Novo Nordisk, il peggior tracollo tra le big europee. Possibilità di ripartenza dopo una “drastica dieta”?

10/09/2025 13:15
Novo Nordisk, il peggior tracollo tra le big europee. Possibilità di ripartenza dopo una “drastica dieta”?

Novo Nordisk ha perso oltre il 60% di valore in un anno, bruciando 170 miliardi di capitalizzazione e scivolando dalla vetta europea alla decima posizione; ora la drastica ristrutturazione del nuovo management punta a fermare il crollo e a ricostruire la fiducia persa del mercato.

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Un crollo senza precedenti

Novo Nordisk ha perso più del 60% del proprio valore in un anno, riportandosi ai livelli di marzo 2022 e cancellando tre anni di crescita. Dal picco raggiunto a inizio 2025, quando con 371,6 miliardi di euro di capitalizzazione era la regina del mercato azionario europeo davanti a colossi come LVMH e SAP, l’azienda danese è scesa a circa 201 miliardi, decima per valore nel continente.

Come sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro, la caduta è stata più pesante della somma delle correzioni di LVMH, Inditex, Dior, Hermès e LSE Group messe insieme, e in valore assoluto ha bruciato più di quanto abbiano guadagnato nello stesso periodo Banco Santander, Rheinmetall e Rolls-Royce.

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Il grafico di lungo periodo è impietoso: nessun nuovo massimo dal giugno 2024, un drawdown vicino al 66% e cinque trimestri consecutivi di calo. I multipli, si legge nel report di eToro, sono rientrati nella media della big pharma, con un P/E forward a 13,8 volte, molto distante dal premio che il mercato aveva riconosciuto al boom di Ozempic e Wegovy. A confronto, Eli Lilly viaggia ancora a 27,1 volte.

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La “cura dimagrante” del nuovo management

La nuova strategia del management è severa: 9.000 posizioni in meno, pari all’11% della forza lavoro, di cui 5.000 solo in Danimarca, con l’obiettivo di ottenere risparmi annui per 8 miliardi di corone dal 2026. Nel breve termine, spiega Debach, peseranno oneri una tantum di pari entità nel 2025, con un impatto sulla guidance di utile operativo, ridotta al 4-10% a cambi costanti.

L’obiettivo non è però solo contabile, ma strategico. I risparmi saranno reinvestiti in spese commerciali e ricerca per rafforzare la macchina distributiva e accelerare lo sviluppo. Secondo Debach, il 2025 sarà quindi un anno “sporco” dal punto di vista contabile, mentre il 2026 potrebbe beneficiare di una base comparativa più bassa. In Borsa, tuttavia, la fiducia non si compra con promesse: servono segnali concreti, dalla stabilizzazione delle quote di mercato negli Stati Uniti alla normalizzazione della supply chain e al recupero del pricing.

Le incognite che pesano sul futuro

Oltre ai problemi industriali, Novo Nordisk deve affrontare anche un fronte legale e regolatorio. L’azienda ha inviato oltre mille lettere di diffida e avviato 130 cause contro distributori di copie non autorizzate del semaglutide, senza riuscire a fermarne la diffusione.

Come spiega Debach, sono tre i dubbi che pesano sugli investitori: il primo riguarda la concorrenza, con la crescente pressione di prodotti rivali e del canale compounded che riducono volumi e prezzi. Il secondo è industriale, con la necessità di garantire continuità nella produzione, elemento cruciale per una terapia cronica. Il terzo è politico-regolatorio: l’inserimento di Ozempic nella lista dei farmaci essenziali del WHO è un riconoscimento clinico ma anche un vincolo sui margini, aprendo la strada a pressioni crescenti per ridurre i prezzi.

Un possibile punto di svolta

La storia insegna che i cicli di ristrutturazione, con l’arrivo di un nuovo ceo, tagli, guidance riviste e oneri a bilancio, spesso coincidono con le fasi di minimo. Come puntualizza Debach, le aspettative si abbassano, la base di confronto diventa più favorevole e ogni segnale di miglioramento pesa doppio. Non sorprende che il mercato abbia reagito con un rimbalzo del 2%, interpretando i tagli come un potenziale segnale di stabilizzazione.

L’impatto della crisi va oltre l’azienda secondo Debach: Novo Nordisk rappresenta circa un quinto della crescita occupazionale in Danimarca. Il governo ha già tagliato le stime di Pil 2025 dal 3% all’1,4%, anche per effetto dei dazi americani. È il classico “effetto Nokia”: quando un solo campione nazionale influenza l’intera economia, la crisi diventa un problema macro.

Novo ora non deve continuare a dimagrire: deve ricostruire muscoli. Se la cura drastica avrà successo, l’attuale fondo potrà davvero trasformarsi in un nuovo punto di partenza, conclude Debach.

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