USA, mai vista una recensione con la disoccupazione al 3,5%


Negli USA gli ultimi dati sulla disoccupazione, scesa al 3,5% dal 3,7% del mese precedente, sembrerebbero mostrare che nonostante la stretta monetaria, l’occupazione continua a crescere. Il tutto va ovviamente inquadrato nella riduzione secolare della partecipazione alla forza lavoro.

A cura di Antonio Tognoli Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso CFO Sim


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I mercati attendono il dato dell'inflazione USA

Mercati in attesa del 13 ottobre, quando verranno comunicati i dati di inflazione USA e della Germania di settembre. Negli USA i prezzi sono attesi ridurre il tasso di crescita all’8,1% (dall’8,3% di agosto), rafforzando la convinzione che il picco di inflazione sia ormai alle spalle. In Germania ed in Europa l’inflazione è cresciuta del 10% a settembre (dal 7,9% di agosto) ed è attesa crescere ulteriormente nei prossimi mesi.

I dati di disoccupazione non faranno cambiare strategia alla FED

Negli USA gli ultimi dati sulla disoccupazione, scesa al 3,5% dal 3,7% del mese precedente, sembrerebbero mostrare che nonostante la stretta monetaria, l’occupazione continua a crescere. Il tutto va ovviamente inquadrato nella riduzione secolare della partecipazione alla forza lavoro (stabile a settembre al 62,3%), ancora 1,1 punti percentuali al di sotto del periodo pre-pandemia. I dati sul mercato del lavoro in settembre non sembrano tuttavia in grado di alterare la visione e la strada intrapresa dalla FED, che sta portando avanti un aggressivo rialzo dei tassi. Il mercato del lavoro si mostra resiliente, anche se sta iniziando a rallentare: in agosto infatti erano stati creati 315.000 posti, mentre in settembre la crescita si è fermata a 263.000 (l'aumento più basso da aprile 2021). In crescita del 5% i salari medi ma in rallentamento rispetto al 5,2% di agosto.

Non si è mai vista una recessione con il 3,5% di disoccupazione

I dati sull’occupazione, sono il vero argine contro la recessione nonostante i due trimestri di variazione negativa del PIL. Al 3,5% vuol dire che in USA tutti hanno un lavoro (storicamente non si è mai vista una recessione severa con questo dato) e comunque alla fine di agosto le posizioni lavorative aperte erano ancora oltre 10 milioni, il che farebbe propendere per una stabilità della disoccupazione su livelli storicamente bassi.

Catene di approvvigionamento più distese

Certo, l’inflazione rimane il problema principale dell'economia americana (come per tutte le economie dei paesi avanzati). Gli analisti stimano che una percentuale tra il 2.5% ed il 3% possa essere la parte di inflazione legata ai problemi delle catene di approvvigionamento. E su questo fronte sembra che ci siano dei segnali di miglioramento, almeno per quanto riguarda la logistica interna americana.

Consumi privati in crescita e liquidità delle imprese abbondante

I consumi privati pur in fase di rallentamento continuano tuttavia a crescere, grazie agli ingenti aiuti di stato. Ma anche le aziende USA hanno ingente liquidità nei bilanci sempre grazie agli aiuti di stato. E questo contribuisce a fare fronte all'aumento del costo del danaro dovuto all'aumento dei tassi operato dalla FED per raffreddare l'economia.

In Europa la BCE continua a ridurre le stime di crescita del PIL e aumentare quella dell’inflazione

La situazione dell’Europa è invece diversa. La BCE infatti continua a ridurre il tasso di crescita del PIL per il 2023 e 2024 (0,9% dal 2,1% e 1,9% dal 2,1% rispettivamente) e alzare quelle dell’inflazione media attesa (5,5% nel 2023 dal 3,5% e 2,3% nel 2024 dal 2,1%). Gli interventi della BCE sui tassi non sembrano quindi avere gli effetti sperati. Le ragioni riteniamo siano principalmente tre: la prima è che gli effetti della politica monetaria richiedono circa 6-9 mesi per essere pienamente visibili; la seconda è che metà circa dell’inflazione è dovuta ad un aumento dei costi, non controllabili dalla BCE; la terza è l’inflazione importata per via della debolezza dell’euro nei confronti del dollaro.

Europa, 125 bp di aumento entro dicembre...

Ci aspettiamo quindi che nel meeting del 27 ottobre prossimo la BCE aumenterà i tassi di 75 bp mentre il 15 dicembre di ulteriore 50 bp. BCE che ha più volte ribadito la flessibilità alla base delle sue mosse.

...che manderanno il sistema economico in recessione

L’aumento dei tassi e la flessione dei consumi dovuta al minore reddito reale disponibile “mangiato” dall’inflazione, riteniamo che nel 2023 porterà l’economia dell’Europa verso la recessione, che potrebbe durare anche per gran parte del 2024. Probabilmente alla fine del 2024 l’inflazione sarà più bassa di oggi ma al costo di una recessione.

I tassi potrebbero crescere meno delle attese se l’inflazione scenderà...

Quello che potrebbe far cambiare idea alla BCE sui tassi, è una flessione dell’inflazione maggiore delle attese già visibile nei prossimi mesi. Flessione che, al momento, potrebbe avvenire solo con una forte contrazione dei consumi e degli investimenti e per questa via del PIL, quindi appunto recessione, oppure con la cessazione immediata della guerra in corso.

...o alternativamente il prezzo del gas si ridurrà

Esisterebbe un’altra possibilità, ed è quella che vede il prezzo del gas ritornare entro gennaio prossimo al disotto nell’intorno dei 100 euro al MWh e/o che venga reso operativo il disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’energia elettrica che consentirebbe una veloce riduzione di almeno la metà della crescita dei prezzi in Europa. Nonostante gli stop and go, sembra che qualcosa si muova e che i paesi Europei possano arrivare presto ad un accordo. Vedremo.

Prezzo del gas elevato = inflazione = recessione

Ci sentiamo comunque di poter affermare che se il prezzo dell’energia non viene riportato velocemente sotto controllo, l’inflazione non è destinata a scendere in modo significativo e quindi la politica monetaria è destinata a rimanere restrittiva schiacciando la ripresa del PIL. Detto in altre parole, più tempo si aspetta a ridurre il costo dell’energia più lunga e profonda sarà la recessione, che potrebbe anche trasformarsi in depressione o stagflazione.

La strategia è sempre quella di privilegiare i titoli azionari di qualità

Non cambia la nostra strategia, che prevede innanzitutto la verifica di alcune condizioni prima di comprare (vedi W. Buffett). Queste sono: i manager devono aver gestito razionalmente i soldi degli azionisti, l’impresa e i managers devono aver realmente aumentato nel tempo i guadagni degli azionisti, al momento dell’acquisto il prezzo deve essere almeno inferiore del 25% al valore intrinseco, i manager devono essere in grado di convertire le vendite in profitti, l’impresa deve evitare l’eccesso di debito, e deve mantenere nel tempo un ROE superiore a quello medio del proprio settore.

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