Eni, Descalzi verso la riconferma. Problemi in Kazakistan

Proseguono le trattative nell’esecutivo per la nomina delle società partecipate ma la conferma dell’attuale amministratore delegato sembra non essere in discussione, mentre il Kazakistan ha annunciato l’avvio di una procedura di arbitrato nei confronti di alcune società di gestione di due giacimenti petroliferi in cui è coinvolta Eni.
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Ancora Descalzi all’Eni
Governo in piene trattative per il rinnovo dei vertici delle grandi società partecipate come Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna, solo alcune delle 105 società da 190 miliardi di ricavi in attesa dei nuovi manager, per 610 nomine totali.
Nonostante le rassicurazioni arrivate ieri da Matteo Salvini, l’esecutivo ancora non ha completato il puzzle dei nomi, ma appare ormai certa la riconferma di Claudio Descalzi, molto apprezzato per impegno e risultati, mentre resta incerto il nome da assegnare alla presidenza dell’Eni, sulla quale ha messo gli occhi la Lega, in particolare con l’europarlamentare Antonio Rinaldi, al centro di voci di corridoio.
La ‘quadra’, in ogni modo, dovrebbe arrivare entro giovedì 13 aprile, giorno in cui secondo l’Ansa dovrebbero essere messi nero su bianco in un’unica tornata tutti i nomi.
Il ruolo di Descalzi
Descalzi entra in Eni nel 2014 e, in caso di conferma, diventerà l’amministratore delegato più longevo del gruppo dalla sua fondazione, arrivata nel 1953.
Il manager è stato particolarmente attivo lo scorso anno nell’assicurare al governo le forniture alternative di gas al momento della riduzione dei flussi russi verso l’Italia dopo l’invasione dell’Ucraina.
Le nuove sfide riguardano la trasformazione dell’Italia in un importante hub del gas proveniente dal Nord Africa e dal Mediterraneo verso il resto d’Europa.
Descalzi, però, è stato criticato dai sostenitori della transizione energetica, in quanto questi ritengono che l’Eni dovrebbe investire maggiormente nel settore dell’energia rinnovabile.
L’arbitrato in Kazakistan
Ieri il Kazakistan ha annunciato l’avvio di una procedura di arbitrato contro alcune società di gestione di giacimenti petroliferi in Kashagan e Karachaganak, rispettivamente per 13 e 3,5 miliardi di dollari di costi dedotti.
Il giacimento di Kashagan, una delle maggiori scoperte degli ultimi decenni, è controllato da Eni (16,81%), Shell (16,81%), TotalEnergies (16,81%), ExxonMobil (16,81%), kazMunayGas (16,81%), Ipex (7,56%) e CNPC (8,4%).
A Karachaganak, Eni e Shell detengono entrambe il 29,25%, insieme a Chevron 18%, Lukoil 13,5% e Kazmunaigaz, controllata dallo Stato kazako, con il 10%.
Le accuse
Le società sono state accusate di aver dedotto una parte dei costi dalle entrate, prima di dividere queste ultime con il governo sulla base dell’accordo di partecipazione agli utili.
Nel caso in cui il governo kazako dovesse vincere l’arbitrato, secondo Bloomberg potrebbe ricevere una quota maggiore di entrate dai due giacimenti.
Il Ministro dell’Energia, Almasadam Satkaliyev ha motivato queste cause come intentate “nell’interesse del popolo kazako”, rifiutando di fornire ai giornalisti ulteriori dettagli sulle richieste di risarcimento.
L’effetto su Eni
Gli analisti di Equita Sim ricordano che il Kazakistan “non è nuovo a dispute con le compagnie petrolifere”, in quanto già “nel 2020 il consorzio Karachaganak (KPO), guidato da Shell ed Eni, ha risolto per 1,3 miliardi di dollari una disputa con il governo kazako sulla condivisione dei profitti del progetto, dopo che nel 2011 in un’altra disputa aveva ottenuto il 10% della quota del progetto”. “Il contenzioso del Kazakhstan era già stato paventato a marzo 2023”, aggiungono dalla sim, ritenendo che “la cifra in gioco sia molto più bassa per i due giacimenti e che potrebbero essere necessari anni per risolvere la controversia”.
Se da Equita mantengono la raccomandazione ‘buy’ sul titolo Eni e un target price 19,50, da WebSim Intermonte confermano il giudizio ‘neutral’, con prezzo obiettivo di 15 euro rispetto ai 13,788 euro di questa mattina (+0,05%).“Ci aspettiamo lunghe controversie legali, come in passato per altri contenziosi, che potrebbero sfociare in un accordo per un incremento della quota della compagnia di Stato kazaka KMG nei due consorzi (attualmente 16,9% a Kashagan e 10% a Karachaganak, quest’ultima acquisita nel 2011 a seguito di contenziosi legali)”, prevedono da Intermonte.
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