Ancora vendite sul petrolio, Goldman Sachs riduce le sue previsioni

Ancora vendite sul petrolio, Goldman Sachs riduce le sue previsioni

In attesa dei dati sull’inflazione USA previsti per domani, la banca americana riduce notevolmente le sue attese sui prezzi del petrolio in un contesto di tagli alla produzione e rischi dovuti alla politica monetaria restrittiva della Federal Reserve.

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Petrolio in calo

Previsioni ribassiste per Goldman Sachs sui prezzi del petrolio, oggi ancora in calo dopo aver registrato la seconda flessione settimanale consecutiva la scorsa settimana sulla scia di deludenti dati economici cinesi che hanno compensato la spinta arrivata dall’impegno dell’Arabia Saudita a tagliare la produzione.

Questa mattina i future sul Brent e quelli sul greggio WTI cedono il 2% e si attestano rispettivamente a 73,22 dollari e 68,59 dollari al barile.

“Tutti gli occhi sono ora puntati su due fattori chiave che influenzeranno la direzione dei prezzi del petrolio”, prevede Sugandha Sachdeva, direttore esecutivo e chief strategist di azioni, valute e materie prime presso Acme Investment Advisors.

In primo luogo, spiega l’esperto, “la lettura dell’inflazione statunitense (domani) sarà attentamente analizzata dagli operatori di mercato per cercare indizi sul clima economico generale”, a cui si aggiungono “le prospettive politiche della Federal Reserve per l’anno prossimo guideranno il corso dei prezzi del petrolio”.

Downgrade di Goldman Sachs

Gli analisti di Goldman Sachs hanno tagliato le loro previsioni sul prezzo del petrolio a causa di forniture più elevate del previsto da parte di Russia e Iran, oltre a prevedere maggiori forniture per il 2024 per i due produttori e il Venezuela di un totale di 800.000 bpd.

A questo punto, le previsioni della banca per il prezzo del greggio a dicembre sono scese a 86 dollari al barile per il Brent dai 95 dollari precedenti, e a 81 dollari al barile per il WTI da 89 dollari previsti precedentemente.

“I tagli dell'Opec+ ridurranno la pressione sui prezzi del petrolio a lungo termine aumentando la capacità inutilizzata, che si prevede aumenterà di 2,5 milioni di barili al giorno all'anno nel terzo trimestre di quest'anno”, scrivono dalla banca americana in una nota pubblicata ieri.

Il calo dei prezzi del petrolio di 10 dollari, arrivato negli ultimi due mesi nonostante l’annuncio dell’Arabia Saudita, è dovuto all’aumento dei rifornimenti da parte dell’Iran e della Russia, “spingendo il posizionamento speculativo a livelli quasi record”, ha sottolineato la banca.

Secondo GS, “la riduzione completa della produzione saudita potrebbe durare tre mesi prima di essere dimezzata a 500.000 bpd a partire da ottobre 2023” e, a questo punto, un deficit del mercato petrolifero di oltre 2 milioni di bpd potrebbe spingere i prezzi del petrolio verso “gli 80 dollari medi”.

La Federal Reserve

Gli investitori tengono d’occhio anche la decisione sui tassi d'interesse della Federal Reserve statunitense prevista per mercoledì 14 giugno.

Il recente accordo sul tetto del debito negli Stati Uniti e i dati economici positivi hanno alimentato le speranze che la Fed sospenda il suo programma di aumento dei tassi.

“Se non ci saranno grosse sorprese sul fronte dell'inflazione, la Fed dovrebbe mantenere invariati i tassi di interesse”, ha dichiarato Ipek Ozkardeskaya, analista senior di Swissquote Bank, aggiungendo che “questo non significa che la Fed abbia finito di aumentare i tassi”.

“Qualunque pausa si verifichi questa settimana, sarà accompagnata da una dichiarazione da falco e dalla minaccia che la Fed possa riprendere i rialzi dei tassi nella prossima riunione”, ha aggiunto l’esperta, pertanto un aumento dei tassi di interesse potrebbe rallentare l'economia globale e frenare la domanda di greggio con ripercussioni sui prezzi.

“I prezzi del petrolio si trovano in uno scontro tra due forze opposte, i ribassisti che puntano alla contrazione monetaria e i rialzisti che si aspettano un calo delle scorte nel secondo semestre 2023”, secondo Francisco Blanch di Bank of America Global Research.

Gli ‘orsi’ “manterranno il sopravvento per ora, dato che i prezzi del petrolio faranno fatica a salire fino a quando la Fed non allenterà l’offerta di moneta”, aggiunge Blanch, e da BoA prevedono ancora una media di circa 80 dollari al barile per il Brent nel 2023.

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