Media europei, la sopravvivenza passa dal digitale

Il panorama mediatico europeo vive una trasformazione radicale. Alla luce dell’accordo tra MFE e ProSiebenSat, si ridisegnano gli equilibri competitivi: non più pubblico contro privato, ma tradizionale contro digitale. Ecco i punti di forza e di debolezza dei principali gruppi televisivi europei.
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La rivoluzione digitale e il declino del dualismo
Per decenni, la televisione europea è stata definita dal dualismo tra pubblico e privato, con modelli diversi a seconda dei Paesi. Oggi quel confronto appare superato. Secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro, l’irruzione delle piattaforme globali – dal satellite allo streaming di Netflix, Amazon, DAZN e Sky, fino alla pervasività di YouTube – ha ridisegnato il terreno della competizione, che non si gioca più su scala nazionale ma sull’intero tempo di fruizione dell’utente.
Non è più una partita tra pubblico e privato, ma tra media tradizionali e digitali. YouTube, in particolare, è il vero game changer: nel Regno Unito è già il secondo servizio televisivo più seguito dopo la BBC, davanti a ITV, mentre in Italia conta oltre 42 milioni di utenti, con più di 10 milioni che lo guardano direttamente sul televisore. Per i giovani è il primo canale sul telecomando e anche gli over 55 hanno raddoppiato il tempo di visione. La tv lineare mantiene ancora la sua forza di reach quotidiano, ma ora si trova a competere con un flusso continuo e privo di palinsesto.
La sfida degli streamer globali
Accanto a YouTube, le piattaforme internazionali come Netflix, Amazon Prime, Disney+ e HBO Max stanno investendo massicciamente in produzioni locali, sottraendo centralità alle generaliste. La risposta europea segue uno schema ricorrente: piattaforme proprietarie, contenuti originali, sportivi e partnership innovative.
Debach ricorda come Atresmedia, nonostante un semestre difficile rispetto a un 2024 eccezionale, abbia mantenuto la leadership di audience, superato i 700 mila abbonati con Atresplayer Premium e si prepari a un accordo con un grande streamer statunitense. Cyfrowy Polsat, dal canto suo, spinge su Polsat Box Go, integra Disney+ nei pacchetti telco e rafforza la presenza sui diritti sportivi.
MFE lavora a un brand unico con Infinity in Spagna e registra crescite a doppia cifra nel digitale. RTL accelera con RTL+ e M6+, mirando alla profittabilità nel 2026. ProSiebenSat punta tutto su Joyn, con un AVoD in forte espansione. TF1 ha portato TF1+ a 35 milioni di streamer mensili, prepara i micropagamenti da settembre e ha siglato un accordo con Netflix che dal 2026 porterà i canali francesi direttamente sulla piattaforma. ITV, infine, ha anticipato il pareggio operativo di ITVX di due anni e incrementato i ricavi con gli streamer globali grazie a Studios.
I pesi massimi e i multipli di mercato
La forza relativa dei broadcaster, spiega Debach, si misura su dimensione, leva finanziaria e credibilità dell’esecuzione. RTL Group resta il gigante europeo, con 5,4 miliardi di capitalizzazione e 7,7 miliardi di enterprise value, ma affronta margini compressi e una trasformazione complessa, tra cessioni di asset non core come RTL Nederland e la scommessa su Sky Deutschland.
ITV vale 3,6 miliardi, con multipli contenuti e margini ridotti, ma Studios rappresenta la sua assicurazione grazie ai contratti con Netflix e Amazon. ProSiebenSat, con 1,8 miliardi di market cap e 3,7 di enterprise value, resta il punto debole per leva e riorganizzazione, pur avendo un valore strategico superiore ai numeri.
MFE si posiziona con 1,9 miliardi di capitalizzazione e 2,4 di enterprise value, multipli a sconto e un dividend yield elevato. TF1 e M6, rispettivamente a 1,8 e 1,7 miliardi, dimostrano disciplina e resilienza: TF1 spinge sull’internazionale, mentre M6 trasforma l’efficienza di palinsesto in margini. Atresmedia, con 1,2 miliardi di valore, rimane un titolo domestico, orientato al dividendo ma con crescente peso digitale.
Valutazioni e prospettive future
Le valutazioni riflettono la tensione del settore. Come si legge nel report di eToro, il P/E medio LTM è intorno a 14x, ma scende sotto 10 sulle stime forward. L’EV/Sales resta fermo a 1,1 volte, mentre il P/S scivola sotto l’unità: un segnale che gli investitori valutano i broadcaster meno dei loro ricavi, dubitando della capacità di trasformarli in margini. L’EV/EBITDA, invece, resta più solido, intorno a sette volte, in linea con un settore maturo ma sotto pressione.
Debach evidenzia come la televisione lineare non sia finita, ma non basti più. La sopravvivenza dipende dalla capacità di trasformare lo streaming in business profittevole e di sfruttare le partnership globali per ampliare reach e monetizzazione. RTL punta sulla scala, TF1 e M6 sulla disciplina, ITV sulla produzione, Atresmedia sull’integrazione digitale, MFE sul consolidamento. Tutti i broadcaster, in fondo, cercano una seconda vita digitale, dove il multiplo a sconto riflette la sfiducia del mercato, ma i flussi di cassa restano reali e i rendimenti medi elevati.
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