Bce ferma per qualche tempo, dagli Usa inflazione moderata

La riunione di ieri della Bce si è rivelata interlocutoria: tassi invariati e nessuna novità sostanziale, se non una valutazione meno pessimista sui rischi di crescita e una leggera revisione al ribasso delle stime d’inflazione al 2027. Parallelamente, dagli Stati Uniti arrivano dati sull’inflazione di agosto in linea con le attese, senza effetti immediati dai dazi, mentre cresce l’attenzione sul rallentamento del mercato del lavoro.
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Una riunione interlocutoria per la Bce
La Bce ha scelto di mantenere i tassi invariati, confermando un approccio prudente. Come sottolineato da Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, i rischi per la crescita, precedentemente considerati “al ribasso”, sono ora definiti “bilanciati”, mentre le proiezioni per l’inflazione al 2027 sono state leggermente ridimensionate.
Durante la conferenza stampa, la presidente Christine Lagarde ha indicato che il tasso sui depositi al 2% (pari al target inflazionistico) appare adeguato e potrebbe rimanere tale per un periodo prolungato, con la consueta clausola del “data dependent”.
La decisione è stata unanime e, come evidenziato da Cesarano, non è stato discusso il TPI, il programma anti-spread. Sul tema dei bond francesi, Lagarde ha evitato riferimenti diretti, ribadendo di non voler commentare le situazioni di singoli Paesi.
Inflazione Usa e primi segnali di rallentamento
Oltre alla riunione della Bce, l’altro appuntamento atteso della giornata di ieri riguardava i dati sull’inflazione statunitense di agosto. I numeri si sono rivelati perfettamente in linea con le stime, confermando che non emergono per ora impatti dai dazi introdotti da Washington. Tuttavia, come osservato da Cesarano, gli effetti reali potrebbero manifestarsi nei prossimi trimestri, quando le imprese statunitensi avranno esaurito le scorte accumulate durante l’estate.
Un segnale importante arriva dal deficit commerciale relativo ai soli beni, ampliatosi a luglio di oltre 100 miliardi di dollari, proprio nella fase intermedia con dazi al 10% e prima dell’entrata in vigore definitiva delle aliquote. Intanto, i mercati hanno rivolto lo sguardo al mercato del lavoro Usa, con le richieste di sussidi di disoccupazione superiori alle attese e i rendimenti decennali vicini al 4%.
Le prospettive per Bce e Fed
Cosa aspettarsi dalla Bce? Secondo Cesarano le comunicazioni della Bce suggeriscono che i tassi resteranno invariati almeno fino a fine anno, grazie a un quadro in cui non emergono rischi immediati né sul fronte della crescita né su quello dei prezzi, con il cambio euro-dollaro stabile in un range di consolidamento.
La Bce, pur restando immobile, potrebbe prendere in considerazione un ulteriore taglio soltanto qualora l’euro si rafforzasse fino a minacciare la rottura della soglia di 1,20 contro il dollaro, con le conseguenti ripercussioni sull’export europeo.
Dagli Stati Uniti, invece, il contesto porta a ipotizzare 2-3 tagli della Fed entro fine anno, una dinamica già in parte scontata dai mercati.
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