Ancora vendite a Wall Street, è sempre super dollaro

Ancora vendite a Wall Street, è sempre super dollaro

Il rapporto sul lavoro diffuso venerdì scorso aveva confermato la resilienza dell’economia statunitense, aumentando le previsioni di tassi alti per maggior tempo rispetto a quanto atteso nei mesi precedenti.

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Wall Street in rosso

Inizio di settimana a Wall Street che si preannuncia caratterizzato dalle vendite sulla scia della chiusura in rosso di venerdì, quando i dati sull’occupazione avevano sostenuto le previsioni di una Federal Reserve ancora ‘hawkish’ per gran parte del 2025. Le previsioni sui tassi hanno fatto salire i rendimenti dei Treasury decennali ai massimi da 14 mesi del 4,79%.

Oggi la musica non cambia e i future sul Nasdaq cedono oltre l’1% quando manca circa un’ora all’avvio delle contrattazioni ufficiali, seguiti dai contratti sullo S&P500 (-0,70%) e da quelli sul Dow Jones (-0,20%). Il petrolio aumenta i suoi guadagni e il Brent supera quota 81 dollari, così come il greggio WTI, scambiato oltre i 77 dollari al barile.

Questa settimana entra nel vivo la stagione degli utili negli Stati Uniti, con le principali banche in prima linea nei prossimi giorni. Nella sola giornata di mercoledì 15 gennaio ci sono in calendario le trimestrali di Citigroup, Jp Morgan, Wells Fargo e Goldman Sachs, il giorno successivo è prevista la pubblicazione dei numeri di Bank of America e Morgan Stanley.

Il super dollaro

Non si ferma la corsa del dollaro partita con il forte dato sul mercato del lavoro USA e il cambio EUR/USD scende a 1,0198 (-0,50%), ai minimi dal novembre 2022.

I dati di venerdì hanno mostrato che la crescita occupazionale negli Stati Uniti ha accelerato inaspettatamente a dicembre e il tasso di disoccupazione è sceso al 4,1%, costringendo gli investitori a ridimensionare pesantemente le scommesse sui tagli dei tassi della Fed quest'anno.

Inoltre, "le nuove tensioni con Mosca, dopo l'introduzione delle recenti sanzioni su gas e petrolio, hanno ampliato l'avversione al rischio sui mercati spingendo ancor di più gli investitori verso il biglietto verde, inteso come asset difensivo", spiegano gli analisti di Intesa Sanpaolo.

Secondo gli esperti di ING, i maggiori rischi per il trend ribassista dell'EUR/USD provengono diversi fattori quali la nuova amministrazione statunitense che cerca di convincere il dollaro a scendere, un cessate il fuoco in Ucraina o dalle tariffe statunitensi molto più selettive. "L'Europa rimane impantanata in una crescita debole e una leadership debole”, sottolineano dal broker, aggiungendo che se “un certo sostegno fiscale potrebbe emergere nella seconda metà dell'anno con un nuovo governo tedesco, il trend ribassista dell'EUR/USD dovrebbe comunque dominare".

Una Fed da falco

I dati di venerdì aveva hanno aumentato le aspettative che nella prima economia del mondo l'inflazione stia virando al rialzo e ora gli investitori prezzano anche la probabilità che le politiche del governo entrante (20 gennaio) di Donald Trump - come i dazi e il giro di vite sull'immigrazione clandestina - possano minacciare il commercio globale e alimentare le pressioni sui prezzi, in un momento in cui anche la Fed ha segnalato prospettive poco chiare per la politica monetaria.

“Dopo un rapporto sull'occupazione molto forte, pensiamo che il ciclo di tagli sia finito", scrive Aditya Bhave, vice capo economista statunitense di BofA, alla luce di una “inflazione bloccata al di sopra dell'obiettivo, con rischi di rialzo". Ora il dibattito nella Fed “dovrebbe spostarsi sui rialzi dei tassi, che potrebbero essere in gioco se il core PCE a/a supera il 3% e le aspettative d'inflazione si sgonfiano", ha aggiunto, riferendosi alla misura della spesa per consumi personali dei prezzi preferita dalla Fed.

Questa settimana, intanto, sono attese le dichiarazione di almeno cinque funzionari della Fed, dalle quale potrebbero emergere la loro opinione circa la sorpresa occupazionale, con l'influente presidente della Fed Bank di New York, John Williams, che interverrà mercoledì.

Notizie societarie e pre market USA

Moderna (-8%): prevede ricavi annui compresi tra 1,5 e 2,5 miliardi di dollari, range inferiore alla precedente previsione di 2,5-3,5 miliardi e alle aspettative del mercato di 2,95 miliardi (dati LSEG).

Johnson & Johnson (+0,10%): acquisterà il produttore di farmaci Intra-Cellular Therapies (+35%) per circa 14,6 miliardi di dollari, incrementando la propria presenza nel mercato dei trattamenti per i disturbi neurologici.

Macy's (-2%): prevede ricavi netti per il quarto trimestre leggermente inferiore alla fascia bassa dell'intervallo di 7,8-8 miliardi di dollari precedentemente comunicato.

Eli Lilly (-0,70%): ha citato in giudizio due centri termali (Thrive Health and Wellness LLC e Valhalla Vitality LLC.) per aver venduto prodotti non approvati che sostengono di contenere tirzepatide, l'ingrediente principale del suo popolare farmaco per la perdita di peso Zepbound.

Lululemon Athletica (+4%): ha alzato i suoi obiettivi per il trimestre in corso e ora prevede ricavi netti compresi tra 3,560 e 3,580 miliardi di dollari e un utile per azione tra 5,81 e 5,85 dollari.

Raccomandazioni analisti

Tesla

Morgan Stanley: ‘buy’ e prezzo obiettivo alzato da 400 a 430 dollari.

Netflix

Guggenheim: ‘buy’ e target price incrementato da 825 a 950 dollari.

Meta Platforms

Morgan Stanley: ‘buy’ e prezzo obiettivo rafforzato da 600 a 660 dollari.

Wells Fargo Securities ‘buy’ target price aumentato da 641 a 685 dollari.

Alphabet

Morgan Stanley: ‘buy’ e prezzo obiettivo alzato da 205 a 215 dollari.

Amazon

Morgan Stanley: ‘buy’ e target price incrementato da 230 a 280 dollari.

HSBC: ‘buy’ e prezzo obiettivo aumentato da 225 a 270 dollari.

Arete: ‘buy’ e target price alzato da 227 a 260 dollari.

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