L’oro torna a brillare e aggiorna nuovi record storici

Le aspettative di nuovi tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve e le tensioni geopolitiche spingono di nuovo gli investitori verso i beni rifugio e alcuni analisti ritengono che il nuovo anno vedrà ancora le stesse dinamiche per le materie prime.
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Oro a nuovi massimi storici
Nuovo massimo storico toccato dall’oro, ancora protagonista tra le crescenti tensioni geopolitiche e le attese per ulteriori tagli dei tassi di interesse statunitensi.
Il prezzo spot dell’oro arriva a superare i 4.400 dollari per la prima volta nella storica, con un massimo a 4.420,35 dollari l’oncia toccato stamattina, mentre il future con scadenza a febbraio 2026 saliva fino a 4.452,85 dollari.
Brilla anche l’argento: il prezzo post supera i 69 dollari (69,4545 dollari) e il future va oltre i 69,51 dollari l’oncia.
Entrambi i metalli preziosi si stanno dirigendo verso i loro maggiori guadagni annuali dal 1979. L'oro è aumentato di circa due terzi nel 2025, sostenuto dall'aumento degli acquisti da parte delle banche centrali e dagli afflussi nei fondi negoziati in borsa garantiti da lingotti.
Anche gli investitori hanno svolto un ruolo importante nell'ascesa dell'oro, stimolati in parte dal cosiddetto debasement trade, ovvero un ritiro dai titoli di Stato e dalle valute in cui sono denominati per timore che il loro valore si eroda nel tempo a causa dell'aumento dei livelli di debito.
Gli ETF garantiti dall'oro hanno visto gli afflussi aumentare per cinque settimane consecutive, secondo i dati raccolti da Bloomberg, e i dati del World Gold Council mostrano che le partecipazioni totali in questi fondi sono aumentate ogni mese quest'anno, tranne maggio.
Le cause del rally
"Il rally odierno è in gran parte guidato dal posizionamento iniziale attorno alle aspettative di taglio dei tassi della Fed, amplificato dalla scarsa liquidità di fine anno", secondo Dilin Wu, stratega di Pepperstone Group Ltd, con “la lenta crescita dell'occupazione e l'inflazione statunitense inferiore alle attese a novembre che hanno supportato la prospettiva di ulteriori tagli dei tassi”.
Gli acquisti da parte delle banche centrali, la domanda fisica e la copertura geopolitica sono stati "ancoraggi a medio-lungo termine, mentre la politica della Fed e i tassi reali continuano a guidare le oscillazioni cicliche", secondo Wu. I nuovi entranti nel mercato dell'oro, come gli emittenti di stablecoin come Tether e alcuni dipartimenti di tesoreria aziendali, stavano creando una "base di capitale più ampia" che "aggiunge resilienza alla domanda", ha affermato in una nota.
Oltre alla prospettiva di ulteriori tagli dei tassi, gli acquisti sono guidati dalle "preoccupazioni geopolitiche, in particolare relative all'Ucraina e alla recente strategia di sicurezza nazionale dell'amministrazione Trump", ha affermato Nicholas Frappell, responsabile globale dei mercati istituzionali presso ABC Refinery di Sydney, aggiungendo che anche le tensioni tra Giappone e Cina e la situazione in Venezuela stanno sostenendo l'oro.
Un 2026 ancora protagonista secondo Goldman Sachs
La corsa dell’oro, però, potrebbe non essere finita secondo gli analisti di Goldman Sachs che prevedono un nuovo rialzo fino ai 4.900 dollari l’oncia entro dicembre 2026, pari ad una crescita di circa l’11% rispetto ai livelli attuali.
La banca statunitense individua due pilastri fondamentali per il nuovo anno, ovvero una domanda strutturalmente elevata da parte delle banche centrali e il sostegno ciclico derivante dall’allentamento della politica monetaria americana. A questi si aggiungono rischi al rialzo legati a una possibile maggiore diversificazione dei portafogli anche da parte degli investitori privati.
Per quanto riguarda le altre materie prime, per GS l’argento (seppur più volatile) beneficerà indirettamente dello stesso contesto macro e della sua duplice natura di bene rifugio e metallo industriale, mentre platino e palladio trovano supporto nelle prospettive di riequilibrio dei rispettivi mercati.
Consolidamento anche per il prezzo del rame secondo il broker anche nel 2026, con un prezzo medio di 11.400 dollari per tonnellata metrica, nell’ipotesi di base di uno scenario caratterizzato da incertezza sul fronte dei dazi doganali persisterà fino a un possibile annuncio a metà 2026 che gli Stati Uniti applicheranno dazi doganali sul rame raffinato nel 2027.
“Nonostante il recente rialzo dei prezzi del rame e il consolidamento previsto per il 2026, questo rimane il nostro metallo industriale ‘preferito’, soprattutto nel lungo periodo, poiché l’elettrificazione – che guida quasi la metà della domanda di rame – implica una crescita strutturalmente forte della domanda e poiché l’offerta delle miniere di rame deve affrontare vincoli unici”, concludono da Goldman Sachs.
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BNP Paribas
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