Usa, consumi in crescita e l’intervento della FED diventa complicato


Il rialzo potrebbe spingere l’acceleratore sulla recessione che, dopo due trimestri negativi, potrebbe rivelarsi più lunga del previsto. Secondo Jamie Dimon di JP Morgan la situazione “è molto, molto grave” e l’economia USA e quella globale dovrebbero scivolare in recessione nell’arco dei prossimi 6-9 mesi e sicuramente entro la metà del 2023.


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Si parte alle 8:00 con l’indice dei prezzi al consumo YoY di settembre della Germania, atteso confermare il 10% preliminare (7,9% in agosto) e si prosegue alle 14:30 con l’inflazione USA YoY di settembre (stima 8,1% contro 8,3% di agosto).

Gli analisti prevedono dunque che il tasso di crescita dei prezzi cominci a decrescere sotto la spinta del rialzo dei tassi. Le attese riguardano in particolare sull’inflazione core (quella che guarda la FED per le decisioni di politica monetaria), che è invece atteso accelerare al 6,5% (dal 6,3% di agosto). Se le stime dovessero essere confermate, darebbero maggiore forza alla FED per un ulteriore rialzo di 75 punti base nella prossima riunione di inizio novembre.

Il rialzo potrebbe spingere l’acceleratore sulla recessione che, dopo due trimestri negativi, potrebbe rivelarsi più lunga del previsto. Biden non crede che il suo Paese possa entrare in recessione (in realtà c’è già entrato), ma nel caso dovesse accadere, ritiene che sarà molto lieve. La stessa cosa la pensa Powell. Diversamene da loro la pensa invece Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan.

Secondo Dimon, la situazione “è molto, molto grave” e l’economia USA e quella globale dovrebbero scivolare in recessione nell’arco dei prossimi 6-9 mesi e sicuramente entro la metà del 2023. In questo contesto, secondo Dimon, Wall Street è destinata a soffrire ancora, con l’indice S&P 500 che potrebbe scendere “facilmente del 20%” rispetto ai livelli attuali.

Per cercare di determinare il trend futuro a breve dell’indice, riteniamo che saranno strategici i risultati del 3Q delle imprese, che le stesse stanno rilasciando in queste settimane, ma soprattutto le attese per la fine dell’anno e per il 2023.

L’incremento dei consumi ha complicato gli interventi della FED per contenere l'inflazione. I consumatori sembrano in una posizione più robusta rispetto ai precedenti cicli di rialzi dei tassi e quindi è più difficile prevedere gli effetti economici dei tassi più elevati sugli utili delle imprese. I segnali di miglioramento dell'inflazione potrebbero rendere la FED meno propensa a mantenere posizioni aggressive, a vantaggio della crescita economica futura. Resta da capire come si evolverà questo equilibrio man mano che gli stimoli fiscali si esauriranno e la FED proseguirà la stretta.

Le stime degli utili sono leggermente diminuite a seguito dell’aumento dei tassi d'interesse, dei rincari delle commodity (energia in testa) e dell’apprezzamento del dollaro, ovviamente sfavorevole per le imprese multinazionali, i produttori e le esportazioni. Tuttavia, le stime di consensus ipotizzano ancora una crescita sostenuta per il 2022, dopo l'aumento a doppia cifra degli utili S&P 500 per il 1Q22.

Esiste però l’altra faccia della medaglia. Alcuni rivenditori sono stati costretti a svalutare le scorte in eccesso in quanto le spese per consumi sono riconfluite sui servizi in modo più rapido del previsto. Sebbene alcuni di questi operatori abbiano ridimensionato le ipotesi di utili per l'esercizio, nel complesso le stime degli utili sono rimaste relativamente stabili.

Al contempo, molte aziende che hanno dovuto far fronte all'inflazione derivante dall'apprezzamento del dollaro o dai rincari delle commodity, hanno fatto ricadere gli aumenti dei costi sui clienti negli ultimi trimestri. Questi aumenti tenderanno a permanere anche dopo l'allentamento della pressione sui costi e le aziende ne vedranno i benefici attraverso l'incremento delle vendite e il miglioramento dei margini.

A nostro avviso questo è in grado di contribuire alla crescita degli utili nella seconda metà dell'anno e nel primo semestre del 2023, soprattutto in caso di attenuazione dell'inflazione. Di conseguenza, malgrado la virata significativa della performance verso le aziende legate all'energia e alle commodity nell'indice osservata quest'anno, riteniamo che in futuro la crescita degli utili possa iniziare a generare rendimenti azionari in altre aree del mercato.

La prima metà del 2022 ha coinciso con una compressione dei multipli, ma anche con uno dei peggiori periodi dell'ultimo decennio in termini di performance per i titoli growth rispetto ai value. Non ci aspettiamo che questa dicotomia continui: crediamo infatti che i corsi azionari siano alimentati da una crescita degli utili sostenibile a lungo termine e che le aziende in grado di accrescere gli utili nel tempo siano destinate a beneficiarne.

Ma quali aziende? Quelle che utilizzano la tecnologia per migliorare sia le analisi dei dati relativi alle relazioni con i clienti sia i loro prodotti, crediamo che continueranno a conquistare quote di mercato e a diventare più efficienti nel tempo. Le aziende con bilanci robusti e flussi di cassa costanti, in grado di investire in periodi macroeconomici volatili come quello attuale, si troveranno inoltre in una posizione ideale per registrare una crescita relativa più rapida man mano che il contesto degli investimenti si normalizza.

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