Credit Suisse, ‘cavalleria’ in arrivo?

Indiscrezioni giornalistiche parlano di investitori pronti a lanciarsi nell’avventura della banca mentre è in corso la seconda parte dell’aumento di capitale da 4 miliardi di franchi, iniziato con l’ingresso della Saudi National Bank.

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Credit Suisse ancora in rally

Seconda giornata consecutiva in recupero per Credit Suisse, alle prese con un nuovo piano strategico e un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi.

Oggi le azioni della banca svizzera balzano del 5% dopo due ore di contrattazioni alla borsa di Zurigo, ancora in scia positiva dopo il +9,26% della chiusura di venerdì scorso, ritornando così a quota 3,11 franchi, lasciata a fine novembre.

Il recupero delle ultime due sedute arriva dopo aver perso oltre il 33% dallo scoppiare della crisi di metà novembre.

La lista degli investitori

La prima parte dell’aumento di capitale, pari a 1,76 miliardi di franchi, si era conclusa e aveva visto l’ingresso nell’azionariato della Saudi National Bank con il 9,9% del capitale.

Mentre è in corso la seconda parte, finalizzata a raccogliere altri 2,24 miliardi, secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, il principe ereditario saudita e primo ministro, Mohammad bin Salman, starebbe prendendo in considerazione l’ipotesi di investire 500 milioni di dollari in Credit Suisse.

Il nome del saudita si aggiunge a quello della Atlas Merchant Capital del banchiere Bob Diamond che starebbe valutando un investimento per un altro mezzo miliardo di dollari.

Nomi che potrebbero essere riferiti alle dichiarazioni arrivate dalla stessa banca svizzera, la quale aveva dichiarato l’esistenza di impegni da parte di un investitore per la stessa cifra, anche se l’istituto non aveva diffuso alcun nome.

Fine della volatilità?

Il balzo del valore delle azioni arrivato a fine settimana scorsa era stato innescato dalle dichiarazioni del presidente di Credit Suisse, Axel Lehmann, arrivate nel corso di un’intervista rilasciata Bloomberg Television.

Lehman aveva previsto la fine del periodo di estrema volatilità del titolo, la quale dovrebbe arrivare al momento della fine dell’aumento di capitale.

Secondo il presidente di CS, “il rapporto prezzo/valore contabile è pari a circa 0,2, rispetto a quello dei suoi concorrenti che si aggirano intorno al valore contabile” e “non c’è nessuna barriera che ci impedisca di recuperare e tornare a quel livello. Anche se non posso dire quando accadrà, c’è la possibilità di ottenere risultati positivi”.

Il liquidity coverage ratio della banca, indicatore della quantità di asset facilmente vendibili disponibili per far fronte alle obbligazioni, è attualmente al 140% dopo essere sceso la scorsa settimana tra il 120% e il 130%, da un livello di circa il 190% alla fine del terzo trimestre.

Infine, Lehmann affermava di aver perso solo un piccolo numero di clienti, portando a una perdita di capitali, ma “quando la banca ritornerà solida, torneranno, almeno in parte”.

La soluzione

Una possibile soluzione della crisi di Credit Suisse potrebbe arrivare qualora la banca fosse oggetto di un’acquisizione, scrive il quotidiano svizzero SonntagsZeitung (SoZ).

Il candidato preferito del media sarebbe Julius Bär, già presente sulla piazza di Lugano, realizzando così il ‘reverse takeover’, ovvero l’acquisizione di una grande società da parte di una più piccola.

Tra i nomi stranieri indicati da SoZ, invece, ci sono quello della tedesca Deutsche Bank e della francese BNP Paribas.

La soluzione permetterebbe al deflusso dei fondi dei clienti di essere interrotto, ai costi di rifinanziamento di essere dimezzati e alle cause legali di essere sospese, spiega il media.

Inoltre, sarebbe possibile un’ulteriore massiccia riduzione dei costi, in quanto non sarebbero più necessari circa 2700 posti di lavoro amministrativi, con un risparmio di mezzo miliardi di franchi l’anno.

Complessivamente, calcolano da CoZ, Credit Suisse avrebbe un valore di 40 miliardi, a fronte degli 11,7 segnati dalla borsa, con uno scarto di 28 miliardi quale prezzo dei rischi presenti nella banca,

Condizione che la costringe a farsi prestare soldi a interesse molto superiori a quelli applicati ad altre realtà, ma che terminerebbe nel caso in cui arrivasse l’aiuto della ‘cavalleria’.

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