Weibo sbarca a Hong Kong: esordio in picchiata per la Twitter cinese

Weibo sbarca a Hong Kong: esordio in picchiata per la Twitter cinese

Il social network ha deciso la sua seconda quotazione dopo quella a Wall Street, seguendo l’esempio di altre grandi tech del paese, sulla spinta della pressione delle autorità cinesi che stanno cercando di limitare il potere delle società di internet in Cina.

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L’esordio di Weibo

Inizio difficile per Weibo alla borsa di Hong Kong nel suo primo giorno di contrattazioni. Le azioni della società che viene spesso considerata come la Twitter cinese sono crollate subito in apertura rispetto al prezzo IPO di 272,8 dollari di Hong Kong, arrivando a cedere oltre il 7%.

Il tentativo di recupero delle ore successive, però, non è bastato e il titolo della società ha chiuso a 253 dollari di Hong Kong, confermando il calo di circa il 7%.

L’IPO a Hong Kong

L’esordio di Weibo arriva dopo un IPO in cui ha raccolto circa 385 milioni di dollari con la vendita di circa 11 milioni di azioni.

La società tecnologica ha dichiarato che il 45% del ricavato sarà destinato alla crescita della base utenti e “al miglioramento dell’ecosistema dei contenuti”. Il 25% verrà utilizzato per la ricerca e sviluppo, con il fine di “migliorare l’esperienza degli utenti e la capacità di monetizzare”, mentre il 20% verrà diviso tra le partnership, gli investimenti e le acquisizioni. Il restante 10%, infine, sarà riservato al capitale circolante.

Weibo era già presente a New York dal 2014 con la quotazione al Nasdaq e il suo valore di mercato si attesta attualmente intorno gli 8 miliardi di dollari, anche se nel 2018 aveva superato i 31 miliardi.

Si tratta di uno dei social network più utilizzati in Cina con 566 milioni di utenti attivi, anche grazie al blocco di Facebook e Twitter deciso dalle autorità.

La stretta cinese sui tech

La quotazione di Weiboo a Hong Kong rappresenta soltanto l’ultimo arrivo tra le società tecnologiche cinesi sul mercato ‘satellite’ cinese, dopo il motore di ricerca Baidu o il gruppo e-commerce Alibaba. La prossima potrebbe essere Didi, gigante del settore taxi in Cina, dopo l’annuncio del suo delisting a New York.

Tra le cause dietro questa scelta c’è la pressione del governo di Pechino, impegnato a limitare il potere delle grandi società di internet, rafforzando il controllo su di esse per raggiungere ‘l’autosufficienza tecnologica’.

In Cina erano già state introdotte una serie di leggi su questioni che andavano dall’anti-monopolio alla sicurezza dei dati, mandando in tilt gli investitori e spazzando via miliardi di dollari di valore dai giganti tecnologici del paese.

Gli sforzi della Cina per regolare le sue grandi compagnie internet dovrebbero continuare nel prossimo futuro, secondo Qi Wang, CEO di MegaTrust Investment (HK).

“Non crediate che sia finita qui, le mosse del governo proseguiranno anche nel corso dei prossimi anni”, avvisa Qui Wang, aggiungendo che probabilmente siamo già di fronte “al peggio”.

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