Plusvalenze, come si calcolano e tassazione


Le plusvalenze (o capital gain) rappresentano la differenza sempre positiva tra quanto si è ottenuto dalle vendite e quanto si è pagato per comprare uno strumento finanziario. La tassazione delle plusvalenze in Italia è pari al 26%, ad eccezione dei titoli di Stato.


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Tra i temi particolarmente a cuore ai trader, più che altro per i consistenti risvolti sul portafoglio, spicca la questione della tassazione delle plusvalenze (o capital gain).

In questo articolo, esploreremo il concetto di plusvalenza, com’è tassata in Italia e come calcolarla. Inoltre, analizzeremo il concetto opposto, ovvero la minusvalenza (o capital loss).

Cos'è la plusvalenza (o Capital Gain)?

La plusvalenza, o capital gain, è il guadagno derivante dalla vendita di strumenti finanziari (come azioni, obbligazioni, warrant, ecc.) a un prezzo superiore a quello di acquisto. Se si compra un'azione a 100 e la si rivende a 105, la differenza (105-100) costituisce una plusvalenza. Se invece il prezzo di vendita è inferiore a quello di acquisto, si ha una perdita o minusvalenza.

La plusvalenza costituisce una parte del rendimento totale di un investimento, poiché non considera l'eventuale percezione di premi, dividendi, interessi ecc..

Come calcolare le plusvalenze

Calcolare il capital gain è molto semplice. Basterà sottrarre il prezzo di acquisto dal prezzo di vendita. Se il risultato di questa operazione è positivo, si registra un guadagno in conto capitale; se è negativo, si verifica una perdita in conto capitale.

Regime dichiarativo, amministrato o gestito

La dichiarazione fiscale della plusvalenza realizzata dipende dal regime a cui si aderisce: regime dichiarativo, regime amministrato o regime gestito? Questa distinzione influisce su chi ha l’onere di pagare le imposte, sulla gestione delle minusvalenze e delle plusvalenze e su quando si paga l’imposta sul capital gain.

Semplificando:

  • Regime dichiarativo: L'investitore è responsabile sia della gestione degli investimenti sia degli adempimenti fiscali. È necessario indicare le plusvalenze nella dichiarazione dei redditi, che deve essere presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo.
  • Regime amministrato: L'investitore gestisce personalmente gli investimenti, ma delega gli adempimenti fiscali a una banca, a un broker online o a un altro intermediario finanziario, che agisce come sostituto d'imposta, versando direttamente le tasse dovute. In questo regime, l'imposta viene applicata al momento della realizzazione della plusvalenza, secondo il cosiddetto regime di cassa.
  • Regime gestito: La banca o intermediario finanziario si occupa sia della gestione del capitale sia degli adempimenti fiscali, calcolando la plusvalenza o la minusvalenza alla fine.

Capital gain tassazione in Italia

In Italia, la tassazione delle plusvalenze è stata modificata con il Decreto Legge n. 66 del 24/04/2014, noto come IRPEF-spending review. Tale legge ha innalzato l'aliquota sul capital gain dal 20% al 26% e si applica a partire dal 1° luglio 2014. Questa tassazione del 26% riguarda sia le plusvalenze realizzate su strumenti finanziari (come azioni, obbligazioni e warrant, ecc.), ma anche i dividendi staccati dalle singole azioni, così come gli Etf e i Fondi Comuni.

Tuttavia, non sempre le plusvalenze scontano l’imposta sostitutiva del 26%, in quanto esistono alcune eccezioni. Ad esempio, il capital gain sui titoli di Stato, come BOT, BTP, CCT e CTZ, beneficia di una tassazione ridotta del 12,5%. Quest’aliquota agevolata trova applicazione anche per altri titoli appartenenti alla cosiddetta “white list” (la lista dei paesi con i quali è attuabile uno scambio di informazioni), come ad esempio le obbligazioni di organismi internazionali come la World Bank.


Differenza tra redditi di capitale e redditi diversi

Ai fini del calcolo dell’imposta sul capital gain, è necessario identificare la categoria di redditi a cui appartengono. Le plusvalenze sono classificate come redditi diversi di natura finanziaria, distinguendosi dai redditi di capitale per diverse caratteristiche. Proviamo a illustrare meglio questa distinzione con un esempio pratico.

I redditi derivanti dai dividendi sono un tipico esempio di redditi di capitale, ovvero redditi la cui realizzazione è certa, sebbene l'ammontare possa variare.

D'altra parte, il reddito da plusvalenza deriva dalla vendita di strumenti finanziari, come le azioni. Questo tipo di reddito è incerto sia nella sua realizzazione sia nell'ammontare, dato che la vendita può portare sia a una plusvalenza sia a una minusvalenza: si parla di redditi diversi.

A differenza dei dividendi o degli interessi, che sono redditi di capitale certi nella realizzazione ma incerti nella quantità, le plusvalenze rappresentano un reddito diverso, incerto sia nella realizzazione sia nella quantità.

Questa distinzione risulta importante per la gestione fiscale, specialmente per quanto riguarda la compensazione delle minusvalenze, che è permessa solo con i redditi diversi.

Cos'è la minusvalenza (Capital Loss) e come utilizzarla per compensare le plusvalenze

La minusvalenza, nota anche come capital loss (appunto perdita di capitale), è la perdita che deriva dalla compravendita di strumenti finanziari, depurata da eventuali interessi maturati e dagli oneri accessori. La minusvalenza si verifica quando un'attività finanziaria viene venduta a un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto. La minusvalenza è l'opposto della plusvalenza e, in termini fiscali, può essere utilizzata per compensare eventuali plusvalenze future. La minusvalenza genera un credito fiscale che potrà essere recuperato con le plusvalenze conseguite nello stesso anno e nei successivi 4 anni.

Tuttavia, non sempre è possibile recuperare le minusvalenze. Esistono infatti degli strumenti finanziari che non permettono di recuperarle: sono quelli che generano i "redditi di capitale", quali Etf, fondi comuni di investimento, dividendi delle azioni e cedole delle obbligazioni.

Le minusvalenze sono invece compensabili per gli strumenti che generano "redditi diversi", ovvero azioni, obbligazioni, Etc, Etn, futures e certificates. È importante tenere in considerazione queste differenze nel trattamento fiscale degli strumenti finanziari per poter gestire al meglio le proprie plus e minus.

Esempio

Immaginiamo di aver acquistato azioni per un valore di € 20.000. Dopo un periodo, le rivendiamo per € 25.000, realizzando una plusvalenza di € 5.000. Questa plusvalenza sarà soggetta a una tassazione del 26%, che corrisponde a € 1.300. Il guadagno netto, dopo le imposte, sarà quindi di € 3.700.

Pensiamo invece al caso opposto: abbiamo registrato una minusvalenza di € 5.000 su un investimento. Questa perdita potrà essere conservata nel cassetto fiscale per compensare future plusvalenze entro i successivi quattro anni. In seguito, ottieniamo una plusvalenza di € 15.000 su altre operazioni, e possiamo utilizzare la minusvalenza precedente per abbassare l'imponibile, applicando le tasse solo su € 10.000 (15.000-5.000). Sottraendo il 26% di € 10.000, risulterà un'imposta di € 2.600. Così facendo, il guadagno netto sarebbe di € 12.400, anziché € 11.100 che avremmo ottenuto senza il recupero delle minusvalenze pregresse.

Se la minusvalenza fosse stata generata da dividendi o cedole, per esempio se un'azione acquistata a € 10 avesse staccato un dividendo di € 1 prima di essere venduta a € 9, questa minusvalenza non sarebbe utilizzabile per ridurre altre plusvalenze poiché i dividendi e le cedole sono classificati come redditi di capitale, i quali non permettono il recupero delle minusvalenze.

È inoltre rilevante notare che la gestione delle plusvalenze si estende oltre azioni e obbligazioni, includendo strumenti come futures, ETF e certificati. Per questi strumenti, le plusvalenze sono considerate redditi diversi e permettono il recupero delle minusvalenze pregresse. Tuttavia, le distribuzioni periodiche da fondi ed ETF sono viste come redditi di capitale e quindi non permettono il recupero di minusvalenze.

Una particolarità riguarda i certificate e i loro premi, che sono sempre classificati come redditi diversi e, pertanto, consentono il recupero delle minusvalenze pregresse.

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