Certificate a capitale totalmente protetto sull’oro, potenziale guadagno fino al 50%

Da inizio anno l'oro è salito di oltre il 50%. Alcuni analisti hanno iniziato a temere correzioni consistenti, se non addirittura lo scoppio di una bolla.
L'alto debito pubblico dei mercati sviluppati, i forti acquisti da parte delle banche centrali e le tensioni geopolitiche che sostengono la domanda di beni rifugio rendono molto remota questa possibilità e, per questo, l’oro sembra indirizzato verso ulteriori vette. Secondo Goldman Sachs l'oro arriverà a 4.900 dollari a fine 2026.
In questo scenario, il certificate a capitale totalmente protetto di BNP Paribas con Isin XS3146627172, con durata quattro anni e prezzo vicino alla pari , consente di cavalcare il rialzo dell’oro fino a un +50% (pari a un rendimento annuo del 12,5%), offrendo al contempo una protezione totale (al 100% in dollari) del capitale investito. Se l’oro supera la performance del +50%, il rimborso resta di 133 dollari (rendimento annuo dell’8,25%), mentre in caso di ribasso il capitale è protetto al 100%.
Un’opportunità interessante per chi cerca rendimento senza rinunciare alla protezione.
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Le forze che muovono il prezzo dell’oro
Tre anni di rialzi, tre mesi consecutivi di progressi e quattro trimestri positivi di fila: è la fotografia di un mercato, quello dell'oro, in pieno fermento. Se non fosse per un lieve calo (-0,4%) nel terzo trimestre 2024, l’oro avrebbe inanellato nove trimestri consecutivi di crescita, confermando un trend rialzista che dura da sette semestri.
Più dei numeri colpisce un primato simbolico: 45 nuovi massimi storici da inizio anno, contro i 33 dell’S&P 500, i 31 del Nasdaq 100, i 18 dello Stoxx 600 e i 34 del DAX. Persino il Bitcoin si ferma a 13 record e Nvidia a 26, mentre nessun titolo industriale europeo, da Leonardo a Rheinmetall, riesce a tenere il passo.
Tutta questa spinta da dove arriva? Tre sono le forze che trainano il metallo giallo: la domanda strategica delle banche centrali, quella finanziaria degli investitori e quella tattica degli speculatori. Oggi tutte e tre agiscono nella stessa direzione, alimentando un momentum senza precedenti.
La domanda strategica delle banche centrali è la prima componente. Dal 2022 gli istituti monetari di tutto il mondo comprano oro a ritmo sostenuto. Il congelamento delle riserve russe ha mostrato che il rischio non è più solo economico ma anche geopolitico: accumularlo equivale a proteggersi dalla “weaponization” del dollaro e dalle sanzioni occidentali. Paesi come Cina, Turchia, Qatar e Singapore stanno incrementando le riserve auree per ridurre la dipendenza dal dollaro e rafforzare la propria autonomia finanziaria.
La domanda finanziaria arriva dagli investitori e dagli ETF, che riscoprono il metallo come alternativa ai bond in un contesto di rendimenti reali in calo e tassi decennali americani sotto il 4%. L’oro, più che una scommessa sui tassi, diventa una scommessa sulla fiducia. Da inizio anno, la sua performance supera di cinque volte quella dell’S&P 500 e quasi raddoppia quella del bull market partito nell’ottobre 2022. È un segnale di sfiducia nelle banche centrali e nelle loro capacità di difendere il valore della moneta.
La nuova corsa all’Intelligenza Artificiale, con la prospettiva di una “AI war” tra Stati Uniti e Cina, agisce da acceleratore. Per finanziare la supremazia tecnologica, gli Stati Uniti potrebbero essere costretti a stampare di nuovo, aumentando deficit e liquidità. Con un debito elevato e nuove preoccupazioni sull’indipendenza della Fed, il metallo giallo è l’antitesi del dollaro: più si stampa, più l’oro si rafforza.
Infine, c’è la domanda tattica degli speculatori, che seguono il momentum del mercato. Con lo shutdown federale che blocca i dati macro, i timori sulle banche regionali americane e i Treasury sotto il 4%, il denaro affluisce verso gli asset più sicuri. Ogni notizia su svalutazioni, rischi sistemici o nuove tensioni tra Trump, la Cina e l’intelligenza artificiale innesca un nuovo flusso verso l’oro, che sale non malgrado la volatilità, ma grazie ad essa.
Esporsi al rialzo dell’oro rimanendo protetti
Tra le tante scelte di investimento interessanti per puntare sulla futura crescita della materia prima gialla ma al tempo stesso mettere in atto una strategia di copertura è il certificate emesso da BNP Paribas con Isin XS3146627172 e durata di quattro anni. Si tratta di un prodotto a capitale totalmente protetto in dollari che segue la performance dell’oro fino a rialzi del 50% dal livello iniziale di 4.016,25 dollari.
Alla data di osservazione finale del 9 ottobre 2029 gli scenari sono tre:
- in caso di calo dell’oro dal livello iniziale, l'investitore verrà rimborsato a 100 dollari;
- in caso di rialzo tra lo 0 e il 50% il rimborso rifletterà la performance del sottostante uno a uno (rimborso minimo da 100 dollari fino a un massimo di 150 dollari, ovvero pari a un rendimento del 12,5% annuo in dollari);
- oltre il +50% della performance dell’oro dal livello iniziale, il rimborso sarà sempre a 133 dollari pari al 20% in tre anni (8,25% annualizzato in dollari).
La durata del certificate è di quattro anni, ma il risparmiatore potrà uscire dall’investimento quando vorrà perché il market maker è sempre presente sul mercato.
In pratica, la proposta di BNP Paribas funziona così, se l’oro continuerà a fare bene in Borsa si può guadagnare fino a un massimo del 50% rispetto al livello iniziale, come un tetto di massimo guadagno. Oltre il +50% di rialzo del prezzo si guadagna comunque una quota fissa del 33% in quattro anni, pari a un rendimento dell'8,25% annuo.
Se l’oro dovesse correre più del 50% allora l’investitore avrebbe fatto meglio a investire direttamente sul metallo prezioso ma sarebbe esposto in caso di ribasso.
Al contrario però in caso di calo dell’oro, chi acquista il certificate a scadenza verrà rimborsato interamente del suo capitale investito pari a 100 dollari di valore nominale, chi invece avrà puntato sul metallo giallo avrà semplicemente perso tanto quanto la performance dell’oro in Borsa dal livello iniziale.
E dopo un rally del genere, la protezione appare quasi un obbligo.
Il certificate oggi quota vicino alla parità a 100 dollari, con l’oro in ribasso dell'1,1% dal livello iniziale. Segue una tabella riassuntiva dei principali livelli di riferimento del certificate.
Capitale protetto al 100% e denominazione in dollari
La protezione del capitale investito è una caratteristica fondamentale di questo prodotto perché oltre al sottostante che è un bene rifugio, amato da chi cerca protezione, si aggiunge un ulteriore fattore di solidità. Il certificate è totalmente protetto, ovvero significa che in casi di calo dell’oro il rimborso previsto dall’emittente è pari al valore nominale di 100 dollari. Una protezione che il classico investitore in oro non ha.
Ricordiamo però che il capitale è protetto al 100% non garantito, in caso infatti di default dell’emittente l’investitore rischia di perdere il capitale investito. Il garante BNP Paribas gode di un’ottima solidità finanziaria: S&P e Moody’s hanno attribuito giudizi rispettivamente pari ad A+ e Aa3, a conferma di un rischio di insolvenza ad oggi remoto.
Il certificate è denominato in dollari Usa. Questo offre un rischio/opportunità maggiori, ad esempio, in caso di apprezzamento del dollaro sull’euro l‘investitore beneficerà di una performance maggiorata e viceversa peggiorata in caso di deprezzamento del dollaro sull’euro.
Questo prodotto gode di una classificazione di rischio molto bassa, in una scala da 1 a 7 è stata valutata solo 2, livello tra i minori per un certificate.
Oro, bene rifugio con fondamentali solidi
Agli inizi di ottobre l’oro ha infranto la soglia psicologica dei 4mila dollari l’oncia, registrando una crescita superiore al 50% da inizio anno e segnando il maggior incremento dal 1979, quando, nel pieno della crisi energetica e dell’impennata inflazionistica, mise a segno un +127%. Un rally così forte ha inevitabilmente acceso il dibattito tra gli investitori: per alcuni osservatori più prudenti potrebbe trattarsi dell’anticamera di una bolla speculativa, ma secondo gli esperti, non sarebbe questo il caso. Il movimento attuale, infatti, è sostenuto da fondamentali economici solidi che riflettono un contesto di incertezza monetaria e geopolitica, in cui l’oro ha ritrovato il proprio ruolo di riserva di valore.
Uno dei principali catalizzatori della domanda è rappresentato dal debito globale delle maggiori economie, dagli Stati Uniti alla Cina fino al Giappone. Livelli di indebitamento record stanno spingendo le banche centrali a ridurre i tassi d’interesse o a mantenerli bassi, così da alleggerire l’onere fiscale. Negli Usa, ad esempio, il debito pubblico ha raggiunto il 120% del Pil, un record in tempi di pace, e ogni aumento dell’1% dei tassi comporta un incremento dell'1,2% del Pil in interessi da rimborsare.
I tassi reali negativi riducono il costo opportunità di detenere oro, che non produce rendimenti, rendendo la commodity più attraente dei titoli sovrani. Parallelamente, l’allentamento monetario della Fed, la persistenza dell’inflazione e le tensioni fiscali in Regno Unito e Francia (dove i governi di Starmer e Lecornu affrontano vincoli di bilancio e difficoltà parlamentari) spingono ulteriormente gli investitori verso asset tangibili e beni rifugio.
L’oro diventa così il simbolo della fuga dal rischio di svalutazione valutaria e dalla crescente incertezza sulla sostenibilità del debito pubblico, come confermato anche dal recente downgrade di Moody’s che ha tolto il rating massimo (Aaa) al credito statunitense.
Le tensioni geopolitiche sostengono la domanda
Lo scenario geopolitico si è profondamente trasformato dal 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina che ha rotto la storica correlazione tra prezzo dell’oro e tassi reali. Il congelamento degli asset russi in dollari ha eroso parte dello status del biglietto verde come valuta rifugio, soprattutto in Asia, spostando il baricentro del mercato aureo verso Cina e India.
Questo mutamento riflette un processo di dedollarizzazione in corso, in cui le banche centrali stanno accumulando oro a ritmi record, oltre 1.000 tonnellate in tre anni, pari a circa il 20% del mercato globale. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dal dollaro e diversificare le riserve. Gli istituti centrali possono anche prestare le riserve auree generando profitti da interessi, un vantaggio non accessibile agli investitori privati.
Il margine di crescita resta ampio: gli investimenti in oro rappresentano meno del 2,5% degli asset finanziari globali, e diversi asset manager di primo piano, come Ray Dalio di Bridgewater e Mike Wilson di Morgan Stanley, raccomandano allocazioni tra il 15% e il 20% del portafoglio in metallo giallo.
Il rally dell’oro di quest'anno appare oggi meno emotivo e più strutturale rispetto al passato: a sostenerlo non sono dinamiche speculative, ma politiche monetarie accomodanti, debito crescente e tensioni geopolitiche persistenti. Tutti elementi che, sulla carta, continueranno a sostenere il metallo prezioso come bene rifugio per eccellenza anche nei prossimi mesi.
L'oro digitale spinge il metallo come collaterale
Il World Gold Council (Wgc) ha annunciato l’avvio, nel primo trimestre del 2026, di un progetto pilota per digitalizzare l’oro e favorirne l’uso come collaterale finanziario, nel tentativo di difendere il primato del mercato londinese e al tempo stesso intercettare nuove opportunità in un contesto di prezzi record e competizione globale.
L’iniziativa non ha come obiettivo la creazione di stablecoin ancorate all’oro, già in forte crescita grazie a Tether Gold e Pax Gold, ma la costruzione di un’infrastruttura tecnologica che renda il metallo prezioso più facilmente utilizzabile al pari degli Attività Liquide di Elevata Qualità (High-Quality Liquid Assets), oggi rappresentati da titoli di Stato con rating elevato.
La sfida è superare gli ostacoli regolatori e pratici (come la grandezza dei lingotti standard Good Delivery Lbma) che ne hanno finora limitato la diffusione. Secondo il ceo del Wgc, David Tait, il successo del progetto offrirebbe alle banche "l’opportunità di utilizzare l’oro in bilancio come collaterale", aprendo nuove fonti di profitto non solo per gli istituti più attivi sul mercato come JP Morgan, Hsbc e Ubs, ma per tutto il sistema.
L’iniziativa si inserisce nel più ampio programma Gold247, che già a gennaio ha visto l’introduzione di una blockchain per tracciare l’origine dei lingotti, e potrebbe rappresentare un passo decisivo in risposta alla classificazione di Basilea 3, che riconosce come Tier1 solo l’oro fisico allocato e declassa quello non allocato a Tier3. Proprio per superare questa dicotomia, Wgc e London Bullion Market Association (Lbma) propongono ora una terza forma di oro digitale: i Pooled Gold Interest (PGI), unità digitali legate a frazioni di lingotti custoditi in trust da banche, compagnie minerarie o dalla stessa Lbma, che si qualificherebbero come oro allocato e potrebbero essere comprate e vendute con facilità.
Attenzione: Il Certificate XS3146627172 è soggetto ad un livello di rischio pari a 2 su una scala da 1 a 7.
Ricordiamo che investire in certificati espone l’investitore al rischio fallimento dell’emittente e a quello di azzeramento di un sottostante, casi che possono comportare la perdita dell’intero investimento.
BNP Paribas gode di un buon rating:
- A+ da parte di S&P
- Aa3 da parte di Moody's
I potenziali rendimenti indicati sono sempre al lordo della tassazione.
Prima di ogni investimento leggere sempre tutti i documenti scaricabili dalla pagina del prodotto dell’emittente.
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