Diversificazione dimezzata e concentrazione raddoppiata, il paradosso dei mercati

19/08/2025 14:30
Diversificazione dimezzata e concentrazione raddoppiata, il paradosso dei mercati

La regola d’oro della finanza è semplice: non mettere tutte le uova nello stesso paniere. Eppure, il 2025 racconta l’esatto opposto. Nei mercati globali, la concentrazione del potere in poche mega-cap si è accentuata, riducendo drasticamente l’efficacia della diversificazione. Dall’Italia agli Stati Uniti fino agli indici mondiali, il divario tra “ricchi” e “poveri” si è amplificato.

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Il principio e il paradosso

Chi vive i mercati lo impara presto: diversificare significa bilanciare i rischi. Eppure, come nella società, anche in Borsa la forbice tende ad allargarsi. Come spiega a “ricchi” e “poveri” si è amplificato. Come spiega Gabriel Debach, market analyst di eToro, Le grandi aziende diventano monarchie incontrastate, mentre la coda fatica a tenere il passo. Il 2025 rappresenta un caso da manuale di questo paradosso. Prima di guardare agli Stati Uniti, però, conviene partire dall’Italia.

Ftse Mib: la concentrazione sale, ma l’equal-weight corre

A fine luglio, i tre principali titoli del Ftse Mib (UniCredit, Intesa Sanpaolo ed Enel) hanno portato la loro quota complessiva dal 34,5% di dicembre al 40,8%. UniCredit ha guadagnato terreno fino al 16,6%, superando Intesa (14,1%) e lasciando Enel stabile al 10%.

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Nonostante questa concentrazione, l’indice equiponderato ha battuto nettamente quello tradizionale: +26,9% contro +19,2% da inizio anno. Come sottolinea Debach, il comparto bancario continua a trainare grazie a margini d’interesse record, commissioni in crescita (soprattutto nell’advisory e nella gestione patrimoniale) e bilanci rafforzati. La BCE ha avviato i tagli, ma la trasmissione è lenta, e il risiko bancario tiene alta l’attenzione.

Nell’equal-weight, tuttavia, non sono solo le banche a emergere. Iveco, Leonardo e Telecom Italia si candidano come nuovi protagonisti, segnalando un reale allargamento del breadth (ampiezza di mercato). Dei 40 titoli del paniere, solo 12 sono in rosso da inizio anno, concentrati in settori specifici: salute (Diasorin, Amplifon), moda e auto (Moncler, Ferrari, Stellantis), energia (Tenaris, Saipem) e alcuni industriali colpiti dai dazi e dal rallentamento automotive (Interpump, STM). Un mercato non ancora per tutti, ma non più dominato solo da pochi colossi.

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Wall Street: il peso dei Magnifici 7 e l’illusione della diversificazione

Negli Stati Uniti, invece, il quadro è opposto. L’ETF RSP, che replica l’S&P 500 con pesi uguali, segna +5,5% da inizio anno. Lo SPY, che replica l’indice tradizionale, segna +7,1%. La differenza nasce dalla concentrazione estrema del listino.

A luglio, si legge nel report di eToro, i primi dieci titoli dello S&P 500 pesavano il 37,7%. Nvidia da sola rappresentava l’8,17%, Microsoft il 7,42% e Apple il 5,65%. A fine 2024 i pesi erano inferiori. Oggi il settore tech (incluso quello delle comunicazioni) vale il 44% dell’indice. Il contributo alla performance è ancor più sbilanciato: Nvidia ha spiegato da sola 218 punti base, pari al 28% della crescita complessiva. Sommando Microsoft si arriva al 49%. Quasi metà del rialzo è frutto di due soli titoli.

Finché l’intelligenza artificiale resta il motore del mercato, i giganti continuano a sostenere l’indice. Ma porzioni intere dello S&P restano in ombra. Intanto, il listino quota a 22 volte gli utili forward, con i titoli growth a 32 volte e i value a 18. Lo spread valutativo racconta una leadership sempre più ristretta.

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Settori difensivi in declino

A Wall Street le utilities pesano appena il 2,5%, i consumer staples il 5,3% e la sanità il 9%. Nel complesso, sottolinea Debach, questi settori difensivi rappresentano oggi solo il 16,8% dello S&P 500, il livello più basso da oltre vent’anni. Tradizionalmente, tali comparti, insieme ai Treasury a lunga scadenza, costituivano una protezione contro i ribassi. Oggi queste coperture si sono rivelate inefficaci: i Magnifici 7 hanno ridimensionato i difensivi, mentre le obbligazioni faticano a riprendersi nonostante siano passati quasi dieci mesi dal primo taglio dei tassi.

Il capitale si orienta verso nuove forme di protezione e diversificazione: attività reali, materie prime, infrastrutture, oro, asset digitali e strategie multi-asset. Cresce anche l’interesse per scommesse regionali e internazionali di valore, in cerca di equilibrio in un contesto dominato dai giganti tecnologici.

Tassi, timing e il possibile riscatto dell’equal-weight

La storia americana mostra un pattern ricorrente: dopo l’avvio di cicli di tagli della Fed, gli indici equiponderati tendono a sovraperformare. Dal 1990 in avanti, spiega Debach, ogni fase di allentamento ha favorito l’allargamento della partecipazione e la rivalutazione delle mid-cap.

Oggi i tassi restano al 4,25-4,50%, ma il job report debole ha cambiato le aspettative. Il mercato prezza con probabilità oltre l’80% un taglio a settembre, e 50 punti base complessivi entro l’autunno. Se il ciclo di easing dovesse partire, il 2026 potrebbe diventare l’anno del riscatto per l’equal-weight, a condizione che la recessione resti leggera e che gli utili reggano.

Le distorsioni globali e morale provvisoria

Anche a livello internazionale le distorsioni si amplificano. Come puntualizza Debach, l’ETF ACWI, che replica l’indice MSCI All Country World, assegna a Nvidia un peso del 5,15%, superiore all’intero mercato giapponese (4,78%) e quasi doppio rispetto a Francia (2,4%) e Germania (2,25%) messe insieme. Microsoft pesa il 4,43%. Gli Stati Uniti nel complesso rappresentano il 64,7% dell’indice. Un paradosso in piena era della globalizzazione: un singolo titolo pesa più del secondo mercato azionario mondiale.

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Secondo Debach, la fine del 2025 e l’inizio del 2026 potrebbero segnare un punto di svolta. Dalla concentrazione esasperata a un ritorno della breadth, dove qualità e valutazioni torneranno ad avere voce. Per ora, Wall Street resta appesa al trono di Nvidia e al boom dell’intelligenza artificiale. A novembre si celebreranno tre anni dal lancio di ChatGPT, simbolo del rally. Ma la leva dei tassi è pronta a muoversi. E con essa, forse, anche l’idea che la diversificazione non sia solo teoria.

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