Mps si candida come protagonista del terzo polo bancario italiano


Il Ceo della banca senese ha ribadito che l’istituto può giocare un ruolo decisivo nelle future operazioni di M&A, anche se per il momento si attende la vendita della quota detenuta dal Mef e non ci sono banche ufficialmente disponibili all’operazione.


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Un ruolo per Mps

Monte dei Paschi di Siena non vuole restare fuori dalla ‘partita’ del terzo polo bancario italiano ed è pronta a giocarsi le sue carte, nonostante la situazione travagliata che sta affrontando e mentre appare ancora lontana la completa privatizzazione, operazione prevista da accordi con l’Unione europea.

A rilanciare il ruolo della banca è stato l’ad Luigi Lovaglio nel corso di un’intervista rilasciata a Repubblica, secondo il quale “per la posizione che riveste nel sistema e per i suoi 550 anni di storia, Mps debba e possa partecipare con un ruolo importante alla costruzione di quel terzo polo bancario italiano di cui si parla da tempo”.

Ormai, prosegue il manager, Mps “è una banca che genera capitale e ha una redditività sostenibile anche superiori agli obiettivi strategici”, anche grazie ai tassi di interesse aumentati e al riassetto di sei mesi fa.

Prospettive che in apertura di seduta a Piazza Affari spargono ottimismo sul titolo Mps, in crescita dell’1% (a 2,89 euro) nei primi minuti di scambi, nonostante l’avvio piatto del Ftse Mib.

Obiettivo terzo polo

Il mandato del Tesoro, primo azionista con il 64%, è “molto chiaro”: creare “valore per tutti gli stakeholder e proseguire nell’attuazione del piano 2022-2026”, ricorda Lovaglio, “poi il Mef in varie occasioni ha dichiarato di voler perseguire l’obiettivo di un’uscita ordinata”.

In queste ore, infatti, il ministro dell’Economia, al festival dell’Economia di Trento, ha definito la banca senese come potenziale “preda ambita” dal mercato, quindi “non più come un’istituzione da evitare, principalmente grazie al ritorno alla redditività portato a termine dall’attuale Ceo Lovaglio, con l’aiuto dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi”.

Parole inserite in un contesto in cui “lo scenario base per le banche in Europa è di concentrazione, per renderle più competitive e mettere a fattor comune investimenti e costi di regolamentazione” ricorda Lavaglio e questo “vale anche per le italiane, se vogliono sostenere la concorrenza degli operatori stranieri e migliorare il livello dei servizi. Anche perciò si parla, da tempo, di terzo polo: e credo che con un approccio imprenditoriale ci si possa arrivare”.

Il governo si è espresso più volte con favore sulla nascita di un terzo polo bancario da affiancare a Intesa Sanpaolo e Unicredit, ma “sulla possibilità che il Tesoro possa vendere sul mercato pacchetti del suo 64% non mi risulta ci siano state dichiarazioni al riguardo”, sottolineava il Ceo.

Quale partner?

Le opzioni a disposizione per Mps non sono poi tantissime anche se, secondo Lovaglio, “considerati i risultati da noi raggiunti, la situazione attuale consente agli azionisti di valutare diverse opzioni strategiche in più rispetto a quelle di cui leggevamo durante le negoziazioni dell''estate 2021, tra ipotesi di spezzatino e di dote pubblica per vendere Mps”.

Alla domanda se preferirebbe Banco Bpm o Bper come partner per il terzo polo, Lovaglio ha detto di non voler fare “nessun commento sulle opzioni e sui nomi”.

Secondo gli analisti di WebSim Intermonte, resta “improbabile la vendita ad un solo player della banca senese, ricordando che “il Ceo di Banco BPM ha ripetutamente detto di preferire la crescita stand alone, quello di Unicredit ha recentemente reiterato che vede maggiore creazione di valore nel ridare capitale agli azionisti attraverso il buyback e il Ceo di BPER ha ribadito che il 2023 sarà l’anno dell’integrazione delle banche acquisite (sportelli UBI e Carige)”.

“Riteniamo, altresì che in una ipotesi di break up alcuni player potrebbero essere interessati ad alcune aree geografiche presidiate da BMPS come, ad esempio, il TriVeneto dove BPER ha una market share molto bassa”, concludono dalla sim.

Quanto ai 4,1 miliardi di euro di contenziosi che potrebbero pesare su una fusione, “la questione è propriamente indirizzata e il bilancio Mps è attrezzato per fronteggiare anche quei rischi. Non credo che ciò debba rappresentare un limite alla strategia di sviluppo futuro, in qualunque direzione”, ha concluso Lovaglio.

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