Dazi Usa, la nuova offensiva di Trump colpisce anche il Pharma e i beni di consumo

Una nuova ondata di tariffe voluta da Donald Trump scuote i mercati e apre scenari inediti per l’industria farmaceutica e manifatturiera globale. Dazi fino al 100% su farmaci importati, colpi pesanti su camion, mobili e arredi, mentre Wall Street mostra le prime crepe dopo i massimi storici.
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La nuova ondata di tariffe e il cambio di sentiment
L’annuncio del presidente Usa, Donald Trump, segna un’estensione senza precedenti della politica dei dazi. Non solo farmaci, ma anche camion pesanti, mobili da cucina e bagno e arredi imbottiti finiscono sotto tiro, con tariffe rispettivamente del 25%, del 50% e del 30%.
Il tutto avviene mentre gli indici americani restano vicini ai massimi storici, ma le ultime tre sedute hanno già registrato correzioni e segnali di cautela: come fa notare Gabriel Debach, market analyst di eToro, il Fear & Greed Index (vedi figura sottostante) mostra la fine della fase di avidità e il passaggio a un atteggiamento più prudente da parte degli investitori.
Per Debach, l’attuale fase di mercato riflette un punto di svolta: la fiducia resta elevata, ma la prospettiva di tariffe così invasive alimenta un sentiment più difensivo.
Una doppia morsa per le big pharma
Dal primo ottobre scatterà un dazio del 100% su tutti i farmaci brandizzati importati negli Stati Uniti, con un’unica eccezione: le aziende che hanno già avviato la costruzione di stabilimenti produttivi sul territorio americano.
Questa mossa non colpisce solo un comparto, ma un intero modello industriale. La catena del valore del Pharma è tra le più globalizzate e dipende da reti produttive diffuse a livello internazionale. Colpire con dazi al 100% significa, spiega Debach, mettere pressione non solo ai margini, ma anche alla struttura stessa del settore.
Il comparto si trova così stretto da due lati. Da un lato, si legge nel report di eToro, i negoziati IRA sui rimborsi Medicare, che prevedono tagli fino al 65% rispetto alle medie internazionali e coinvolgono blockbuster come Ozempic, Wegovy e Austedo. Dall’altro, la minaccia di tariffe punitive che spingono a riorganizzare filiere e strategie di pricing.
Goldman Sachs calcola che il Pharma tratti oggi a sconto del 36% rispetto all’S&P 500, un livello che riflette non tanto un rallentamento ciclico, quanto un “policy risk” ormai strutturale. In altre parole, l’annuncio di Trump ha solo formalizzato ciò che il mercato stava già scontando: la politica industriale Usa colpisce contemporaneamente sia la produzione sia i prezzi di vendita.
Geografia degli accordi e impatti differenziati
L’impatto dei dazi non sarà uniforme. Come spiega Debach, l’Europa ha già siglato un accordo che fissa la tariffa al 15%, così come il Giappone. La Svizzera, invece, resta più esposta con un dazio al 39%. Paesi come Regno Unito, India e Cina non dispongono di protezioni simili e rischiano di subire in pieno l’impatto della tariffa del 100%.
Questa geografia degli accordi, secondo Debach, accentua le divergenze competitive e rischia di ridisegnare le catene di approvvigionamento a favore delle regioni che hanno ottenuto condizioni agevolate.
La combinazione di dazi e negoziati IRA produce un doppio effetto: da una parte riduce i ricavi, dall’altra aumenta i costi, comprimendo i margini. Le imprese farmaceutiche si trovano costrette a duplicare impianti, rivedere programmi di ricerca e sostenere spese di compliance più elevate, con un impatto diretto sulla redditività e sulla capacità di innovazione.
Si tratta di una doppia morsa che non ridisegna solo i conti economici, ma la stessa geografia industriale del settore.
Le performance del comparto farmaceutico
I dati di mercato parlano chiaro: tra le prime venti big pharma mondiali, la mediana delle performance da inizio anno è negativa del 7%. Un andamento debole che contrasta con la forza degli indici azionari globali.
Campioni della narrativa come Eli Lilly e Novo Nordisk hanno registrato ribassi rispettivamente del 7% e del 42% da inizio 2025, mentre colossi americani come Merck, Pfizer e Bristol Myers hanno perso terreno a doppia cifra. Solo poche eccezioni riescono a emergere in positivo: Johnson & Johnson con un +26%, Galderma con +35% e la cinese Jiangsu Hengrui con un impressionante +58%.
Per Debach, questi dati confermano che il settore vive una fase di fragilità sistemica, in cui i dazi e le politiche pubbliche contano più dei fondamentali economici.
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