Il petrolio resta in calo: si attendono le mosse di Biden

Il greggio scende sotto i 79 dollari al barile mentre il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, potrebbe decidere l'utilizzo delle riserve strategiche di petrolio.
L’ad di Eni, Claudio Descalzi, prevede un prossimo balzo dell'oro nero fino ai 100 dollari, anche se ritiene tale aumento temporaneo.
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La debolezza del petrolio
Inizio di settimana caratterizzato da un calo dei prezzi del petrolio, sotto pressione a causa delle attese di un aumento dell’offerta e di una domanda più debole del previsto, visto anche l’aumento dei costi energetici.
I future sul greggio WTI restano sotto gli 80 dollari, toccando un minimo di 78,69 dollari, mentre il Brent viene scambiato a 81,36 dollari al barile, entrambi in flessione dell’1%.
Verso quota 100 dollari?
Le prospettive future per il prezzo del petrolio restano di crescita secondo Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, intervistato da Bloomberg Television. Secondo il manager, i prezzi potrebbero salire a 100 dollari al barile, anche se per un breve periodo, a causa degli scarsi investimenti messi in atto dalle compagnie petrolifere.
Con la riapertura delle attività dopo la fine dei lockdown, la domanda di petrolio e di gas è schizzata, con il consumo globale di greggio arrivato ai 100 milioni di barili al giorno, ai massimi storici, ma il settore sta “impegnando più o meno il 50% del capitale rispetto al 2013” ed esiste “un deciso divario tra domanda e offerta”, sottolineava l’ad di Eni, secondo il quale “ci vorrà tempo prima che le compagnie petrolifere ricomincino a investire”.
Per quanto riguarda quota 100 dollari, “forse può raggiungere questo obiettivo, ma non resterà a quei livelli per molto tempo”, spiegava Descalzi, in quanto con uno scenario di prezzi alti, “i consumatori iniziano a tagliare il consumo di energia”.
L’uso delle riserve strategiche USA
Nelle ultime settimane il mercato petrolifero era sceso a causa del rafforzamento del dollaro e dalle ipotesi emerse di un possibile uso delle riserve strategiche di greggio da parte dell’amministrazione USA, con il fine di raffreddare i prezzi del carburante nel paese.
L’ipotesi era stata lanciata dalla Segretaria all’Energia, Jennifer Granholm, la quale aveva definito questa possibilità “un’opzione sul tavolo”.
Le riserve strategiche di petrolio da 600 milioni vengono conservate nei depositi sotterranei di Texas e Louisiana e sono destinate alle emergenze. Infatti, il loro utilizzo recente è avvenuto solo nel corso della Guerra del Golfo del 1991, degli uragani del 2005 e nel conflitto in Libia del 2011.
L’ultimo a rilanciare questa possibilità è stato il Senatore Chuck Schumer, unitosi alle precedenti proteste di altri politici statunitensi, tra cui un appello per fermare le esportazioni di petrolio americano.
La crescente preoccupazione nel paese è dovuta all’aumentare del prezzo medio della benzina nei distributori, ormai sopra i tre dollari e mezzo al gallo, a cui si aggiunge il galoppare dell’inflazione mentre l’arrivo dell’inverno aumenta le incertezze visti i costi energetici, sempre in crescita.
Le mosse di Biden
Alcuni sondaggi negli Stati Uniti indicano Joe Biden come principale colpevole di questa situazione, con la popolarità del Presidente scesa al 38% e il rischio elettorale per i democratici di perdere le prossime elezioni di midterm, se non le presidenziali del 2024.
Nelle settimane scorse, Biden aveva chiesto all’Opec+ di aumentare la produzione in misura maggiore rispetto ai 400 mila barili al giorno decisi dai produttori in estate, ricevendo un netto rifiuto.
Da Bloomberg ipotizzano altre possibili opzioni per l’attuale inquilino della Casa Bianca. L’utilizzo delle risorse strategiche, infatti, potrebbe rappresentare una soluzione solo temporanea in quanto il petrolio usato dovrebbe essere rimpiazzato.
Un’altra possibilità potrebbe essere il divieto delle esportazioni di greggio americano, mantenendo nel paese tutti i barili prodotti, ma le raffinerie degli USA hanno una capacità limitata, pertanto il rischio è rappresentato dal calo dei prezzi di alcuni tipi di petrolio, ma non abbasserebbe quello della benzina.
L’ultima opzione secondo il quotidiano americano potrebbe essere il ‘No Oil Producing and Exporting Cartels Act’, ovvero l’accusa verso l’Opec+ di aver costituito un cartello illegale, soggetto agli effetti della legge antitrust Sherman Act.
Tutte queste opzioni sono imperfette, ma presto Biden potrebbe essere costretto a scegliere, viste le pressioni che arrivano dal fronte politico interno.
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