Oro alle stelle, le ragioni del rally e le prospettive per il futuro

Il prezzo dell’oro ha ripreso a correre nell’agosto 2025, superando la fase di stallo che durava da aprile. Alla base del nuovo rally ci sono soprattutto motivi geopolitici, legati alla diversificazione delle riserve valutarie da parte delle banche centrali e al timore di un eccessivo affidamento al dollaro. La corsa al metallo giallo, guidata da Paesi come Polonia e Repubblica Ceca, potrebbe avere ancora ampio spazio davanti a sé, complice la crescente instabilità internazionale e la struttura delle riserve di giganti come Cina e India.
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Dalla guerra in Ucraina alla corsa all’oro
La vera chiave del nuovo trend non è da ricercare nei classici driver – dollaro e tassi reali – ma nel fattore geopolitico. Lo si legge in un report a cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, secondo cui dopo l’invasione russa dell’Ucraina e il congelamento delle riserve valutarie di Mosca, molte banche centrali hanno iniziato a temere di subire lo stesso trattamento in caso di tensioni con Stati Uniti ed Europa.
È nato così un processo accelerato di diversificazione: il passaggio dal dollaro all’oro come asset rifugio ha portato a un’impennata degli acquisti da parte delle autorità monetarie globali. La Polonia si è distinta come maggiore compratrice sia nel 2024 che nel 2025, seguita da altre realtà emergenti come la Repubblica Ceca. Parallelamente, diversi Paesi hanno chiesto la restituzione dei depositi aurei custoditi all’estero, dalla Bundesbank alla Federal Reserve fino all’India nei confronti della Bank of England.
ETF e tassi perdono rilevanza
I fattori che un tempo spiegavano l’andamento del metallo prezioso, come i rendimenti reali e i flussi negli ETF fisici, hanno perso peso. Cesarano sottolinea che anche nei momenti di record storici raggiunti tra il 2023 e il 2024, la quantità di oro detenuta dagli ETF era scesa ai minimi dal 2019.
Oggi a guidare il rally restano due leve principali: l’andamento dell’offerta globale di moneta e le tensioni geopolitiche. In questo contesto, l’oro ha assunto un ruolo strutturale nelle strategie di diversificazione delle banche centrali, trasformandosi in uno strumento di protezione più che di speculazione.
Spazio a nuovi acquisti record
Guardando avanti, il trend rialzista ha margini per proseguire. Secondo Cesarano due elementi lo sostengono: l’espansione dell’offerta di moneta, legata anche all’invecchiamento demografico mondiale, e l’incertezza internazionale, che ruota attorno anche al destino dei 200 miliardi di riserve russe congelate in Belgio.
Il potenziale di crescita appare enorme se si guarda alla composizione delle riserve auree di Paesi come Cina e India, che oggi mantengono rispettivamente solo il 7% e il 13% in oro, contro il 40-50% di Stati Uniti e Germania. Se Pechino e Nuova Delhi decidessero di portarsi su quei livelli, l’impatto sarebbe colossale: acquisti compresi tra i 1.000 e i 1.300 miliardi di dollari, a fronte di una produzione mineraria annua globale di 3600 tonnellate.
Un piano quadriennale di accumulo da parte dei due giganti asiatici assorbirebbe l’intera produzione mondiale, senza considerare la domanda crescente di altre banche centrali, in particolare quelle confinanti con Russia e Turchia. Uno scenario, conclude Cesarano, che lascia presagire un mercato dell’oro ancora più teso e con prospettive di rialzo strutturale.
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