TIM, la battaglia per la rete si sposta in assemblea

Indiscrezioni parlano di una lettera inviata da Vivendi al board dell’ex monopolista per chiedere che l’approvazione della vendita di NetCo debba avvenire con un’assemblea straordinaria, la quale darebbe un potere maggiore ai francesi per bloccare l’operazione, e secondo alcuni analisti la vicenda rappresenterebbe un passo avanti verso la conclusione della cessione.

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Vivendi e la lotta per TIM

Vivendi si prepara alla guerra in assemblea che dovrà decidere sulla vendita di NetCo, ovvero la società proprietaria degli asset infrastrutturali di TIM.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, i francesi avrebbero scritto al consiglio di amministrazione dell’ex monopolista per chiedere che qualsiasi decisione sulla rete dovrà essere ratificata da un’assemblea straordinaria (extraordinary general meeting – EGM) invece che da una ordinaria (annual general meeting – AGM).

Come è noto, anche nel caso di rilancio delle offerte per CDP-Macquarie e per KKR, ipotesi ventilata nei giorni scorsi, la valutazione di Vivendi per la rete resterebbe ancora nettamente superiore, visti i 31 miliardi calcolati dai francesi rispetto ai poco più di 20 miliardi delle proposte arrivate finora.

Un blocco in assemblea

La necessità di un’assemblea straordinaria permetterebbe meglio a Vivendi di poter fare da blocco alla vendita, in quanto il quorum richiesto è di 2/3 dei presenti, mentre nell’altro caso basterebbe un 50% +1 dei soci accorsi per decidere anche sulla questione della rete.

“Qualora si votasse con EGM Vivendi, con una quota in TIM del 23,75% potrebbe esercitare una minoranza di blocco a meno che non si presentasse più del 72% del capitale, scenario improbabile visto che nell’ultima AGM si è presentato il 57,76% del capitale, e tutti gli altri soci votassero a favore”, sottolineano da WebSim.

Scenario, questo, che darebbe anche il via ad uno scontro legale finalizzato a valutare (in caso di cessione di NetCo), quale tipo di assemblea dovrà approvare la decisione.

Ora si attenderà il 18 aprile quando si riunirà il consiglio di amministrazione di TIM, a cui i rappresentanti di Vivendi hanno rinunciato alla propria partecipazione da tempo, e si tratterà dell’ultimo giorno utile per inviare eventuali rilanci, anche se secondo quanto riportato dall’Ansa non dovrebbero esserci.

Il ‘grande giorno’ è previsto per il 20 aprile, quando è convocata un’assemblea ma di carattere ordinario, quindi secondo Vivendi non dovrebbe essere questa la sede per dare il via libera alla cessione.

Cosa dice lo statuto

“Dallo statuto TIM o dal TUF/Codice Civile non emergono riferimenti normativi vincolanti sulla scelta del tipo di quorum deliberativo per un’assemblea convocata su base volontaria per approvare la cessione di asset, quand’anche di importanza e dimensioni rilevanti come NetCo”, sottolineano da WebSim Intermonte.

“Il cambio dell’oggetto sociale (che richiederebbe una modifica statutaria con voto favorevole dei 2/3 dei presenti) non ci sembra invece applicabile, dal momento che, anche a fronte della cessione della rete fissa, TIM continuerebbe comunque a controllare altre infrastrutture, menzionate nell’articolo 3.1 del By Laws (rete mobile, datacenter, reti dedicate, etc.)”, aggiungono dalla sim.

Gli scenari per Vivendi

Gli analisti di WebSim Intermonte, che mantengono il giudizio ‘molto interessante’ sul titolo TIM e un target price a 0,42 euro (titolo oggi a 0,30 euro, +0,70%), vedono diversi scenari possibili, anche se non esenti da rischi.

In primo luogo, i francesi potrebbero “aspettare l’EGM di TIM per esercitare la propria minoranza di blocco, ma in questo caso le chance di successo per VIV sono crucialmente legate alla scelta del tipo di quorum deliberativo oppure avviare un contenzioso legale dagli esiti assolutamente imprevedibili che rischierebbe di minare anche i buoni rapporti costruiti da Vivendi con il governo italiano negli ultimi mesi”.

La seconda prevede il tentativo “di destituire l’attuale BoD di TIM o alcuni consiglieri/ il presidente (scenario poco probabile perché richiederebbe comunque il supporto di almeno il 50%+1 dei presenti in AGM e potrebbe mettere a rischio la continuità dell’attuale management, inoltre la stessa VIV ha escluso la volontà di rientrare nel BoD di TIM con propri rappresentanti)”.

A questa si aggiunge la possibilità di “lanciare in tempi brevi un’OPA su TIM per un’operazione di take private: questa operazione bloccherebbe sin da subito la cessione di NetCo facendo scattare la passivity rule ma potrebbe incontrare l’opposizione del governo (esercizio golden power)”.

Come ultima possibilità, secondo WebSim, “l’alternativa per Vivendi è trovare un accordo con il governo per coinvolgere CDP (avendo il 9,8% del capitale ordinario di TIM) nel tentativo di take private e di successivo break-up di TIM, scenario che potrebbe rafforzare l’appeal speculativo sul titolo nel breve termine, malgrado le numerose incertezze”.

Un passo avanti

Da Equita Sim ritengono che la lettera “segnala che il processo sta avanzando, tanto che Vivendi si focalizza già sulla fase successiva dell’iter autorizzativo”, mentre la richiesta di focalizzare l’esame dell'offerta anche in ottica di sostenibilità finanziaria e industriale di Tim post cessione, presente nella comunicazione al cda, “è senz’altro opportuna e pensiamo condivisa da tutto il consiglio e il management”.

Sul tema dell'iter autorizzativo, proseguono da Equita, “a nostro avviso dal punto di vista formale la cessione di asset, per quanto rilevanti, potrebbe essere decisa dal cda senza un passaggio assembleare. Questo passaggio era stato esplicitamente previsto nel MoU siglato l’anno scorso con Cdp ma che era poi decaduto a ottobre.

Salvini si schiera

La lettera di Vivendi sarebbe arrivata nel giorno in cui il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, si è schierato “a titolo personale” con l’offerta di CDP-Macquarie rispondendo durante il question time alla Camera alle domande dei deputati.

“Il mio parere personale è che, siano aeroporti, strade, autostrade, ferrovie o telecomunicazioni, preferisco sempre e comunque un piano industriale a un mero piano finanziario che venga a incassare nel breve termine: qua abbiamo bisogno di un soggetto che nel medio lungo termine investa sulle infrastrutture e sulla rete di questo Paese”.

Chiaro il riferimento all’offerta di CDP e Macquarie, la cui proposta per l’acquisto della rete TIM è “a contenuto prevalentemente industriale”.

Alle sue parole rispondeva prima Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, affermando che, in maniera diplomatico sottolineava come “in questo momento ci sia un’azienda che ha avuto due offerte e a coloro che hanno fatto queste offerte è stato chiesto di migliorarle, e poi ovviamente aspettiamo che si completi questo processo”.

Successivamente, e in maniera più chiara, arrivavano le dichiarazioni del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, secondo il quale “non è che decide lo Stato, decide l'assemblea degli azionisti di Tim, non decidiamo noi”.

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