Usa: crescita economica supera aspettative, ma mostra ora segnali di rallentamento


L’economia USA è stata più forte delle attese nel 4Q23, ma mostra ora segnali di rallentamento.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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M3 YoY di dicembre dell’Europa in uscita oggi alle 10:00 (stima -0,7% contro -0,9% di novembre). Come noto, nei periodi di recessione questo aggregato monetario diminuisce in quanto le banche hanno problemi a prestare denaro.

Come era nelle attese, la BCE ha lasciato invariati i tre tassi di interesse chiave. Cambia parzialmente la narrazione rispetto a Davos, visto che la Lagarde ha sostenuto che la futura politica monetaria dipenderà dai dati (diversamente da Davos). Il presidente ha inoltre ribadito che l’ipotesi di riduzione dei tassi in marzo/aprile, non era sul tavolo dei membri delle Commissione. Riteniamo che se ne riparli a cavallo tra il secondo e il terzo trimestre.

Nel frattempo, l’indice IFO di gennaio ha deluso le aspettative risultando in calo rispetto alle attese (85,2 punti contro 86,7 stimato) e rispetto a dicembre (86,3 punti). Essendo un indicare precoce dello sviluppo economico, segnala le difficoltà in cui si trova in questo momento l’economia della Germania.

Molto forte rispetto alle attese la crescita del PIL USA del 4Q23 (3,3% contro 2% attesa e 4,9% del 3Q23). In contrazione sono invece risultati gli ordini di beni durevoli MoM di dicembre che hanno fatto segnare una variazione pari a zero, contro l’1% di crescita attesa e il +5,5% di novembre. In crescita maggiore delle attese le richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione (214k contro 200k stimate e 189k della scorsa settimana). Economia USA, dunque, che ha fatto segnare tassi di crescita molto più forti delle attese, ma che mostra ora segnali di indebolimento.

Nei primi giorni del ciclo di rialzo dei tassi della Fed, abbiamo notato che oltre agli aumenti dei tassi e all’inasprimento quantitativo, Powell utilizzava le sue dichiarazioni per inasprire le condizioni economiche. All'epoca, si sosteneva che il tono energico di Powell sulla necessità di contenere l'inflazione servisse da avvertimento alle imprese e ai consumatori che tassi più alti erano in arrivo e sarebbero rimasti elevati fino a quando la battaglia contro l'aumento dei prezzi non fosse stata ampiamente vinta.

Trasmettendo le intenzioni della Fed, Powell tentava di rallentare l'economia gestendo le aspettative di crescita futura. In parole povere, se i consumatori e le imprese avessero creduto che si stavano avvicinando tempi difficili, avrebbero speso meno e l’economia sarebbe rallentata ad un ritmo più sostenibile senza che la Fed sentisse la necessità di causare una recessione.

In realtà, stiamo riconsiderando la narrazione della Fed come strumento monetario alla luce delle reazioni che i consumatori e i mercati stanno avendo ai recenti commenti di Powell, secondo cui la banca centrale potrebbe essere in grado di tagliare i tassi e allo stesso tempo avere un atterraggio morbido che sembra una possibilità sempre più reale.

A metà dicembre la Fed ha pubblicato le previsioni del FOMC che implicavano tre tagli dei tassi nel 2024. La proiezione è stata ampiamente vista come un segnale che di fatto la stessa fosse soddisfatta che l’inflazione fosse sulla buona strada per essere nello specchietto retrovisore e che l’economia sarebbe uscita indenne dai rialzi dei tassi iniziati nel 2022. Da allora, le azioni hanno registrato un’impennata, con l’S&P 500 che ha toccato un nuovo massimo storico e con i consumatori che sono diventati decisamente ottimisti riguardo al futuro dell’economia.

E questo ha fatto crescere la fiducia dei consumatori. L’abbiamo visto con il dato dell'Università del Michigan che è balzato a 78,8 a gennaio, in aumento di 9,1 punti rispetto al valore finale di dicembre di 69,7. L’impennata di ottimismo della fiducia dei consumatori è stata chiaramente alimentata dai commenti della Fed sul potenziale taglio dei tassi nel 2024, che sta quindi influenzando l'ottimismo generale dei mercati: c’è stato un aumento del 27% nelle prospettive a breve termine delle condizioni commerciali, con i consumatori che si aspettano redditi più alti nel 2024. Ed è proprio qui che risiede la nostra preoccupazione. La forte crescita salariale e il rinnovato ottimismo economico potrebbero impedire all’inflazione di scendere dai livelli attuali (è il problema del last mile).

La buona notizia è che i risultati di una recente indagine mostrano che le aspettative di inflazione a breve termine continuano a scendere, con gli intervistati che si aspettano che i prezzi aumentino del 2,9% nel prossimo anno, in calo rispetto al 3,1% di dicembre. La lettura attuale segna il livello più basso da dicembre 2020. Anche le aspettative di inflazione a lungo termine sono diminuite, attestandosi al 2,8%, in calo dello 0,1% rispetto alla misura finale di dicembre.

Sebbene la Fed ritenga che le aspettative di inflazione siano importanti per impedire che la crescita dei prezzi si incorpori nell’economia, come avvenne nel periodo 1966-1982, l’ondata generale di ottimismo potrebbe creare una sfida nello sforzo della Fed di riportare i prezzi ad una crescita sostenibile del 2%: le aspettative dei consumatori sono infatti un'arma a doppio taglio. Pertanto, mentre Powell ha cercato di inasprire le condizioni economiche attraverso il canale delle aspettative nel 2022, i suoi commenti e le proiezioni del FOMC recenti potrebbero avere il risultato involontario di allentare le condizioni e alimentare un aumento della crescita economica, che potrebbe riaccendere le pressioni inflazionistiche.

Nelle ultime settimane, in modo piuttosto silenzioso, le aspettative degli investitori sull’inflazione nei prossimi anni sono aumentate: il tasso di pareggio dell’inflazione a cinque anni, una misura monitorata dalla Fed, ha raggiunto il minimo a fine dicembre del 2,13%, ma nella scorsa settimana è salito al 2,42%. Questo tasso riflette le aspettative del mercato sull’inflazione media prevista nel corso del periodo di cinque anni, che inizia cinque anni nel futuro. Sebbene il tasso rimanga ad una distanza non elevata rispetto all'obiettivo, si sta però chiaramente muovendo nella direzione sbagliata.

Riteniamo che, con il processo disinflazionistico in fase di stallo, il mercato del lavoro ancora teso e la crescita salariale ancora elevata, qualsiasi allentamento delle condizioni finanziarie che si verifichi a causa del miglioramento delle aspettative derivante dall’atteggiamento attenuato della Fed, potrebbe costringere il FOMC a mantenere i tassi più alti per un periodo più lungo. E questo crediamo che aumenti le probabilità di una recessione nel corso del 2024.

I dati diffusi la scorsa settimana suggeriscono che l’opinione comune degli investitori potrebbe sottovalutare le sfide che l’economia dovrà affrontare in futuro.

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