Alfa europeo: segnali di svolta tra politica fiscale e difesa

08/09/2025 13:00
Alfa europeo: segnali di svolta tra politica fiscale e difesa

Dopo venticinque anni di rincorsa, il divario tra Stati Uniti ed Europa torna al centro del dibattito: mentre stimoli fiscali e spesa per la difesa si rafforzano in Europa e lo scenario geopolitico si ridisegna, si aprono spiragli per valutazioni più interessanti e rendimenti da dividendo in grado di colmare parte dello sconto storico. La domanda per gli investitori è se questo sia un semplice rimbalzo o l’inizio di un punto di svolta strutturale.

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Un’egemonia in discussione

Negli ultimi venticinque anni si è consolidato un ampio divario tra performance economica e azionaria di Stati Uniti ed Europa. L’interrogativo, sottolinea Steve Magill, Co-Head of Global Equity di UBS Asset Management, è se i recenti segnali che incrinano questa egemonia americana siano passeggeri o preludano a un cambio di regime.

L’Europa avrebbe disorientato a lungo gli investitori: l’aumento della spesa per la difesa, la nuova politica tedesca più espansiva, la possibilità di una tregua e di un accordo di pace fra Russia e Ucraina e l’urgenza di maggiore autonomia strategica suggeriscono, per UBS AM, la necessità di una rivalutazione delle opportunità azionarie europee.

Venticinque anni di differenziale di crescita

Dal 2000 il Pil nominale degli Usa è cresciuto a un ritmo annuo di circa il 4,5%, contro il 3,4% dell’Eurozona. A livello più granulare, spiega Magill, il reddito disponibile reale pro capite è aumentato quasi il doppio negli Stati Uniti rispetto all’Unione europea. La radice è strutturale: a un vero mercato unico americano si contrappone in Europa un “mercato unico” composto da 27 Paesi, con ricadute su operatività, capex e ambiente competitivo.

Questo ha reso il Vecchio Continente meno dinamico per fare impresa, come mostrano la scarsa presenza di grandi player tecnologici e la frammentazione bancaria. La crisi finanziaria globale ha colpito entrambi i lati dell’Atlantico, ma la ricapitalizzazione degli istituti e la politica monetaria ultra-accomodante hanno riportato il Pil Usa ai livelli pre-crisi in poco più di tre anni, contro almeno sei per l’Eurozona, ricorda UBS AM.

Catalizzatori del cambiamento

Il possibile punto di svolta europeo nasce, per Magill, dalla convergenza di fattori geopolitici: l’invasione dell’Ucraina e la virata della politica commerciale statunitense. A marzo 2025 il nuovo governo tedesco ha annunciato piani di spesa fiscale pari a circa il 20% del Pil annuo, concentrati su difesa e infrastrutture e finanziati da un aumento del debito netto/Pil fino a circa l’80%. Benché gli altri grandi Paesi europei non abbiano la stessa solidità di bilancio della Germania, l’allentamento fiscale potrebbe diffondersi oltre confine, con impatti trasversali su mercati e settori.

Le guerre commerciali promettono di perturbare flussi consolidati: dopo due decenni di tariffe stabili che hanno favorito globalizzazione, riduzione dei costi e regolarità degli scambi, i nuovi accordi aprono opportunità di reshoring e di nuovi mercati di esportazione, evidenzia UBS AM.

Valutazioni e mercato azionario

Pur non coincidendo con l’economia reale, il mercato azionario di un’area ne rappresenta spesso un proxy. La netta sovraperformance delle azioni statunitensi negli ultimi vent’anni ha allargato il divario di valutazione con l’Europa, un gap che ha continuato a espandersi fino all’inizio del 2025, osserva Magill.

Le ragioni sono molteplici: diversa composizione settoriale, costo del capitale, principi contabili, strutture di incentivazione, regolamentazione e maggiore facilità di fare impresa in un mercato unico come quello Ua, rispetto a un’Europa fatta di 27 Paesi e oltre 200 lingue. La crescita tecnologica resta l’anomalia più evidente: UBS AM stima che circa il 25% del premio storico dell’ultimo decennio sia attribuibile alla maggiore esposizione tech statunitense rispetto all’Europa.

Tuttavia, la tecnologia non spiega tutto: lo sconto attuale è, per Magill, eccessivo. Alla luce dei catalizzatori citati, questo può essere il momento giusto per rivalutare le azioni europee, considerando anche rendimenti da dividendi interessanti che offrono reddito mentre si attende la riduzione dello sconto sul capitale, sottolinea UBS AM.

Una view settoriale

Per Magill la combinazione fondamentali solidi e disciplina di valutazione è cruciale. Settori che appaiono interessanti nello scenario macro possono rivelarsi mediocri se prezzati troppo cari. Gli ampi spread di valutazione dentro e tra i settori europei, uniti alla polarizzazione tra growth e value, lo confermano. Gli approcci value in Europa hanno segnato una battuta d’arresto dopo la crisi finanziaria globale, zavorrando le valutazioni. In questa cornice, UBS AM individua aree dove la combinazione di fondamentali e multipli resta attraente.

  • Banche: la salute del settore bancario è fondamentale per una crescita sostenibile. In Europa, la ripresa post-crisi è stata più lenta rispetto agli Usa: regolazione più rigida, tassi bassi e debole crescita dei prestiti hanno compresso i rendimenti. A quindici anni di distanza, però, i return sono risaliti fino a superare i pari statunitensi. Le banche dovrebbero essere tra i principali beneficiari dell’espansione fiscale europea, con rapporti di leva più equilibrati e la possibilità di crescere attraverso l’ampliamento dei portafogli prestiti, afferma Magill.
  • Sanità: otto delle prime venti società farmaceutiche per fatturato hanno sede in Europa. Il settore mostra punti di forza evidenti, dalle terapie oncologiche alla produzione di generici. Ha sottoperformato altri difensivi per il minore potere di pricing durante la fase di inflazione elevata, con valutazioni relative oggi sotto la media. Nel lungo termine, osserva UBS AM, la spinta R&S abilitata dalla tecnologia e l’invecchiamento della popolazione offrono traettorie di crescita convincenti che rendono la sanità europea un franchise strategico.
  • Prodotti a marchio: i marchi di lusso più iconici condividono la stessa geografia: l’Europa. Hanno affrontato una tempesta perfetta fra domanda estera debole, eccedenza di scorte nei canali e pressioni sui costi. Eppure, molte di queste aziende, sottolinea Magill, conservano valori di franchising durevoli. Le difficoltà recenti hanno spinto i titoli leader del comparto su valutazioni basse, creando punti d’ingresso per investitori con orizzonte di medio-lungo periodo.
  • Industriali: per gli investitori value, il vantaggio sta spesso nell’essere selettivamente contrarian. Pur sembrando il candidato naturale per la ripresa europea, il mondo industriale richiede prudenza. Le grandi società globali di beni strumentali trattano a multipli elevati rispetto ad altri sottosettori, come i fornitori di apparecchiature per i trasporti. Il comparto europeo è eterogeneo — dalle compagnie aeree ai macchinari fino ai servizi professionali — e le valutazioni variano ampiamente. Serve un approccio selettivo di stock picking, evidenzia UBS AM, perché l’ampiezza dell’universo offre occasioni, ma anche trappole di valore.

È il momento di crederci? L’economia e il mercato azionario europei hanno a lungo operato sotto potenziale. Secondo Magill, emergono segnali di cambio di marcia in grado di generare alfa. Per un gestore attivo, una ricetta unica per la “rinascita europea” non è ottimale. Un approccio selettivamente contrarian e sensibile alle valutazioni può rendere l’alfa europeo meno sfuggente di quanto sia apparso negli ultimi decenni, soprattutto in presenza di catalizzatori fiscali e geopolitici che ridisegnano catene del valore, capitale e prezzi nel Vecchio Continente, conclude UBS AM.

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