Intelligenza Artificiale, otto motivi per cui non è una nuova bolla dotcom

24/10/2025 13:00
Intelligenza Artificiale, otto motivi per cui non è una nuova bolla dotcom

Dalla corsa dei titoli tecnologici alle valutazioni record, il parallelo tra l’attuale boom dell’intelligenza artificiale e la bolla Internet di fine anni ’90 è inevitabile. Le analogie si fermano alla superficie: l’AI non è una moda passeggera, bensì una trasformazione strutturale, sostenuta da fondamenta economiche e industriali più solide, da capitali selettivi e da una governance rafforzata.

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Una nuova ondata tecnologica

L’intelligenza artificiale (AI) non è un episodio isolato, ma una nuova tappa in un percorso di evoluzione tecnologica che ha già attraversato il personal computer, Internet, il mobile e il cloud. Come sottolinea Alison Porter, Portfolio Manager di Janus Henderson, ogni ondata ha ridefinito l’economia globale, ponendo le basi per la successiva. Oggi l’AI rappresenta la quarta grande rivoluzione del calcolo, capace di coinvolgere l’intero ecosistema tecnologico, dai semiconduttori all’infrastruttura cloud, dai software ai dispositivi fino all’energia necessaria per alimentarli.

A differenza della bolla dotcom, che esplose rapidamente dopo una fase di crescita euforica, la trasformazione in atto si sviluppa nel tempo, generando valore reale e duraturo. Le innovazioni legate all’intelligenza artificiale si stanno radicando in ogni settore, con un impatto tangibile sull’economia e sui modelli di business. Per Porter, l’attuale fase non può essere interpretata come una bolla destinata a scoppiare, ma come l’inizio di un ciclo di crescita strutturale.

Gli 8 motivi che rendono l’AI diversa dalla bolla dotcom

L’analisi di Janus Henderson individua otto elementi chiave che distinguono l’attuale ondata AI dalla corsa speculativa dei primi anni 2000.

Il primo è l’assenza di un fattore esogeno come l’“effetto Y2K”. Alla fine del secolo scorso, il timore del millennium bug aveva spinto le imprese a un’accelerazione artificiale degli investimenti IT, creando un picco di domanda non sostenibile. Oggi, al contrario, non esiste un evento contingente che gonfi la spesa tecnologica, ma un trend organico di adozione e integrazione.

Sul fronte della governance, l’ambiente regolamentare è radicalmente diverso. Le frodi contabili di casi come WorldCom o Enron contribuirono allora a distorcere la percezione del mercato. Oggi la trasparenza è molto più alta grazie a normative come il Sarbanes-Oxley Act, che ha rafforzato i controlli sui bilanci e la responsabilità delle aziende quotate.

Un terzo elemento distintivo riguarda i finanziamenti: la crescita dell’AI è alimentata da capitali privati e corporate di lungo periodo, e non da IPO speculative. Società come OpenAI, Anthropic e XAI raccolgono fondi per progetti concreti, come data center e infrastrutture. Solo il 20% delle aziende tech registra oggi perdite, contro oltre un terzo durante la bolla Internet.

Dal punto di vista finanziario, la complessità delle partnership incrociate tra grandi player come NVIDIA, OpenAI, AMD o Oracle può sembrare analoga a quella di venticinque anni fa, ma in realtà si basa su cash flow reali e obiettivi industriali concreti, non su debito o leva eccessiva.

Anche le catene di approvvigionamento sono oggi più bilanciate. Negli anni 2000, molte start-up raccoglievano capitale solo per acquistare hardware, causando sovrapproduzione e magazzini pieni. Oggi la capacità di calcolo è gestita dai grandi hyperscaler come Microsoft, Google e Amazon, in grado di adattare rapidamente la capacità “on demand”, evitando distorsioni strutturali.

Un altro fattore cruciale è la dimensione geopolitica: mentre la bolla Internet era figlia della globalizzazione, l’AI si sviluppa in un contesto di deglobalizzazione e sovranità tecnologica. Molti Paesi stanno investendo per garantire autonomia digitale e controllo sui dati, trasformando l’AI in un pilastro della competitività nazionale.

Il quadro macroeconomico è inoltre più equilibrato rispetto agli anni ’90, quando inflazione e rialzo dei tassi avevano accelerato la crisi del mercato tecnologico. Oggi prevalgono segnali di allentamento monetario, che rendono il contesto meno restrittivo.

Infine, le valutazioni non sono gonfiate da aspettative irrealistiche, ma supportate da utili reali. Nel 2000 il settore tech valeva più del doppio del mercato pur senza profitti, mentre oggi il rapporto si attesta su 1,3 volte, con aziende come NVIDIA che hanno trainato i mercati grazie a un’espansione effettiva di ricavi e margini operativi, non per speculazione.

Un ciclo destinato a evolversi nel tempo

L’intelligenza artificiale, secondo Porter, rappresenta una trasformazione strutturale dell’economia, non una semplice bolla speculativa. Come per le grandi rivoluzioni tecnologiche del passato, serviranno anni per svilupparne pienamente il potenziale, e il percorso sarà caratterizzato da fasi di crescita e correzione.

L’attuale fase di entusiasmo è destinata a evolvere, ma senza replicare il crollo delle dotcom. Le opportunità d’investimento, sostiene Porter, restano ampie e diversificate, mentre l’AI continuerà a ridisegnare processi produttivi, mercati e modelli economici.

Pur riconoscendo che l’intensità degli investimenti e il ritmo dell’innovazione possano generare maggiore volatilità, Porter ritiene che l’AI sia un ciclo che si consoliderà nel tempo, creando valore reale e duraturo. Un cambiamento non speculativo, ma strutturale e soprattutto irreversibile.

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