Credit Suisse, il salvataggio di UBS non tranquillizza i mercati

Ieri era stata annunciata l’acquisizione del gigante svizzero per 3 miliardi di dollari ma questa mattina le vendite colpiscono tutto il settore bancario europeo, compresi i titoli delle due protagoniste dell’operazione.

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Credit Suisse e UBS in calo

In Svizzera l’hanno definita “l’acquisizione della vergogna”, uno “scandalo storico” avvenuto in una “giornata disastrosa” o addirittura di “domenica bestiale”, citando il cantautore italiano Fabio Concato.

Se i media ticinesi non sono stati teneri sul salvataggio di Credit Suisse da parte di UBS, il mercato ha accolto con una pioggia di vendite l’operazione nel giorno dopo l’annuncio dei 3 miliardi di dollari che la storica rivale di CS investirà.

A seguito dell’acquisizione, gli azionisti di Credit Suisse riceveranno 1 azione UBS ogni 22,48 azioni CS possedute, pari 0,76 franchi svizzeri per azione, molto al di sotto del valore in borsa di venerdì, quando il titolo aveva chiuso a 1,86 CHF.

A farne le spese sui mercati sono soprattutto i titoli delle due banche protagoniste, in particolare Credit Suisse (70 centesimi) che crolla di oltre il 62% nei primi minuti di scambi, mentre UBS cede ‘solo’ l’8% (15,64 CHF).

Non si salva nemmeno il resto del settore bancario europeo, visti gli affondi di Société Générale (-7%), BNP Paribas (-7%), Bper Banca (-6%), Banco Sabadell (-6%), Monte dei Paschi di Siena (-6%), Bper Banca (-6%), Unicredit (-5%) e Banco BPM (-5%), solo per citarne le peggiori.

Il salvataggio

Lo storico accordo, raggiunto per cercare di disinnescare la crisi in atto nel sistema, vede anche il sostegno fino a 100 miliardi di liquidità da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) per far fronte a eventuali perdite di Credit Suisse, a cui si aggiungono 9 miliardi di garanzie pubbliche a copertura di esuberi, cause legali e minusvalenze da cessioni.

Inoltre, UBS beneficia anche di una protezione dai ribassi di 25 miliardi di franchi svizzeri dalla transazione per sostenere gli adeguamenti dei prezzi di acquisto e i costi di ristrutturazione e un’ulteriore protezione dai ribassi del 50% sugli asset non core.

Se “le prossime ore di contrattazioni ci daranno un quadro più preciso per capire se la crisi è contenuta”, spiega Ipek Ozkardeskaya, analista senior di Swissquote Bank, “in teoria, non c’è motivo per cui la crisi di Credit Suisse si estenda, dato che quello che ha innescato l’ultimo terremoto per CS è stata una crisi di fiducia, che non riguarda UBS, una banca al di fuori delle turbolenze, che ha, inoltre, ampia liquidità e garanzie da parte della BNS e del governo”, ha aggiunto l’esperta.

Intervento dello stato

La Confederazione svizzera ha “veramente” spinto UBS ad acquisire Credit Suisse (CS), secondo François Savary, analista svizzero e responsabile degli investimenti di Prime Partners, secondo il quale l’operazione dimostra “la prima banca svizzera (UBS) ha avuto difficoltà a trovare un puro interesse economico in questa fusione”. “Impegnarsi in una nuova ristrutturazione e gestire la questione del futuro della banca d’investimento di Credit Suisse non era ciò che il management di UBS desiderava di più”, ha dichiarato oggi a La Liberté.

A dimostrare queste difficoltà, spiega, sono “il numero di condizioni poste da UBS per la realizzazione della fusione”, tra cui “prezzo basso, garanzia, questione del credit default swap (Cds): UBS voleva limitare al minimo il rischio di perdite nell'operazione ed è per questo che inizialmente ha offerto un miliardo di franchi a condizione che la Confederazione concedesse cinque miliardi di garanzie sugli investimenti della parte meno sana, la banca d'investimento di Credit Suisse”.

UBS si rafforza

In ogni modo, il management di UBS definito nella tarda serata ha definito il suo interesse verso Credit Suisse come “strategico”.

Con l’acquisizione di Credit Suisse, UBS diventa così un gestore patrimoniale leader a livello globale con 5 trilioni di dollari di asset investiti a livello di gruppo e opportunità di valore sostenibile, rafforzando ulteriormente la sua posizione Europa e in Svizzera, dove diventerà un asset management leader e un patrimonio investito di oltre 1,5 trilioni di dollari.UBS prevede dalla combinazione delle due attività una riduzione dei costi di oltre 8 miliardi di dollari entro il 2027 e un importante aumento degli utili per azione entro il 2027.Inoltre, il colosso rimarrà capitalizzato ben al di sopra del suo obiettivo del 13%, mantenendo viva la politica di dividendi progressivi in contanti.La nuova realtà vede una banca d’investimento fedele al modello di UBS: le attività strategiche di Global Banking saranno mantenute e la maggior parte delle posizioni di mercato del Credit Suisse passano a non-core.

Denunce in arrivo?

Dubbi sulle basi giuridiche dell’operazione arrivano dal Professor Peter V. Kunz, specialista di diritto bancario, attendendosi quindi denunce contro la Confederazione.“Il fatto che gli azionisti di Credit Suisse non vengano nemmeno consultati è una procedura completamente al di fuori delle norme legali”, spiegava nel corso di un’intervista pubblicata da Blick e dalle testate Tamedia. 

“Solo venerdì, si diceva ancora che le liquidità della banca fossero sufficienti” e “proprio per queste dichiarazioni gli azionisti potrebbero intraprendere vie legali”, aggiungeva.“Denunce arriveranno anche perché gli investitori sono stati posti davanti al fatto compiuto”, concludeva Kunz, sottolineando che “con l’uso del diritto d’urgenza il Consiglio federale danneggia addirittura il Paese: in Svizzera ora gli investitori devono partire dal presupposto di poter essere espropriati senza base legale”.

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