Saipem, nuovi ostacoli alla fusione con Subsea7

Tre grandi società hanno fatto ricorso contro l’operazione e il Governo italiano avrebbe esercitato i poteri speciali della golden power, imponendo vincoli a tutela di attività considerate strategiche per la sicurezza nazionale.
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Ricorso contro la fusione tra Saipem e Subsea7
La mossa di Saipem con la norvegese Subsea7 continua a trovare ostacoli dopo la golden power che sarebbe stato applicato dal Governo italiano. Questa volta, la resistenza arriverebbe dal Brasile secondo fonti dell’agenzia Reuters: Petrobas, Exxon Mobile e TechnipFMC hanno presentato una petizione all’autorità antitrust del Paese affinché intervenga in una fusione tra le due società.
Le tre aziende ritengono che l’operazione porterebbe ad un livello di concentrazione nel mercato dei servizi sottomarini per petrolio e gas che potrebbe far lievitare i costi e limitare la concorrenza.
Pertanto, chiedono che l’Administrative Council for Economic Defense (CADE) blocchi la fusione o imponga misure correttive per preservare la concorrenza in Brasile, come la vendita di asset, sempre secondo quanto riferito dalla fonte della Reuters.
A Piazza Affari, intanto, oggi le azioni Saipem cedono lo 0,80% dopo due ore di scambi, scendendo a 2,426 euro, mentre a Oslo Subsea7 resta intorno ai 205,80 corone norvegesi.
La golden power
La fusione sarebbe nelle mire del Governo italiano, secondo quanto riferito da MF, il quale avrebbe esercitato i poteri speciali (golden power), imponendo vincoli a tutela di attività considerate strategiche per la sicurezza nazionale.
Le prescrizioni prevederebbero il mantenimento della sede legale in Italia e gestione rafforzata da partedegli azionisti italiani (Eni e Cdp con 4 consiglieri su 9, Amministratore Delegato nominato da Eni/Cdp), il divieto di cessione senza autorizzazione per attività strategiche, in particolare la robotica subacquea (Sonsub, droni autonomi) e attività a duplice uso, con eventuale preferenza per partner nazionali (es. Fincantieri). Inoltre, l’esecutivo avrebbe imposto la tutela di sapere tecnico, brevetti e tecnologie critiche, incluse quelle rilevanti per la difesa e la sicurezza informatica.
“Questi vincoli erano già in buona parte previsti, limitando la libertà di dismissione delle attività non essenziali, garantendo continuità industriale e presidio tecnologico in Italia e condizionando in parte la futura strategia di portafoglio della nuova Saipem7”, spiegano gli analisti di Equita, i quali ritengono “che l'eventuale dismissione delle attività di perforazione/onshore e la focalizzazione sul offshore possa rappresentare un elemento di incremento del multiplo post fusione”.
La fusione
Il gruppo combinato, che sarà ribattezzato Saipem7, avrà un portafoglio ordini di 43 miliardi di euro, ricavi per circa 21 miliardi e un utile di base di oltre 2 miliardi, secondo quanto spiegato dalle le società in un comunicato di luglio. Il completamento dell'operazione è previsto per la seconda metà del 2026.
Con la fusione, il nuovo riferimento è in concambio per cui gli azionisti di Subsea7 riceveranno 6,688 azioni di Saipem per ogni azione posseduta e un dividendo straordinario di 450 milioni distribuito dai norvegesi prima della fusione. Secondo le intenzioni dei soci, la fusione non porterà al lancio di un’Opa sul flottante delle due società.
“Sulla base delle sinergie e dei vantaggi derivanti dalla fusione stimiamo una creazione di valore per Saipem dal 4% al 13% della capitalizzazione di mercato”, calcolano da Equita.
“Riteniamo che l'operazione abbia una solida logica strategica” secondo gli analisti di WebSim Intermonte, ritenendo che “L'expertise nell'ingegneria e costruzione offshore e la base di asset delle due società sarebbero complementari, generando sinergie significative e creazione di valore”.
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