Credit Suisse in recupero ma analisti ancora preoccupati
Oggi il titolo della banca recupera dopo il crollo di ieri, ma le decisioni della Banca nazionale svizzera potrebbero non essere sufficienti a salvare l’istituto elvetico, destinato alla vendita secondo alcuni esperti.
Credit Suisse recupera
Il terrore che arriva dalla Svizzera sembra attenuarsi nel corso di questa mattina, almeno per quanto riguarda i mercati azionari.
Le azioni di Credit Suisse rimbalzano subito del 30% in apertura di seduta a Zurigo, per poi rallentare fino ad un +17% dopo quasi due ore di contrattazioni, anche se il titolo della banca svizzera si ferma a 2,25 franchi svizzeri, sotto il livello iniziale di ieri mattina, prima dello scoppiare dell’ultima tempesta.
Profondo rosso per il bilancio 2023 del titolo del colosso bancario al centro delle attenzioni mondiali in queste ore, con un calo del 31% in questa prima parte dell’anno, mentre a 12 mesi il crollo arriva al 72%.
L’intervento della BNS
Per il momento, l’intervento della Banca nazionale svizzera sembra aver ‘messo una toppa’ con la sua linea di salvataggio da 54 miliardi di dollari finalizzata al sostegno della liquidità, sostenendo anche il valore dei suoi bond, visto il calo dei suoi Credit Default Swaps (CDS) a cinque anni a 128 punti base dai 1.016 della chiusura di ieri (dati S&P Global Market Intelligence).
“Queste misure dimostrano un’azione decisiva per rafforzare Credit Suisse mentre continuiamo la nostra trasformazione strategica per fornire valore ai nostri clienti e ad altri stakeholder”, commentava il CEO Ulrich Koerner.
Azione non sufficiente
Il prestito, ritengono da JP Morgan, non sarà sufficiente placare i timori degli investitori e “lo status quo non più un’opzione”, lasciando intendere che un’acquisizione di Credit Suisse rimanga l’esito più probabile.
“Il problema è che Credit Suisse è, in base a molti standard, 'too big to fail', troppo grande per fallire, “ma anche 'too big to be saved'”, troppo grande per essere salvata, secondo il popolare economista Nouriel Roubini, conosciuto anche come Dr. Doom per le previsioni, in un’intervista all'agenzia di stampa statunitense Bloomberg. Roubini spiega che non è chiaro se le autorità di supervisione della banca abbiano le risorse necessarie per architettare un salvataggio.
Di misura “di supporto nel breve termine” parlano da Equita sim, ma questa “difficilmente può essere sufficiente a garantire una soluzione ai problemi della banca (fiducia del mercato sulla strategia/brand, ristrutturazione complessa) su cui sono necessarie misure più incisive”.
Secondo Luigi De Bellis, co-head dell'Ufficio studi della sim, “la quantità di liquidità richiesta è consistente se rapportata al livello di liquidità dichiarato dalla banca al 14 marzo (LCR = 150%) e all’ammontare complessivo dei depositi (CHF 233 miliardi) ed è ragionevolmente finalizzata a garantire i clienti sulla capacità dell’istituto di onorare i propri impegni, evitando una crisi di liquidità che potrebbe manifestarsi in caso di deflussi dei depositi (quarto trimestre 2022 -37% trimestre su trimestre)”.
Il futuro di Credit Suisse
“Le reazioni del mercato del giorno prima illustrano soprattutto i timori per la fiducia dei clienti di Credit Suisse e il rischio di ulteriori rovesci che potrebbero influire negativamente sui coefficienti di liquidità”, ricorda Christian Schmidiger della Banca Cantonale di Zurigo (ZKB), e “le decisioni della Finma e della BNS dovrebbero ridurre i timori di effetti negativi sul sistema bancario”, anche se “resta da vedere quale effetto avranno le dichiarazioni della BNS sull’andamento dei nuovi afflussi di denaro”. “Molti investitori temono che le notizie negative su Credit Suisse possano non essere le ultime”, sottolinea Jochen Stanzl di CMC Markets, mentre “incombe ancora sui mercati lo spettro di un altro fallimento come quello della banca d'investimento statunitense Lehman Brothers” e dopo Silvergate, Silicon Vally Bank e First Republic Bank, “ora Credit Suisse potrebbe essere la prossima vittima”.
“Il credit default swap (Cds), che riflette il rischio di default, è raddoppiato in una settimana a 820 punti base da 370 punti base. Il mercato stima quindi una probabilità di insolvenza superiore al 50% in cinque anni. I mercati sono preoccupati”, evidenzia Arthur Jurus di Oddo BHF.
Previsioni
Da DZ Bank avevano “raccomandato la vendita del titolo dall'estate del 2021” e rimangono “scettici sul successo a lungo termine della ristrutturazione della banca”. “Sarebbe già un compito immane in tempi normali, ora c'è anche un generale scetticismo del mercato nei confronti delle banche”, aggiungono dall’istituto, anche se sottolineano come “il sostegno fornito dalla BNS e dalla Finma vada comunque accolto con favore”. Credit Suisse rimane “un’istituzione finanziaria globale” e questo “solleva preoccupazioni per il rischio sistemico e ha portato il costo dei certificati di assicurazione contro le insolvenze a breve termine (Cds) a livelli allarmanti”, rimarca John Plassard di Mirabaud Banque.
Questo forte calo e l’aumento dello stress “si sono materializzati nonostante il messaggio (apparentemente) rassicurante di Axel Lehmann, presidente del consiglio di amministrazione. Egli aveva affermato che la banca non sta prendendo in considerazione l’assistenza governativa e che sarebbe inesatto tracciare paralleli tra le sue attuali difficoltà e il crollo di Silicon Valley Bank (SVB)”, aggiunge Plassard. “Riteniamo che i timori sulla solvibilità delle banche siano esagerati e che la maggior parte di esse rimanga solida in termini di liquidità. Ma le condizioni di finanziamento, se rimarranno strette, saranno un problema per alcune singole banche e, più in generale, per la redditività del settore”, conclude Mark Haefele da UBS.
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