Banche centrali ad un bivio: rialzo da 75 o da 50 punti? Le previsioni degli analisti

Banche centrali ad un bivio: rialzo da 75 o da 50 punti? Le previsioni degli analisti

Oggi e domani arriveranno le decisioni della Federal Reserve, della Banca centrale europea e della Bank of England tra dati sull’inflazione incoraggianti e con sullo sfondo i timori di un rallentamento economico.

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Fed e BCE protagoniste

Iniziata la due giorni delle banche centrali quando si avvia a terminare un anno che verrà ricordato come quello della grande crisi inflazionistica innescata anche da una crisi energetica importante, simile al 1973 e al 1979.

Proprio per combattere l’alto livello dei prezzi in tutto il mondo, la Federal Reserve, la Banca centrale europea e la Bank of England sono attese proseguire ancora nelle loro politiche restrittive sui tassi di interesse.

Previsioni sulla Fed

Il FOMC, il comitato di politica monetaria della Federal Reserve, arriva alla conclusione del suo meeting iniziato ieri da quattro rialzi consecutivi da 75 punti e gli analisti si interrogano sulla possibilità di un rallentamento.

Questa volta (ore 20 italiane) l’aumento potrebbe essere di mezzo punto, portando così i tassi all’interno di un range compreso tra 4,25% ed il 4,50%.

Già lo stesso Presidente Powell, atteso parlare nella consueta conferenza stampa (ore 20:30 italiane) post decisione, aveva indicato la possibilità di un rallentamento della stretta monetaria.

Secondo gli analisti di Generali Investments, i quali si attendono un rialzo odierno da 50 punti, il FOMC dovrebbe poi rallentare a 25 punti a febbraio e marzo.

La svolta dovrebbe arrivare nel primo trimestre 2023 secondo questi esperti, con un primo taglio dei tassi da 50 punti base dopo un rallentamento dell’economia americana, se non addirittura una recessione.

Stesso rialzo da mezzo punto atteso anche da Pictet Wealth Management, ma i suoi analisti si attendono comunicazioni ‘hawkish’: “la Fed probabilmente sottolineerà il rischio che un mercato del lavoro ancora rigido alimenti una spirale salari-prezzi”, spiegano.

Se l’aumento dei tassi da 0,50 è previsto anche da Carmignac, alla luce del percorso della Fed annunciato verso un tasso del 5%, “è improbabile che si verifichino grandi sorprese in occasione delle prime riunioni del 2023, soprattutto considerando lo spostamento del focus di Powell dall'inflazione spot all'obiettivo più a lungo termine di un’inflazione al 2%”.

Le attese sulla BCE

Alle decisioni della Fed seguiranno domani quelle della Banca centrale europea, con il tasso di riferimento dell’istituto arrivato al 2% dopo l’ultimo rialzo da 75 punti.

Molto si attendono un ‘effetto domino’ dal rallentamento della Fed previsto per oggi, portando i loro colleghi europei ad un rialzo da mezzo punto, anche in considerazione dell’incoraggiante dato dell’inflazione nella zona euro a novembre (10% rispetto al 10,4% atteso e al precedente 10,6%).

“Ci aspettiamo un aumento più contenuto di 50 punti base, in linea con l’orientamento di molte altre banche centrali che hanno rallentato il ritmo dei rialzi a causa del picco raggiunto dall’inflazione e delle prospettive economiche per il prossimo anno”, scrive Paul Diggle Deputy Chief Economist di Abrdn.

Anche se “le pressioni inflazionistiche rimangono elevate”, sottolinea Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO, “riteniamo che la BCE aumenterà i tassi di interesse di 50 punti base”.

Il consiglio direttivo dell’istituto centrale dovrebbe anche “indicare un ulteriore aumento dei tassi”, prevede Veit, chiarendo che “un’impostazione neutrale della politica potrebbe non essere appropriata in tutte le condizioni e ci aspettiamo una transizione verso incrementi di 25 punti base l’anno prossimo, mentre il ciclo di rialzo passa dalla normalizzazione all’inasprimento della politica”, anche alla luce “dell’attenuarsi delle pressioni inflazionistiche”.

Non dimenticare la BoE

Ultima, ma non per importanza, sarà la Bank of England, attesa domani alle ore 13 italiane decidere sulla sua politica monetaria.

Molti evidenziano come il board britannico sia diviso sul da farsi alla luce di un quadro economico di stagflazione e di decisioni fiscali inappropriate ed avventurose da parte del governo precedente.

L’inflazione di novembre aveva rallentato (+0,4%) più del previsto (+0,6%) e soprattutto rispetto al dato di ottobre (2%), mentre quello annuale scendeva al 10,7% dall’11,1%.

In generale, le attese sono per un aumento di mezzo punto al 3,5%, tasso ai massimi degli ultimi 14 anni, anche se la decisione sarà certamente molto sofferta e il governatore Andrew Bailey sarà costretto a esercitare forti pressioni sui banchieri per cercare di domare un’inflazione ormai al livello più alto degli ultimi 41 anni.

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