Signa presenta istanza di fallimento: l’impatto su Unicredit secondo gli analisti


Il gruppo austriaco ha presentato istanza di fallimento e la sua situazione debitoria potrebbe coinvolgere il settore bancario europeo e diversi altri nomi del mondo degli affari nel Vecchio Continente.


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Unicredit e Signa

Non si fermano le indiscrezioni su un coinvolgimento di Unicredit nella vicenda del gruppo immobiliare austriaco Signa Group che ieri ha presentato istanza di fallimento presso il tribunale di Vienna.

Alcuni quotidiani come La Repubblica e MF ipotizzano un’esposizione per la banca milanese pari a circa 600 milioni di euro, riducendo così quanto trapelato precedentemente dalle prime indicazioni, mai confermate, che arrivavano al miliardo di euro.

Piazza Gae Aulenti sarebbe coinvolta attraverso la propria controllata austriaca, la quale avrebbe concesso finanziamenti a Sigma, anche se MF scrive che l’esposizione non sarebbe direttamente nei confronti della holding, quanto di singoli progetti immobiliari con asset di elevata qualità a garanzia dei prestiti stessi.

L’impatto secondo gli analisti

Gli analisti di WebSim ritengono che Unicredit possa “utilizzare parte dei suoi accantonamenti per coprire l'esposizione, oltre alla garanzia collaterale”, pertanto credono “che le conseguenze, nell'ipotesi peggiore, non dovrebbero avere un impatto profondo sulla politica di pagamento”.

Dalla sim mantengono il giudizio ‘neutrale’ su titolo della banca, con target price di 27,1 euro, rispetto ai 25,07 euro di questa mattina (-1%).

Da Equita Sim ribadiscono l’opinione secondo la quale Unicredit resti “assolutamente nella condizione di assorbire eventuali perdite relative ai progetti finanziati, senza impatti sui target e sulle politiche distributive (considerando anche l’ulteriore buffer di protezione garantito da 1,8 miliardi di overlays e la forte generazione organica di utile della banca)” e confermano la raccomandazione di acquisto (‘buy’), con prezzo obiettivo di 31 euro.

Questi esperti, però, avvisano che “come l’insolvenza di Signa possa contribuire ad aumentare le tensioni sia in ambito finanziario che economico, soprattutto qualora questa si dimostrasse non essere un caso isolato”.

Se JP Morgan ha confermato il giudizio ‘overweight’ e alzato il prezzo obiettivo a 39 euro dai precedenti 34, il consenso di Bloomberg registra 25 ‘buy’, 2 ‘hold’ e nessun ‘sell’ su Unicredit, con target price medio 32,57 euro.

La Lehman Brothers europea

La vicenda di Signa Group è già stata definita la ‘Lehman Brothers’ europea. L’istanza di fallimento presentato a Vienna da parte del colosso immobiliare austriaco arriva dopo qualche giorno da quella depositata al tribunale distrettuale di Berlino Charlottenbur dalla sua filiale tedesca, Signa Real Estate Management Germany.

“Nonostante i notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane, non è stato possibile garantire la liquidità necessaria per un processo di ristrutturazione extragiudiziale, e quindi Signa Holding ha ora presentato domanda per una procedura di riorganizzazione”, ha dichiarato in una nota ufficiale Signa.

Ora il diritto societario austriaco permette al gruppo di provare la via della ristrutturazione aziendale, senza affidare il pieno controllo del processo a un amministratore esterno, dopo il fallimento delle trattative che ci sarebbero stare con il fondo di investimento Elliot Management per salvare il gruppo.

Coinvolte non sole le banche

L’esposizione a Signa non riguarderebbe solo Unicredit, ma anche altri istituti europei, e il gigante immobiliare avrebbe ancora almeno 13 miliardi di euro da saldare ai suoi finanziatori, rispetto al valore complessivo degli asset detenuti dal gruppo per 27 miliardi e ulteriori 25 miliardi di progetti in cantiere.

Tra i nomi che trapelano da indiscrezioni ci sarebbero la svizzera Julius Baer per oltre 600 milioni di euro, l’austriaca Raiffeisen, ma non è soltanto il settore bancario ad essere coinvolto.

Anche il retail europeo potrebbe subire delle conseguenze, in quanto Signa detiene la maggioranza di alcune delle più grandi catene, tra cui Galeria Kaufhof e KaDeWe in Germania e Globus in Svizzera, senza considerare diversi hotel di lusso e uffici.

Gli altri nomi sono indicati dal Financial Times e sono quelli di alcuni dei più importanti del mondo degli affari nel Vecchio Continente come la famiglia Peugeot, Rausings (Tetra Pak), Klaus-Michael Kühne, Roland Berger, il presidente del gruppo svizzero del cioccolato Lindt & Sprüngli, Ernst Tanner, l’industriale austriaco Hans Peter Haselsteiner, il magnate del cibo per animali Torsten Toeller e gli eredi della leggenda austriaca della Formula 1 Niki Lauda, con alcune azioni possedute.

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