzione della Seconda tranche del Programma di Buy-Back 2021.


Il nuovo focus

Con questa seconda tranche, “la banca ha terminato il buyback precedentemente autorizzato dalla BCE”, spiegano da WebSim.

A questo punto, il “focus andrà sulla politica di remunerazione che sembra essere stata contestata dalla Vigilanza in quanto prevede un ammontare preciso di cash out (dividendo cash + buyback pari o superiore a 16 miliardi nel periodo 2021/24) quando invece la BCE preferisce che le banche prevedano un sistema variabile di remunerazione degli azionisti sotto forma di payout ratio”.

Pertanto, dalla sim mantengono la raccomandazione ‘neutrale’ sul titolo Unicredit, con target price di 14,30 euro rispetto ai 12,834 euro di questa mattina (-1,4%).

L’uscita dalla Russia

Intanto, l’uscita dalla Russia da parte di Unicredit sembra più vicina dopo che il presidente Vladimir Putin ha emanato un decreto che autorizza la casa automobilistica locale AvtoVAZ ad acquisire una partecipazione del 100% di RN Bank, una joint venture tra l’istituto italiano e l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi.

La decisione arriva dopo il decreto emesso ad agosto dal governo russo nel quale si proibiva a 45 gruppi finanziari occidentali e giapponesi la cessione di attività detenute nel paese, impedendo così a Unicredit di realizzare l’effettiva uscita dalla Russia.

Il decreto estivo è stato citato esplicitamente nell’autorizzazione per l’acquisizione di RN Bank, pertanto la vendita ha ottenuto il via libera ufficiale da parte di Putin, liberando così una cifra calcolata da MF pari a circa 200 milioni di euro.

A questo punto, “l’esposizione verso la Russia resta elevata”, sottolineano da WebSim, valutandola 7 miliardi di euro al terzo trimestre 2022.

Pronti alle aperture

La Russia “è aperta ad ammorbidire le restrizioni sulle transazioni con i non residenti ostili in cambio di uno scongelamento degli asset russi all’estero”, spiegava la banca centrale russa, avvisando che se “i requisiti per i residenti possono essere liberalizzati il più possibile, le restrizioni per i non residenti dovrebbero variare in base alla loro giurisdizione”, per poi subordinare lo sblocco degli asset dei paesi ostili “in risposta a un alleggerimento delle sanzioni”.

Dopo il decreto di agosto molti intermediari finanziari erano rimasti in panne, visto il coinvolgimento di nomi come Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Agricole, Credit Suisse, Hsbc, Ubs, Natixis, Ing e Raiffeisenbank, le americane Goldman Sachs, Jp Morgan, American Express Bank, Citibank e Paypal e le finanziarie legate al mondo auto Toyota Bank, Mercedes-Benz Bank, Bmw Bank e Volkswagen Bank.

Prepararsi a impatti negativi dei tassi

avvisato il settore circa i rischi della politica restrittiva dell’istituto.

Se “i tassi di interesse e i margini più elevati stanno aumentando la redditività delle banche in questo momento”, sottolineava Enria, il deteriorarsi delle condizioni economiche, unito alla politica sempre più restrittiva, “influiscono anche sulla capacità dei clienti con una leva finanziaria elevata di rimborsare i propri debiti o soddisfare le richieste di margini e possono innescare forti aggiustamenti nei mercati finanziari volatili”.

Pertanto, “le banche devono prepararsi ai potenziali impatti negativi dell’ambiente incerto sulle loro attività” e “il nuovo contesto di rischio richiede alcuni aggiustamenti al nostro approccio di vigilanza”, concludeva Enria, sottolineando comunque che “il settore bancario mantiene solide posizioni patrimoniali e di liquidità e, secondo i risultati del terzo trimestre disponibili per le banche quotate, continua a registrare buoni livelli di redditività”.

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