USA: la crescita dei salari corre troppo per ridurre e breve i tassi


L’inflazione da servizi è in rallentamento, ma la crescita dei salari continua a non essere compatibile con l’obiettivo del 2% e di dati recenti non aiutano.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di gennaio in uscita oggi alle 16:00 (stima 69,3 punti contro 69,7 di dicembre).

PhillyFed peggiore delle attese: -10,6 punti contro -7 punti stimato e -12,8 punti di dicembre. Richieste settimanali alla disoccupazione, pari a 187k, minori delle stime di 207k e della scorsa settimana, pari a 203k.

L’attenzione del mercato e le recenti discussioni intorno all’inflazione si sono concentrare in larga parte e soprattutto in USA, sulla direzione delle pressioni sui prezzi. In realtà riteniamo che occorra fare soprattutto riferimento ai vari fattori che contribuiscono a dette pressione. E’ quello che ha fatto in un discorso Williams (presidente della Fed di NY e vicepresidente del FOMC), che ha paragonato i fattori che hanno contribuito all’inflazione in seguito all’arrivo del Covid, agli strati di una cipolla dove ogni strato lascia il posto a un altro fattore che determina la continuazione dell’aumento dei prezzi.

Lo strato più esterno è stato determinato dai picchi dei prezzi delle materie prime durante i primi giorni del COVID e aggravato dall’invasione russa dell’Ucraina. Successivamente c’è stata un’impennata della domanda di beni in un momento in cui le catene di approvvigionamento erano intrappolate, con il risultato che la domanda superava di gran lunga l’offerta. Lo strato finale e più interno del puzzle dell’inflazione e che esiste ancora oggi, è stato il picco dell’inflazione dei servizi primari, che è il risultato della domanda repressa di esperienze che si è scatenata con l’attenuarsi dei blocchi del COVID.

I lettori abituali del nostro commento sapranno che la nostra visione dei fattori determinanti dell’inflazione post-COVID si allinea bene con l’analisi di Williams. Siamo anche d'accordo con la sua valutazione secondo cui i primi due strati di inflazione si sono dissipati, almeno per ora. Tuttavia, ci troviamo in parziale disaccordo con la sua valutazione su quella che identifica come inflazione dei servizi essenziali. Williams ha infatti identificato il rallentamento dell’inflazione degli alloggi come un fattore positivo nel ridurre l’inflazione dei servizi. Tuttavia, riteniamo che i dati attuali mostrino che l’inflazione dei servizi rimane ancora relativamente vischiosa.

Per quanto riguarda i prossimi mesi, crediamo che ci siano tre indicatori da tenere d’occhio, utili per valutare il futuro delle pressioni sui prezzi (individuati anche da Williams):

  • le aspettative di inflazione, che indicano una moderata flessione, con tutte le difficoltà dell’ultimo miglio;
  • il dato sull'inflazione Multivariate Core Trend (MCT) della Federal Reserve di New York, che tende al ribasso (occorre comunque dire che altre misure predittive dell'inflazione dipingono un quadro diverso);
  • la crescita dei salari. Su questo fronte siamo convinti che i dati recenti mostrino che la crescita continua al di sopra dei livelli coerenti con l’inflazione del 2% e, sulla base dei piani dei datori di lavoro, difficilmente rallenterà nel breve termine.

Riconosciamo che il ritmo dell’inflazione dei servizi si è attenuato negli ultimi mesi ed è nettamente inferiore ai massimi recenti. Tuttavia, la crescita salariale, che è una componente chiave dell’inflazione dei servizi, rimane elevata al 4,3% su base annua. Si tratta di un valore ben al di sopra dell'intervallo compreso tra il 3% e il 3,5% che riteniamo necessario affinché la Fed raggiunga l'obiettivo di un'inflazione annua del 2%.

Non aiutano i dettagli dei dati sull’inflazione diffusi la scorsa settimana, compresa l’ultima lettura dell’indice dei prezzi al consumo, che indicano uno stallo del processo disinflazionistico, in parte proprio a causa dei costi dei servizi ancora elevati. Pertanto, continuiamo ad aspettarci che la Fed assuma una posizione sui tassi più alta per un periodo più lungo, che alla fine potrebbe anche portare ad una recessione lieve e di breve durata nei prossimi mesi. Fortunatamente, con due dei tre elementi alla base dell’impennata dell’inflazione post-COVID ampiamente controllati e le aspettative di inflazione ancora ancorate, la Fed dovrebbe avere spazio per tagliare i tassi per ridurre e attenuare il colpo di una contrazione economica.

Non cambiamo la nostra opinione sui mercati e continuiamo a ritenere che la prima parte del 2024 possa offrire un’opportunità per acquistare potenziali pullback di azioni e obbligazioni, diversificare nei segmenti in ritardo del mercato azionario ed allungare la duration prima dell’inizio di un ciclo di allentamento da parte della banca centrale.

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