Minusvalenze in portafoglio? Tutti i modi per compensarle


Compensare le minus in portafoglio non è così semplice come si potrebbe pensare. Il fisco italiano suddivide tra redditi diversi e da capitale così che non tutti i prodotti finanziari consentono di recuperare le minusvalenze.


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Investire sui mercati finanziari comporta inevitabilmente l’assunzione di rischi: ‘Chi non risica non rosica', recita il famoso proverbio. Quando si investe, è possibile che il valore dell'investimento diminuisca rispetto al prezzo di acquisto, generando quella che viene chiamata minusvalenza. In questo articolo, esploreremo in dettaglio cosa significa subire una minusvalenza, come viene trattata dal fisco italiano e quali strategie possono essere adottate per compensare le perdite e ridurre le imposte.

Minusvalenze: Cosa sono?

La minusvalenza, nota anche come capital loss (perdita di capitale), è la perdita che deriva dalla vendita di strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, ETF, ETC, Certificates, derivati) a un prezzo inferiore a quello di acquisto. Se si compra un'azione a 100 e la si rivende a 90, la differenza (100 - 90) costituisce una minusvalenza.

Se invece il prezzo di vendita è superiore a quello di acquisto, si ha una plusvalenza o capital gain.

Quando si acquistano prodotti finanziari, si apre un dossier titoli che può includere vari tipi di investimenti, come azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, fondi pensione e altri. In caso di plusvalenze, cioè guadagni derivanti dai prodotti finanziari, si applica una tassazione con un'aliquota del 26% (ridotta al 12,50% per investimenti su titoli di Stato e altri organismi sovranazionali). E in caso di perdite?

Le perdite maturate sui diversi strumenti finanziari diventano un credito fiscale accantonato in uno “zainetto fiscale” e possono aiutare a ridurre le tasse che devono essere pagate sui futuri guadagni.

Facciamo un esempio di compensazione minusvalenze-plusvalenze.

Supponiamo di aver effettuato un investimento in obbligazioni e di aver realizzato una minusvalenza di 3.000 euro. Nel corso del tempo, realizziamo un secondo investimento in obbligazioni e otteniamo un capital gain, ovvero una plusvalenza, di 5.000 euro. A questo punto, possiamo utilizzare la compensazione minusvalenze-plusvalenze.

Se non avessimo la minusvalenza pregressa, dovremmo pagare l’imposta sui 5.000 euro con un'aliquota del 26%. In regime fiscale amministrato, la banca trattiene come sostituto d’imposta 1.300 euro e li versa allo Stato.

Avendo invece una minusvalenza, possiamo compensare i 5.000 euro di guadagno con i 3.000 euro di perdita. Sottraendo 3.000 da 5.000, otteniamo un importo di 2.000 euro su cui pagare le imposte. Su questi 2.000 euro, la banca tratterrà 520 euro come imposta da versare allo Stato. È proprio in questo modo che la compensazione tra minusvalenze e plusvalenze permette di ridurre l'importo su cui vengono calcolate le imposte.

Tuttavia, le minusvalenze hanno una scadenza: puoi recuperare la perdita nello stesso anno, oppure nei quattro anni successivi. Ad esempio il 31 Dicembre 2024 scadranno le minusvalenze generate nel 2020. Chi ha minusvalenze in scadenza, entro fine anno dovrà quindi generare guadagni di pari importo. Ma come?

Anche se le minusvalenze possono essere prodotte da qualunque strumento finanziario, possono essere compensate solo con prodotti finanziari che generano “redditi diversi”: di cosa si tratta e quali sono?

Non si compensa tutto con tutto

Il fisco italiano non rende certo la vita facile agli investitori. Tra le cavillosità più incomprensibili, troviamo la distinzione tra “redditi di capitale” e “redditi diversi“. Come dicevamo, non sempre è possibile recuperare le minusvalenze. Esistono infatti degli strumenti finanziari che non permettono di recuperarle: sono quelli che generano i "redditi di capitale".

I redditi di capitale sono redditi la cui realizzazione è certa, sebbene l'ammontare possa variare. Nello specifico tra i redditi di capitale ci sono:

  • Cedole delle obbligazioni
  • Interessi sul conto corrente
  • Dividendi azionari
  • Proventi distribuiti da fondi, sicav ed etf
  • Differenza, se positiva, derivante dalla vendita di fondi, sicav ed etf
  • Redditi derivanti da contratti assicurativi e polizze di investimento

I redditi diversi sono incerti sia nella loro realizzazione sia nell'ammontare, dato che la vendita può portare sia a una plusvalenza che a una minusvalenza. Vediamo quali strumenti sono considerati redditi diversi e consentono di recuperare minusvalenze:

  • Plusvalenze/minusvalenze su azioni e obbligazioni
  • Minusvalenze da ETF
  • Plusvalenze/minusvalenze da ETC
  • Certificates;
  • Derivati (opzioni e futures)

Tornando alla nostre minusvalenze, possono essere compensate solo con prodotti finanziari che producono “redditi diversi” (plusvalenze da azioni e obbligazioni, ETC, Certificates, strumenti Derivati come opzioni e futures). Non si possono, invece, recuperare le minusvalenze da prodotti che generano “redditi di capitale” (Fondi comuni di investimento, ETF, cedole delle obbligazioni, dividendi delle azioni).

Una differenza non da poco, che ogni investitore dovrebbe tenere a mente nella costruzione del proprio portafoglio.

Ad esempio, un portafoglio costituito unicamente da fondi comuni di investimento o etf non è efficiente da un punto di vista fiscale, poiché guadagni e perdite non sono compensabili tra loro. Occorrerà investire anche in strumenti finanziari che producono redditi diversi, le cui plusvalenze potranno compensare le minusvalenze subite.

Come orientarsi per capire cosa compensare e con cosa?

Gli strumenti per compensare le minus

Non tutti i prodotti finanziari consentono dunque di recuperare le minusvalenze, come puoi notare dalla seguente tabella compensazione minusvalenze:

Un caso emblematico è quello delle azioni. Hai comprato delle azioni per un valore complessivo di 1.000 euro, quando le vendi valgono 800 euro. La minusvalenza realizzata è di 200 euro.

Se da quelle o altre azioni azioni hai incassato un dividendo, non potrai andare a compensarlo con la minusvalenza generata, in quanto il dividendo costituisce reddito da capitale.

La minusvalenza sarà però compensabile entro i quattro anni successivi dai capital gain generati da investimenti appartenenti alla categoria redditi diversi, ad esempio altri capital gain azionari.

Come rappresentato dalla tabella, i certificate sono gli unici strumenti in grado di generare sempre e solo redditi diversi e si prestano come validissimo strumento di compensazione fiscale.

Pensare ai propri investimenti tenendo in considerazione questo aspetto fiscale ti permetterà di risparmiare sulle tasse dovute.

Minusvalenza esempio pratico

Pensiamo a un portafoglio composto esclusivamente da ETF per un ammontare di 10.000 euro. Alcuni hanno generato una perdita di 500 euro, altri invece mi hanno portato a guadagnare 1.000 euro. Tuttavia, si tratta di ETF, che come detto generano plusvalenze (in questo caso 1.000) che rientrano tra i redditi di capitale, e minus (500 euro nell'esempio) che rientrano tra i redditi diversi. Di conseguenza pagherò il 26% di tasse su 1.000 (260 euro) e avrò 4 anni per generare redditi diversi da altri strumenti finanziari più efficienti e compensare le minus. Quanto avrei pagato se al posto degli ETF avessi scelto i certificate, che producono in entrambi i casi redditi diversi? Di tasse ne avrei pagate la metà, 130 euro: 500*26%). Una differenza non da poco.

Focus sui certificate

I certificates (e i premi che distribuiscono) sono strumenti finanziari che generano redditi diversi, sia che questi derivino da una vendita che dallo stacco dei premi. Per questa ragione sono ritenuti strumenti fiscalmente efficienti.

Proprio per permettere di recuperare le minusvalenze pregresse, gli ultimi mesi dell’anno pullulano di certificates maxipremio, in cui viene incorporato gran parte del rendimento potenziale che si può ottenere durante la vita del certificato, e generalmente distribuito a pochi mesi dall’emissione.

Tuttavia, è bene inquadrare in anticipo la metodologia di compensazione adottata dalla propria banca. Alcune banche permettono la compensazione immediata delle minusvalenze, dove il controvalore dei premi incassati viene subito decurtato dallo zainetto fiscale.

Altre banche invece non permettono una compensazione immediata tra minusvalenza e plusvalenza, ma optano per la compensazione a chiusura: la tassazione è imposta sui proventi solo quando questi possono essere considerati definitivi (ossia per scadenza naturale, anticipata o per vendita). L’effetto è che il premio non è compensabile immediatamente, ma si recupera solo alla scadenza naturale del Certificate, alla scadenza anticipata o al momento della vendita. Se l'investitore rivende subito il certificate dopo lo stacco del maxipremio, è molto probabile che registrerà una minusvalenza (il prezzo del certificate dopo lo stacco della maxi scende del valore corrispondente, per poi recuperarlo nel tempo). Da un lato l’investitore compenserà la minus in scadenza con il maxi premio, dall’altra gli restano altri quattro anni di vita per compensare la nuova minusvalenza.

L'origine di questa differenza tra istituti finanziari non nasce tanto da profonde valutazioni fiscali, ma dai software usati dalle banche: in particolare, i due principali software utilizzati sono stati entrambi approvati da Banca d'Italia, ma trattano la questione con sfumature diverse. Sfumature che possono fare una grande differenza per l'investitore finale.

Per un portafoglio ben costruito è importante quindi tenere conto anche dell’aspetto fiscale. La pianificazione è di fondamentale importanza per ridurre l’impatto delle minusvalenze.

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