USA: tassi ancora su a maggio e se l'inflazione non cala, anche a giugno o luglio


Gran parte degli analisti si aspetta che la FED rialzi i tassi di 25 bp a maggio e li manterrà stabili per tutto il 2023. Il mercato la pensa però diversamente. Le preoccupazioni per una recessione economica e per lo stress del settore bancario incoraggiano gli investitori a scontare un taglio di almeno 25 bp entro la fine del 2023.

Ma un taglio dei tassi sembra al momento improbabile tanto è vero che i rendimenti dei treasury sono aumentati nell’ultimo mese.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Richiesta WoW dei sussidi USA alla disoccupazione (stima 250k contro 245k della scorsa settimana) e PIL USA del 1Q23 (stima 2% contro 2,6% del 4Q22).

Ieri gli ordini USA di beni durevoli di marzo sono risultati decisamente più alti rispetto alle attese (3,2% contro 0,7% stimato e -1,2% di febbraio), lasciando intravedere un’economia che non sembra voler rallentare. Anzi.

Secondo un sondaggio di Reuters, oltre il 90% degli analisti si aspetta che la FED alzerà i tassi di 25 bp a maggio e poi manterrà i tassi stabili per il resto del 2023. Il sondaggio ha anche evidenziato che gli investitori si attendono per il 2023 una recessione breve e poco profonda.

Il mercato la pensa però diversamente. Le preoccupazioni per una recessione economica, evidenziate anche dalla FED nella scorsa riunione del 21-22 marzo, e le preoccupazioni per lo stress del settore bancario incoraggiano gli investitori a scontare un taglio di almeno 25 bp entro la fine del 2023.

Ma un taglio dei tassi sembra tuttavia poco probabile, soprattutto di fronte ad un'inflazione che supera di gran lunga il doppio dell'obiettivo del 2%, alla forza del mercato del lavoro e ad un significativo allentamento dello stress del settore bancario nelle ultime settimane.

I rendimenti dei Treasury statunitensi a due anni, che in genere riflettono le aspettative sui tassi di interesse a breve termine, sono aumentati di quasi 75 bp nell'ultimo mese, quale effetto di dati economici ancora solidi e che hanno ridotto la prospettiva di tagli dei tassi.

Mentre i tassi di interesse nelle economie avanzate hanno iniziato a salire, l'inflazione elevata ha diminuito i profitti potenziali delle società non in grado di aumentare i prezzi ad un aumento dei costi di produzione. Quello che abbiamo visto da quando la FED ha cominciato ad aumentare i tassi, è che occorre tempo prima che gli effetti della politica monetaria restrittiva si facciano concreti e di riflesso l’inflazione raggiunga l’obiettivo del 2%. Quindi, occorre tempo prima che i tassi di interesse reali nelle economie avanzate tornino ai livelli pre-pandemia.

Come i recenti problemi delle banche USA ci hanno dimostrato, il calo dei valori delle attività dovuto al forte e veloce aumento dei tassi di interesse produce un rischio, noto come rischio di tasso di interesse. Le banche centrali potrebbero subire pressioni per ridurre tale rischio che potrebbe indurle a rallentare gli aumenti dei tassi. Ma questo significa che saranno necessari tassi ancora più elevati e più a lungo termine.

E’ questo lo scenario che ci si prospetta? Difficile dirlo. Intanto nel corso di un'intervista il presidente della Fed di St. Louis, Jim Bullard (noto falco), ha chiesto un tasso ufficiale di picco molto più alto di quanto attualmente previsto, poiché l'inflazione rimane ostinatamente alta.

Al momento numerosi analisti prevedono che l'inflazione scenda all'obiettivo della banca centrale non prima del 2025. Il rischio maggiore è quindi quello l’inflazione faccia partire la spirale salari/prezzi, riducendo il margine di manovra della FED.

Per consentire una flessione della crescita dei prezzi dovuta alla domanda, occorrerebbe che il tasso di disoccupazione salga dall'attuale livello del 3,5% al ​​4,3% entro la fine del 2023 e in media al 4,5% nel 2024 (comunque ancora storicamente basso rispetto alle precedenti recessioni).

Se invece il mercato del lavoro rimane resiliente e l'inflazione rimane persistente, è probabile che la FED aumenti non solo a maggio ma anche a giugno e luglio. Se così sarà, è chiaro che la recessione diventa più probabile. Ma questa potrebbe ostacolare la capacità della FED di portare i tassi molto più in alto, soprattutto perché gran parte dei precedenti aumenti dei tassi non sono ancora filtrati nell'economia.

Detto in altri termini, se il sistema finanziario rimane stabile è possibile che all’aumento di 25 bp del 3 maggio ne segua almeno un altro di ulteriore 25 a giugno o luglio. Se tuttavia si dovesse aprire un’altra in grado di deteriorare le condizioni economiche e finanziarie. la domanda diventa quanto presto la FED invertirà la rotta e inizierà a tagliare i tassi, in modo aggressivo.

Il problema è che i tassi di interesse spesso impiegano un po' di tempo a filtrare attraverso l'economia e il mercato del lavoro è uno degli ultimi dati che finiscono per influenzare. Potrebbe necessitare oltre un anno prima che si cominci a vedere il pieno effetto di un aumento dei tassi sulla disoccupazione (un anno fa, i tassi erano ancora vicini allo zero per cento). Questo significa che con i tassi che non stimolano più la crescita economica, ogni aumento dei tassi da qui in avanti potrebbe avere un effetto ancora maggiore sull'economia. Motivo questo per il quale occorre valutare attentamente l’effetto che ogni variazione dei tassi da qui in avanti produce sull’economia, al fine di evitare squilibri difficili poi da aggiustare.

Molto prima che qualsiasi banca fallisse, i mercati temevano che la FED potesse alzare troppo i tassi (stile P. Volcker) per sconfiggere l'inflazione e portasse il sistema economico in recessione (ora stimata probabile al 64%). Se vogliamo, un altro esempio del timore degli investitori è la semplice osservazione della curva dei rendimenti: il decennale è scambiato al di sotto del tasso a 2 anni dall'inizio di luglio 2022. Questa curva dei rendimenti invertita è stata a lungo utilizzata come indicatore di recessione di Wall Street. È più di una semplice misura della paura. Quando la curva dei rendimenti si inverte, mostra che gli investitori si aspettano una flessione e rende anche il flusso di credito più restrittivo quando i prestiti a lungo termine sono più economici dei tassi a breve termine.

I recenti fallimenti bancari dimostrano che una curva dei rendimenti capovolta può causare danni reali ad alcune delle più grandi istituzioni finanziarie del mondo. La Silicon Valley Bank, che era la sedicesima società finanziaria più grande degli USA. Ha dovuto subire una perdita di 1,8 miliardi di dollari vendendo un portafoglio di titoli del Tesoro che aveva acquistato quando i tassi di interesse e i rendimenti erano bassi.

Se guardiamo alla storia, la FED è stata in grado di sconfiggere le grandi ondate di inflazione solo portando l'economia in recessione. Durante la stagflazione degli anni '70 e dei primi anni '80, la FED ha alzato i tassi di di riferimento fino a un intervallo obiettivo del 15-20%. Certo, ha portato a termine il lavoro, ma solo portando l'economia ad un brusco arresto, dando il via a quella che all'epoca era la peggiore recessione dai tempi della grande depressione.

La maggior parte degli aumenti dei tassi della FED potrebbe essere terminata, ma ogni aumento significa maggiori costi di prestito per i consumatori, anche su carta di credito, prestito personale, prestito auto e altro ancora. È improbabile che, una volta cresciuti, questi costi diminuiscano velocemente. Per farlo si dovrebbe vedere la FED che taglia i tassi.

Tassi più alti dell’ultimo decennio significano la fine del denaro a buon mercato. Occorre quindi agire ora per preparare il portafoglio alla nuova era di politica monetaria, in cui è improbabile che i costi di indebitamento tornino velocemente a livelli straordinariamente bassi.

Alla fine dell’era di denaro a buon mercato deve seguire un diverso approccio degli investitori i quali devono strutturare un portafoglio diversificato e di lungo periodo. Un portafoglio diversificato e un approccio a lungo termine proteggono nei momenti più brutali dei mercati.

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