Tassazione ETF: come gestire le imposte e ottimizzare i rendimenti
Gli ETF sono strumenti finanziari sempre più popolari tra gli investitori italiani, ma la loro tassazione può essere complessa. Esaminiamo in dettaglio la fiscalità degli ETF, come sono tassati e la compensazione delle eventuali minusvalenza da ETF.
Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono strumenti finanziari sempre più utilizzati dagli investitori italiani grazie ai loro costi contenuti e alla facilità di gestione rispetto ai fondi attivi. Tuttavia, la tassazione degli ETF in Italia può risultare complessa e variegata, a seconda delle caratteristiche specifiche dell'ETF e del regime fiscale scelto dall'investitore. In questo articolo, esamineremo in dettaglio la fiscalità degli ETF, le differenze tra ETF armonizzati e non armonizzati, tra ETF ad accumulazione e a distribuzione, e le implicazioni delle scelte tra regime amministrato e regime dichiarativo.
Tassazione ETF
Aliquota di Tassazione
I proventi derivanti da ETF (plusvalenze e interessi) che investono in titoli di stato italiani ed europei sono tassati con un’aliquota agevolata del 12,50%. Tutti gli altri ETF, inclusi quelli che investono in azioni e obbligazioni, sono soggetti a un'aliquota di tassazione del 26%. Questa distinzione è fondamentale per capire come la composizione dell'ETF possa influire sulla tassazione complessiva dei rendimenti.
Redditi da Capitale e Redditi Diversi
I proventi derivanti da plusvalenze e dividendi degli ETF sono considerati redditi da capitale. Le minusvalenze sugli ETF, invece, sono classificate come redditi diversi. Queste minusvalenze non possono essere detratte dalle plusvalenze generate dagli stessi ETF, ma possono essere compensate con guadagni derivanti da altri strumenti finanziari appartenenti alla stessa categoria, come plusvalenze su azioni e obbligazioni, certificates. Questo sistema di compensazione è essenziale per ottimizzare la gestione fiscale degli investimenti.
Differenze tra ETF armonizzati e non armonizzati
Gli ETF armonizzati aderiscono alla direttiva europea UCITS, che garantisce la libera circolazione dei fondi in Europa e offre una maggiore protezione agli investitori attraverso una serie di vincoli e limitazioni sugli investimenti. Dal punto di vista fiscale, gli ETF armonizzati seguono le aliquote standard del 12,50% per i titoli di stato italiani ed europei e del 26% per gli altri tipi di proventi.
Gli ETF non armonizzati non aderiscono alla direttiva UCITS e sono soggetti a tassazione ordinaria IRPEF. I proventi di questi ETF vengono sommati a tutte le altre fonti di reddito dell'investitore e tassati secondo le aliquote progressive dell'IRPEF. Se detenuti tramite un intermediario comunitario, sono soggetti a una ritenuta fiscale del 26% a titolo di acconto, evitando la doppia tassazione tramite un credito d’imposta. Tuttavia, se l’intermediario è di diritto estero, non si applica alcuna ritenuta di acconto e i proventi devono essere dichiarati dall'investitore nella dichiarazione dei redditi.
ETF ad accumulazione vs ETF a distribuzione
Un’altra distinzione essenziale in materia fiscale riguarda la distinzione tra ETF ad accumulazione e a distribuzione.
Gli ETF ad accumulazione reinvestono automaticamente nel fondo i dividendi distribuiti dai titoli sottostanti, senza costi aggiuntivi per l'investitore. Fiscalmente, questo tipo di ETF è tassato solo al momento della vendita, quando si realizza una plusvalenza. Questo meccanismo permette di massimizzare l’effetto dell’interesse composto, riducendo l'impatto fiscale nel lungo termine.
Gli ETF a distribuzione, invece, distribuiscono periodicamente i dividendi agli investitori, che vedranno il relativo dividendo tassato (al 26% in caso di dividendo azionario o obbligazionario, al 12,50% in caso di interesse derivante da titoli di stato governativi).
Dopo aver chiarito cosa sono gli ETF ad accumulazione e gli ETF a distribuzione, possiamo ora affrontare alcune considerazioni sulla loro tassazione. Gli ETF a distribuzione forniscono sì un flusso di cassa periodico, ma l'investitore dovrà pagare l'imposta ogni volta che vengono distribuiti i dividendi, rendendoli meno efficienti dal punto di vista fiscale rispetto a quelli ad accumulazione, specialmente per chi punta a un investimento a lungo termine. È evidente che il regime fiscale italiano attualmente favorisce gli ETF ad accumulazione, poiché questi possono beneficiare maggiormente della capitalizzazione degli interessi composti.
Regime amministrato vs regime dichiarativo
Per quanto riguarda il pagamento delle tasse sui proventi derivanti dagli investimenti, i contribuenti possono scegliere tra il regime amministrato e il regime dichiarativo.
Nel regime amministrato, l'intermediario finanziario agisce come sostituto d'imposta, calcolando e versando le imposte sui guadagni realizzati per conto dell'investitore. Questo semplifica notevolmente la gestione fiscale per l'investitore, che riceve i proventi al netto delle imposte. Tuttavia, non è possibile compensare le minusvalenze tra diversi conti gestiti da vari intermediari.
Nel regime dichiarativo, l’investitore riceve i proventi al lordo delle imposte e deve dichiarare autonomamente i guadagni nella dichiarazione dei redditi, calcolando e versando le imposte dovute.
È chiaro che il regime dichiarativo è più impegnativo per l'investitore, poiché richiede il calcolo autonomo delle imposte da versare. Tuttavia, questo regime offre anche una maggiore flessibilità e ottimizzazione fiscale, poiché l'imposizione fiscale viene applicata in un momento successivo.
ETF e compensazione delle minusvalenze
Una delle questioni più complesse riguarda la compensazione delle minusvalenze degli ETF. Secondo la legislazione italiana, non è possibile compensare le minusvalenze derivanti dagli ETF con le plusvalenze generate dagli stessi ETF. Questo avviene perché le minusvalenze degli ETF sono classificate come redditi diversi, mentre le plusvalenze, come quelle generate da dividendi o dalla vendita degli ETF, sono considerate redditi di capitale. Tuttavia, le minusvalenze possono essere utilizzate per compensare plusvalenze derivanti da altri strumenti finanziari, come le plusvalenze da vendita di azioni o obbligazioni, oppure i proventi e i premi distribuiti dai certificates (qualora siano condizionati) entro un periodo di quattro anni. Sono molti i modi per compensare le minusvalenze come quelle create dagli ETF.
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